- Siamo abituati a nasconderci dalla gente, e soprattutto da voi tre. - Mi guarda. Appena un velo di tristezza. - Ho paura Matias, ma sento su di me un cambiamento troppo grande per ignorarlo. La vita a Shangrila è tornata ad affidarsi al caso, dopo così tanto tempo di sterile pianificazione; ne guadagnerete anche voi. Tu sei diverso dagli altri, accettalo, sarà più semplice.

- Io... non può essere, hai approfittato della libertà che ti ho dato.

- E non smetterò mai di ringraziarti per questo. Ora devi assaporare la tua libertà, quella che non hai mai conosciuto.

Improvvisamente la stanza diventa enorme, i pensieri di pietra. - Prega soltanto che questo non significhi la nostra fine. La fine di questa città.

La pelle di Tangi scurisce mentre l'aria si fa gelida. - Sarò felice solo quando scoprirai che in realtà si tratta di un nuovo inizio.

Attaccano i bacini di drenaggio. Non c'è più acqua per contrastare gli incendi che si aprono come fiori nella notte, ovunque. Sembra giorno, con la luce che entra a fiotti dalle grandi finestre laterali ogni volta che un colpo di vento alimenta il fuoco.

Vedo i costrutti fuggire in tutte le direzioni; non combattono per qualcosa che non gli appartiene. La musica assordante che si mischia alle urla ancora giunge dal settore di Ariel; da un mese circa è iniziata un'enorme orgia senza pause, uno sfregio prima della fine annunciata. Un gruppo di centauri impazziti irrompe nel viale principale, calpestando ogni cosa, scivolando sul selciato.

Tonache nere, a fiumi. Torce, spranghe e una tolleranza che non c'è più.

Hadj è dietro di me, ammutolito. Guarda il fumo che schiaffeggia l'aria, sembra trarne forza per un estremo tentativo. - Dobbiamo andare. - Lo dice quasi fosse una rivelazione. - E' ora.

Non vedo Tangi da settimane. Nessuno sa dove sia e non l'ho fatta cercare. Qualcosa dentro di me urla che è giusto così. Mi manca solo un ultimo abbraccio, inebriarmi del suo odore, un gesto per chiedersi scusa delle rispettive bugie, senza alcun bisogno di ulteriori parole.

- Ho ancora una cosa da fare. - Hadj resta in silenzio, senza porsi domande come è sempre stato abituato a fare. - Da solo. E tu, amico mio, sei libero di percorrere la tua strada.

C'è un tempo e un luogo per ogni cosa. Le circostanze ritornano, a volte, spezzandoti l'anima, e allora scopri di non avere scelta, di dover pensare all'oggi e sperare che il prossimo giorno, mese o anno inghiotta i residui ormai sbiaditi dei ricordi, come una polvere capace di annacquare ogni emozione perché non c'è più tempo né volontà di averne.

Il dottore ha abbandonato il laboratorio. Nelle vasche il liquido nutritivo si è scurito senza l'appropriato ricambio; gli involucri sono andati a fondo, spinti verso il basso dalla putrefazione che li ha costretti a nascondersi. Alcune cripte di mantenimento erano occupate quando gli impianti si sono disattivati per mancanza d'energia e i costrutti già coscenti sono rimasti intrappolati, le dita protese a graffiare dall'interno quelle bare indistruttibili.

Nell'enorme spazio vuoto restiamo soltanto io, il Motore e i fantasmi. Metodicamente, armato di una sbarra di metallo, inizio a distruggere l'unico padre/madre che ho avuto negli anni, spaccando capsule miscelatrici, troncando tubazioni, sezionando giunti e lasciando per ultima la nicchia nella quale ho passato così tanto tempo a ingannare me stesso.

E tu, sai cosa vuol dire desiderare la vita?

I fantasmi assistono in silenzio.

Fuori. Incrocio Ni Bin, un vecchio servitore di Zhang Hua. Si aggira guardingo per le strade, scivolando tra la gente mascherato da visitatore. Evitando per quanto possibile le tonache nere.