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- Avanti, fottuti pisciasotto. Forse che un cancro vi ha spappolato i coglioni? Che sarà mai? Entriamo insieme e lo staniamo prima che riesca a far sparire quella bella bisaccia gonfia. - L'uomo, grande e grosso, nero d'abbronzatura e di sporco, gesticola come uno scarafaggio capovolto; la sua testa, spropositatamente minuta, tonda e lucida come una pietra di fiume, poggia sopra un collo taurino cosparso di pustole purulente.
I due ceffi che gli sono di fronte, grossi poco meno di lui, mostrano ghigni cattivi, peggiorati qua e là da deturpazioni epidermiche di origine neoplastica. Anche loro provengono dalla megalopoli, sicuramente, si capisce dai brandelli dei loro vestiti sintetici oltre che dai tumori che regalano vivacità cromatiche alla pelle; disertori sfuggiti all'artiglio della nube pesante, sbandati che hanno raggiunto le alture, magari approfittando del temporaneo flusso critico di una porzione di nube.
- Niente da fare, Kong. Per quel che mi riguarda, in quell'orrore di cemento io non ci metto nemmeno la punta del naso - replica quello dei due con la faccia più rovinata, tamponando con un fazzoletto irrigidito da macchie seccate il pus sanguinolento che cola dal lobo dell'orecchio. - Tu lo sai, amico, lo sai bene che non sono un pisciasotto. Gli uomini non mi fanno paura, te l'ho già dimostrato in numerose occasioni, ma con lo stregone è un'altra storia.
L'energumeno chiamato Kong digrigna i denti aguzzi in un sorriso tanto maligno che i due compari arretrano istintivamente d'un passo. - Hai ragione, hai proprio ragione, Ilario: non siete dei pisciasotto, voi due, ma donnette superstiziose - sibila, fra il minaccioso e il deluso. - Di che stregone vai cianciando? Il prete è un uomo come tutti gli altri, solo più pazzo, e il suo alone non è diverso da quello di un cane selvaggio, a dispetto degli idioti che riempiono le montagne con assurde dicerie intorno ai suoi presunti poteri.
- Non è solo per il prete luminoso, Kong - ribatte il terzo ceffo, arretrando d'un altro passo e inciampando con gli stivali di gomma negli zaini ammucchiati sul prato. L'uomo mostra degenerazioni neoplastiche più rade e, in apparenza, sembra più in salute di Ilario, ma le sue pupille sono spente, vuote, e il colorito ceruleo lascia intuire mali più nascosti e definitivi. - Si dicono cose anche sull'Alveare, ci sono testimonianze che raccontano di grossi mostri liquamosi che strisciano nelle stanze più interne della costruzione e le insozzano con scie di bava appiccicosa. - Abbassa gli occhi, quasi gli costasse sforzo completare con quell'ultima frase. - I testimoni parlano di una sorta d'orribili lumaconi privi di forma definita.
Kong, con espressione più perplessa che adirata, si volta per un attimo a sbirciare il complesso di cemento incastonato nella vegetazione straripante. Solo per un attimo. Poi torna a fissare l'uomo pallido. - Anche tu, Sannino, anche tu ti stai facendo addosso! Come Ilario, ti sei lasciato impressionare dalle chiacchiere di qualche montanaro idiota - Torna a voltarsi verso l'Alveare, per indicarlo con un gesto largo del braccio. - Che cos'ha di così terribile? E' semplicemente un brutto rustico mai finito, costruito all'Epoca delle Città Separate da gente che per qualche motivo ha ritenuto di non doverlo completare con porte, finestre e tutto il resto, e che poi ha deciso di abbandonare. Non c'è altro dietro quelle aperture buie, se non la vostra fantasia.
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