Il secondo viaggiatore della notte si spostò verso la porta d'ingresso. Guardò attraverso la vetrata, portando gli occhi verso quell'auto di grossa cilindrata, ancora ferma con il motore acceso. Quei tre che non sembravano occidentali.

- Mi scusi, signore...Voleva bere qualcosa?

Si voltò verso il barista che gli aveva rivolto la domanda di rito.

- Chi sono quelli?

Qualcuno dei tre pensò di nuovo Cosa diamine fanno lì fermi col motore acceso?, un altro provò una specie di dèjà vu (Un lampo metallico, una stilettata di acciaio della durata di un secondo) e un altro ancora pronunciò parole già dette:

- Sono nomadi dell'Est. La peggior razza. Serbi, albanesi. Hanno bevuto, vomitato e non mi hanno pagato. E qualcuno dice che Codalunga è uno di loro.

Fuori, i fari dell'auto si spensero. Da lì a pochi secondi tacque anche il motore e nel buio dell'abitacolo qualcosa luccicò.

- Non hanno proprio alcuna intenzione di partire - , considerò il nuovo venuto. - Hanno discusso sino a questo momento se andarsene o restare e...

- E pare che la seconda opzione sia la preferita - , sibilò al suo fianco l'altro cliente. - Quelle cose che luccicano hai capito cosa sono?

- Sin da quando sono arrivato. Più che altro le ho viste.

Al barista, esterrefatto, quel dialogo appariva come il trionfo dell'ineluttabile, l'esposizione millimetrica e ponderata di tutto quanto è orribile e insopportabile da vedere e da udire e che purtroppo fa già parte della vita perché

(perché si comincia, sin da quando si nasce, a rimandare il nero momento, quello che Chandler, porca puttana, chiamava il Grande Sonno, l'Eterna Dormita che ci aspetta tutti e tre, visto che quelli stanno venendo qui per sbudellarci!)

un giorno o l'altro arriva.

- Armi bianche?

- Sì. Qualcosa di speciale.

- Se scendono, siamo fottuti.

5.

- FERMA LA MACCHINA! DEVO VOMITARE!!

Troppo tardi. Il ragazzo avvertì un invisibile forcipe dilatargli le mascelle. Un bolo vischioso fuoriuscì dalla sua bocca spalancata e schizzò d'intorno. Codalunga, lo sguardo vacuo e inespressivo, accostò rapidamente sulla destra, in corsia d'emergenza, e il giovane ne approfittò allora per lanciarsi fuori senza neppure rimpiangere lo zaino che andava così irrimediabilmente perduto.

- NON HAI SPERANZE, STRONZETTO! - , lo perseguitò alle spalle la voce stizzosa e querula di quello strano e terrorizzante individuo. - FINCHE' VUOI ANDARE IN QUELLA DIREZIONE, NON HAI SPERANZE! CI SONO SOLTANTO IO CHE MI FERMO A CARICARE!

Il ragazzo si gettò a capofitto verso il guardrail, giovandosi del fatto che il traffico stava come sempre procedendo a rilento e zigzagò, stordito e lo stomaco in subbuglio, in un nugolo vorticoso di gas irrespirabili, clacson strombazzanti e insulti a lui medesimo rivolti. Una volta sulla barriera, si sollevò con furia e disperazione e si catapultò dall'altra parte, arrivando in malo modo sulle natiche.

NON HAI SPERANZE! NON HAI SPERANZE!, chiocciava la squillante voce di Codalunga, che riusciva ad emergere persino dal bailamme sonoro di quel groviglio di automobili.

Iniziò a correre. In direzione opposta alla rotta di marcia dei viaggiatori folli, senza stupirsi della mancanza di traffico che c'era da questa parte. Avrebbe corso sino a quando lo avrebbe retto il cuore, sino a quando l'odiosa voce di quel frocio pervertito (STRONZETTO!) non avesse cessato di cantilenare ossessivamente all'interno della sua testa.

6.

Quando gli zingari scesero dalla BMW con studiata lentezza, sulla schiena del barista che li stava spiando con il naso incollato alla vetrata del grill cominciò a scorrere un torrente di sudore. Uno, il più giovane ed il più olivastro, stringeva nella mano sinistra un machete. L'altro al suo fianco esibiva, impugnandola grottescamente con ambedue le mani, una grossa roncola dotata di aculei appuntiti e protesi verso l'esterno. Infine, quello che sino a poco prima aveva occupato il posto di guida e pareva il più vecchio, faceva intravedere dalla cinta dei pantaloni il grosso calcio di una pistola, indubbiamente di buona potenza.