- In settimana i giardini di Titano saranno completati. - Il suo sguardo scruta il pavimento. - Il settore è funzionante e io stesso procederò quanto prima a una verifica.
- Hadj. - Mi volto verso di lui, trattenendo a stento un sorriso che potrebbe offenderlo. Sta solo cercando di essere discreto. - Non saresti qui se le cose andassero per il verso giusto. E' per Ariel, vero?
La tunica stretta in vita da una cintura contribuisce poco a mascherarne la mole. Il vecchio coltellaccio è sempre al suo posto, infilato nel fodero di cuoio. Raramente ho visto Hadj estrarlo, e solo in casi di estrema necessità. A vederlo così, al centro della stanza, sembra sia appena arrivato da un deserto qualsiasi, con un cammello fuori da qui ad attenderlo. Con la prudenza che gli è propria, ora sta scegliendo le parole più adatte.
- Non ha rispettato gli accordi sulle planimetrie dei settori. Ha aumentato il volume del lago e della cascata, restringendo il nostro confine. Ho dovuto limitare un intero quartiere cambiando la topografia all'ultimo istante.
- Conosci Ariel, ha un concetto dei diritti molto ampio, soprattutto quando sono in ballo i suoi.
Hadj stringe i pugni fino a farli sbiancare. Le persone senza onore, per lui, sono un'aberrazione. - Tutti sono indispensabili alla città. Io sono un semplice esecutore, ma l'arroganza non è mai un atteggiamento accettabile, qualunque giustificazione abbia.
- Parlerò io con Ariel, tu fa' in modo che sia tutto pronto, come sempre. La primavera è vicina.
Le vesti di Hadj sembrano la ruota di un pavone mentre gira su se stesso per andarsene. Il gesto appena accennato di un inchino è tutt'uno col movimento. Se non lo conoscessi così bene direi che si sta mettendo in mostra con me, anche se sa di non averne bisogno. Lui è uno degli ingranaggi di Shangrila, e mi chiedo fino a che punto anch'io lo sia; quanto di quella bellezza abbagliante è merito mio, e quanto invece suo.
Un pensiero fastidioso, come una piccola distorsione in quell'apparente perfezione in cui siamo solo immagini.
- Hadj! - Si volta, percependo la nota stonata nella mia voce. - Può essere un pensiero inutile, ma sono preoccupato per Tangi.
- Farò in modo che alla signora non manchi nulla - ribatte con aria compiaciuta.
Anche Hadj morirebbe per lei.
Ci sono profumi contrastanti, forti come l'incenso.
Sento il Motore che si attiva, alle mie spalle. I sottili tubi che s'infilano nel mio corpo fremono, come tante dita protese a catturare qualcosa che non c'è.
La scia d'oro della droga comincia a fluire riempiendo di riflessi il soffitto, calcando il mio sguardo. Faccio un cenno col capo, ed è come sollevare una montagna. Il dottore capisce, s'inchina e scompare a passi svelti oltre la porta del sotterraneo, lasciandomi solo.
Il Motore sbuffa, i fluidi scorrono rigenerando col loro potere questo corpo stanco. Un'incisione nell'anima, un sorriso che spacca la pelle mostrando persino il biancore delle ossa e su tutto, simile a un lamento, l'innocenza della vita che si perde per sempre, in un soffio sussurrato all'orecchio.
E' questo il rumore dell'immortalità?
Ogni volta ho come l'impressione che in realtà sia il Motore a succhiare via da me qualcosa, dal mio cuore. Allora non mi resta che la sensibilità estrema di questi momenti, quando la scia d'oro mi getta via, lontano da sé. E riesco a oltrepassare le mura di questa tomba dell'anima, fuori, per le vie ancora viscide dell'umidità della notte e degli umori della gente che hanno il potere di trasformare il buio in un sole splendente.
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