Ankara. Periferia.

- Ho chiesto a Fahriye che ci regali un pane in più dalla prossima settimana.

- Non dovevi farlo. Le dobbiamo già tanto. Senza di lei non mangeremmo, bambina mia.

- Ma sarà il mio compleanno e ci vuole anche il pane per papà.

Ankara. Prigione Centrale.

Aveva orinato sangue, aveva male dappertutto. Tanto che non aveva più forze per urlare odio ai suoi aguzzini. Guardò il muro. Il gufo volava alto e quella gibbosità gli sembrò proprio un uomo cavalcioni. Un uomo dal naso brutto. Nevruz scherzava sempre sul suo naso. Sì, anche lui aveva il naso brutto. Somigliava all'uomo macchia. Ma la macchia non era proprio un uomo. Gli mancava la gamba destra all'uomo della macchia. Era facile rimediare. Si sollevò abbastanza da raggiungere la macchia e il muro. Scalfì e staccò un pezzetto d'intonaco. L'uomo macchia ora aveva le gambe intere ed era proprio cavalcioni e volava sul gufo bianco e grigio. E il gufo sorvolava il mare. Subito dopo Ilker precipitò nel nero e poi in un grigio denso che schiariva.

Copenaghen. IRCT.

Centro Internazionale di Riabilitazione

delle Vittime della Tortura

- E' turco.

- Turco?

- Sì, sì, lo ha detto Hans. Gli ha parlato.

- Com'è arrivato qui?

- Delira. Hans non ha capito nulla. Gufi giganti e mare. Incominciamo a curarlo e poi vedremo.

Ankara. Periferia.

- Nevruz devi nasconderti. Prendi il cappotto e le cose per Eren. Ilker è scappato, non si sa come. E' sparito dalla prigione...

Nevruz si dovette sedere, le mani intrecciate e strette. Fahriye gliele afferrò e le accarezzò.

- No, non spaventarti, non lo hanno ucciso. E' scappato per davvero, perché sembrano diventati matti a cercarlo. Ti nasconderemo, non crederanno mai che tu e la bambina non ne sappiate nulla.

- Dove sarà? Come lo raggiungeremo?

Eren preferiva tacere. Pensava.

Adesso sarà facile. Papà non si era dimenticato. Anche la mamma doveva crederci, altrimenti non avrebbe potuto raggiungere con lei papà. Le profezie si avverano. Serrò le palpebre e i pugni ripetendoselo.

Diyarbakir. Meno di un giorno a dieci anni

Eren era in una cantina che non conosceva. Non aveva paura. Qualcuno, ogni giorno, portava qualcosa di saporito e caldo da mangiare. Oggi una minestra con tanto olio buono. Eren pensava a papà e guardava il fondo già vuoto del piatto. La luce della lampadina si rifletteva nel grasso e la macchie formavano disegni danzanti. Papà la invitava sempre a giocare con le figure delle nuvole. Due macchie vicine luccicavano più delle altre. Una piccola e una più grande, come lei e la mamma, che, seduta vicina, mangiava ogni giorno più piano. E il bordo interno del piatto sembrava l'orizzonte. Sarebbe bastato alle macchie potersi muovere per volare. Lo aveva fatto tante volte il gioco di disegnare, trascinando le gocce di grasso con la punta delle posate.

Eren afferrò, stringendo, il braccio della mamma e con la destra impugnò come una penna il cucchiaio.

Postfazione inscindibile alla quinta giustificazione

Non so com'è fatto il parlatorio della Prigione Centrale di Ankara, o se le celle abbiano avuto affrettate imbiancature. Anche i personaggi di questa storia sono inventati. Se qualcuno degli elementi di fantasia non è desiderabile, sicuramente non lo è la maggior parte di quelli reali. Nella realtà accade di finire in prigione e nelle camere di tortura per la denuncia di un vicino per qualcosa che si è detto. In un Paese accadrà perché il vicino ti ha udito pronunciare discorsi comunisti, in un altro perché non lo erano abbastanza, in un altro Paese accadrà perché ha visto in casa tua un libro di preghiere proibito. E potrei continuare per pagine. Queste differenze spariscono in camera di tortura... E i bambini e le bambine non sono risparmiati. Né dalla tortura né dal carcere o dalle uccisioni.

Lo spunto per il racconto l'ho preso da notizie autentiche, e avrei potuto cambiare la nazionalità d'Ilker, molte volte, senza mutare il senso del mio scrivere.

Magico è nel mio racconto il sistema di liberazione d'Ilker. Non vi è nulla di magico nel paziente e continuo lavoro di associazioni che ottiene nella realtà spesso lo stesso risultato: la scarcerazione. Non è di fantasia l'esistenza di un Centro di Riabilitazione delle vittime della tortura a Copenaghen dove, con un po' di denaro e molto coraggio, faticosamente, ostinati terapeuti rimettono insieme le anime sbriciolate di persone come Ilker. Un Centro simile esiste a Parigi ma anche in luoghi dove con assai meno denaro e ancor più coraggio altri volontari lavorano, rischiando forse ogni giorno di passare dal ruolo di terapeuti a quello di pazienti. E' di fantasia invece la facilità con cui Ilker entra in un paese straniero. Nella realtà sarebbe molto probabilmente rimandato indietro perché privo di documenti regolari...