- In realtà, temo di scoprirlo.

Mi strappa un sorriso mentre mi prende per mano trascinandomi verso l'uscita, senza dire altro. Hadj ha predisposto la carrozza, i cavalli scalpitano e da qualche parte qualcuno sta suonando mentre gli echi della musica si diffondono per tutta Shangrila in attesa dell'inizio della festa. La pelle di Tangi si riveste di delicati colori pastello: è il suo modo per farmi sapere che è felice.

Le strade ci confondono. E' un succedersi di edifici imponenti, viali in movimento attraversati da una folla di costrutti sorridenti e vocianti, per una volta vivi. Ogni parete è decorata con fasce e pannelli dai vividi colori e la pavimentazione è un mosaico ininterrotto. Hadj ha davvero lavorato bene.

Shangrila ha la forma di un ventaglio suddiviso in tre anime più piccole, le cui basi ad angolo convergono verso il fulcro che è la porta d'accesso. Fuori, lo sappiamo già, la folla sta premendo, in attesa di assaporare le molteplici strade dove siamo soliti disseminare felicità, in tutte le sue forme.

La porta è ancora chiusa. Ai lati, i montanti sono agganciati a colonne di porfido e quarzo; la luce del sole vi si riflette restituendoci un'intensa luce che sembra provenire dall'interno stesso delle pietre. La tradizione vuole che, quando smetteranno di brillare, sarà giunto il tempo di richiudere la porta, e il popolo di Shangrila dovrà di nuovo mettersi in cammino, seguendo l'emigrare delle nuvole.

In realtà ogni città paga per averci. Costituiamo l'unica attrazione ancora possibile in questo mondo di battaglie perse. Il popolo delle nubi, la stirpe dell'etereo.

La cerimonia è iniziata: una macchia di colore davanti agli occhi.

Zhang Hua arriva su di un piccolo battello dalle vele intessute di piume multicolori. Il suo settore è circondato da canali, come una Venezia ancora più antica di quella che a volte richiamiamo alla memoria. Dice che è cresciuto in una vecchia zattera perennemente ancorata nella melma di un porto di cui ha cancellato il nome. Ora sorride come un bambino, senza le cicatrici del passato nello sguardo.

Ariel è già arrivato. Fa un cenno di saluto a me e un inchino a Tangi che risponde con uno scarno movimento del capo; non ha mai perdonato ad Ariel di aver chiesto il suo prezzo in più di una occasione.

Tutto è pronto. L'arcata che cinge la porta è scossa da un fremito mentre i battenti con su scolpita la nostra storia si aprono sul mondo. L'urlo della folla sembra sospingerla; i costrutti ballano, cantano, si abbracciano. E' anche il loro momento.

Il sindaco di Vienna ci viene incontro. Indossa un liso abito da cerimonia che non riesce a mascherare il suo disagio. La fronte alta è tutto un riprodursi di rughe. Si avvicina a noi tre, tendendo la mano che contiene una pergamena.

- A voi, l'autorizzazione che vi concede il diritto di fare della mia città la vostra città.

Zhang Hua fa un passo in avanti, prende la pergamena e s'inchina, con la tunica attraversata da draghi che fruscia nell'aria, simile a uno stendardo.

- Accetto. E la nostra città, sarà la vostra. Ci avete concesso ospitalità, permettetemi ora di fare alla città di Vienna tre doni: tutto ciò che Shangrila rappresenta. La purezza, prima di tutto.

Dalla barca di Zhang Hua una passerella scivola morbida fino a toccare il terreno. Una fanciulla costrutto conduce fino a noi un unicorno che docilmente si ferma accanto al sindaco.

Tocca a me, come da copione. Faccio un passo in avanti. - La forza, che ci accompagna negli anni.

Hadji sbuca dalla folla di costrutti con una pantera bianca al suo fianco. Zhang Hua mi sorride in segno di approvazione, per la scelta. Il sindaco accetta intimorito il guinzaglio, è troppo orgoglioso per fare altrimenti.