Mi servirebbe un single!, considerò il ragazzo con lo zaino. Subito dopo, tentò un'evocazione.
A volte il gioco gli riusciva. Soprattutto quando si trovava in fondo al barile del calcolo delle probabilità.
Pensalo...Pensalo fortissimamente...Riesci persino a sentire il suo odore...Anzi, pensala...Già, perché non potrebbe essere una lei?...Una fichetta in rotta col suo lui e sparata come un missile verso un week-end liberatorio e avventuroso...Forza, liberiamo la fantasia!
La liberò e chiuse gli occhi, mentre un serpente di automobili, lungo all'infinito, continuava a srotolarsi a pochi metri da lui. Dopo cinquanta secondi, mentre la sua immaginaria compagna di viaggio già gli stava sbottonando i jeans, una grossa cilindrata gli sbuffò addosso un micidiale concentrato di veleni gassosi, bloccando le ruote a un palmo dalle sue scarpe.
Ce l'ho fatta!!
Un film degli anni Cinquanta dal titolo Deviazione mortale si apriva con una cupa voce fuoricampo che vaneggiava sull'immensa quantità di romanzi che si potrebbero scrivere sulle avventure in autostrada, - in quei giorni e soprattutto in quelle notti, nelle quali non si è più sicuri di niente e di nessuno - . Un film trasmesso dalla televisione un mese prima all'incirca, che raccontava di autostop, di omicidi e di brutta gente. Al ragazzo venne in mente quando aprì gli occhi per constatare che la realtà gli stava offrendo qualcosa in decisa antitesi alla sua fantasia lanciata a briglia sciolta.
- Allora...Vuoi salire?
Il ragazzo con lo zaino maledì il suo stupido gioco. Lui aveva un fiuto infallibile per quelli. Al volante della Matra, lucida e fiammeggiante, un pederasta gli stava offrendo un passaggio e chissà che altro. Purtroppo quell'autostrada non era luogo da permettersi il lusso di rifiutare.
- Sì, grazie.
- Vuoi mettere lo zaino dietro?
- Certo. Comincia a pesare una tonnellata.
La checca era un tipo piacevole. Almeno a prima vista. Il ragazzo salì e, mentre la macchina guadagnava a fatica la corsia di marcia, disse la prima sciocchezza che gli passò per la mente. Così, per rompere il cosiddetto ghiaccio.
- La ringrazio. Sono pochi gli automobilisti che si fermano a dare un passaggio. Hanno tutti paura di essere rapinati.
La risposta giunse gelida, proprio come le mille luci che si accendevano e si spegnevano in autostrada.
- Io non li biasimo.
Non era una voce da effemminato. Anzi, l'impostazione appariva da duro. Un tipo deciso, squadrato e senza peli, quanto meno sulla lingua. Però, accidenti, quel duro era persino truccato con ombretto e fondo tinta. Possibile che si fosse sbagliato? No, non sembrava possibile.
Guardiamo se per caso ha lo smalto sulle unghie!
Ma notò le ferite e si dimenticò subito dello smalto. Cinque strisce verticali a un centimetro di distanza l'una dall'altra. Rosse, infiammate. Fresche.
- Stai guardando questi segni?
Sono proprio un imbecille!
Il ragazzo non fece in tempo a rispondere. Quello guidava, comandava, faceva domande e non voleva risposte.
- Belle ferite, vero?
- Non...non saprei.
- Credi che rimarranno le cicatrici?
- Forse...Dipende da che belva ha causato quelle ferite.
- Belva?
- Sì, doveva trattarsi di una bestia feroce per fare una cosa del genere.
- Hai ragione. La creatura più pericolosa del pianeta. Un bambino.
Lui guidava, comandava, non voleva risposte. Lui si trovava nella comoda posizione di chi può sbatterti fuori dalla macchina, re incontrastato del proprio territorio vitale e in grado di raccontare le storie più folli, troppo folli anche in quello scenario da incubo nel quale la Matra stava procedendo quasi a passo d'uomo.
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