Sette anni oscuri
Il premio Lovecraft è in attività dal 1994. Riservato ai racconti del fantastico (fantasy, horror e soprannaturale) è organizzato con l'idea di offrire un interessante punto di confronto a tutti gli scrittori italiani, garantendo reali sbocchi editoriali ai partecipanti: ne sono prova i numerosi racconti, vincitori o finalisti a questo concorso, inclusi in antologie uscite in libreria o in edicola ((Terzo Millennio, dell'Editoriale Avvenimenti, il primo Millemondi tutto italiano della Mondadori, intitolato Strani giorni, I mondi di Delos della Garden Editoriale). Tutto questo dimostra la grande attenzione che l'organizzazione del premio Lovecraft riserva allo scopo principale a cui mira chi scrive: pubblicare. Oltre alle antologie che sono già state fatte e che si faranno ancora in futuro, la pubblicazione delle opere partecipanti che riescono a entrare nell'elenco dei finalisti è assicurata anche dalle riviste telematiche Delos Science Fiction e IT Horror Magazine, che garantiscono una vasta risonanza nel mondo del fantastico italiano, e dal magazine distribuito in edicola Strane Storie.
Milanese, 40 anni, da dodici nell'ambiente fantascientifico italiano, vincitore di svariati concorsi letterari, tra i quali il prestigioso Premio Italia, Franco Clun ha pubblicato numerosi racconti su riviste, quotidiani e antologie e fa parte dello staff redazionale di Carmilla, rivista diretta da Valerio Evangelisti.
La pioggia scendeva violenta tra le rovine.
- Vuoi sapere com'è oggi?
Fra le cose che lei aveva voluto dimenticare era finito anche il suo nome, ma che importanza aveva? Non ce n'era bisogno. Cercò di spingere lo sguardo oltre la cortina d'acqua: nel cielo nubi luttuose si braccavano come cani in calore.
- Sta piovendo, lo so - rispose lui alzando un poco la testa. La notte che aveva colmanto la stanza si stava lentamente ritirando, mentre il laser del faro seguitava a sferzare il muro d'acqua con lame di luce rubino.
- Viene giù a dirotto - disse lei, - vuoi ascoltare della musica? - il cassetto del lettore, in posizione di riposo, sembrava una lingua ruvida. Era rimasta poca energia per il generatore e sperò che rifiutasse. L'avrebbe odiato se avesse detto di sì, le sarebbe passata, ma non le piaceva maledire chi amava.
- No. Mi piace il suono della pioggia.
- Vuoi che legga qualcosa?
- Raccontami di fuori, ti prego. - Lui volse lo sguardo a levante.
Lei inspirò e soffiò via l'aria lentamente, in silenzio. Fissò con ostilità lo sguardo sul paesaggio fuori dalla finestra a losanghe, oltre i vetri piombati e schermati, miracolosamente intatti. Solo per un istante negli occhi si riflesse la luce languida e crepuscolare delle lune gemelle, e una sorta di tranquillo orrore, poi le palpebre s'abbassarono nello sforzo di concentrazione.
- C'è vento forte, - immaginò - le palme e i larici hanno le foglie lucide di pioggia e sono piegati verso l'entroterra; il mare è agitato, le onde arrivano fino alla strada, quasi ai giardini...
In realtà solo i tetti sventrati delle costruzioni più alte si tenevano liberi dalla persecuzione della cenere e nell'acqua del porto ondeggiava una malinconica foresta d'alberi spezzati e affondati. Gli immensi filari creati per produrre ossigeno non esistevano più e i giardini s'erano trasformati in una collezione di sculture contorte, marcescenti; il mare mutava colore da scaglia a scaglia e lasciava a terra una cornice di schiume ritorte.
Già non rammentava più i nomi, ma le immagini faticavano ad andarsene. Ricordava le immense distese di marmo e bronzo, ora sepolte dalla sabbia; le sculture di cristalli forgiate dall'acqua e all'acqua restituite; i volti degli amici, ora affioranti dal terreno con i corpi inestricabilmente intrecciati a cellule di metallo.
Riaprì gli occhi mentre seguitava a parlare e si soffermò a spiare i densi bagliori che parevano provenire di là dalle stelle. L'alba era perenne e grigia come la cenere. C'era solo cenere, vento, acqua, e loro due nella cenere, nel vento e nell'acqua.
- ... la pioggia è buona, sta pulendo l'aria. La senti? Già si respira meglio. Stanno rifiorendo i cespugli di mirto e gli oleandri, e negli spruzzi sopra gli scogli c'è l'arcobaleno. Erano moltissimi anni che non vedevo più l'arcobaleno, mi ricorda di quand'ero bambina.
- Anch'io ne ho visto uno, molto tempo fa - disse lui. - Vorrei che quella campana smettesse di suonare.
- E' solo il vento, e poi è un buon richiamo, nell'eventualità che qualcuno... - le parole morirono sulle sue labbra mentre guardava lo scheletro del campanile che, monolitica sentinella a guardia del nuovo inferno, restava una delle inutili costruzioni sfuggite alla distruzione.
- Si vedono cani? - chiese lui rompendo il silenzio
Lei si scosse e gli prese delicatamente le mani, in modo che non potesse indovinare le ferite provocate dai morsi - Se fossi un cane te ne staresti fuori in un giorno come questo?
Lui sorrise, tenne gli occhi aperti e finse di non accorgersi della lacrima che gli bagnava la mano.
Lei l'abbracciò e se lo strinse al seno.
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