Alzai lo guardo per leggergli gli occhi. Ecco, adesso capivo la differenza tra me e lui. Lui, davanti a un uovo riusciva a considerarlo un mezzo, non un fine. Io no.
Uno dei due sgherri fece un passo avanti, minaccioso.
Decisi di prenderlo, inutile resistere, l'avrebbero comunque trovato. Lo toccai come un fratello che mi stesse morendo.
Uno dei gorilla si avvicinò con un bicchiere pulito. Sotto i miei occhi inorriditi ruppe il guscio dell'uovo e ne versò il contenuto nel bicchiere. Mentre il guscio si frantumava fu come se una mano gelata mi strizzasse il cuore fino a farmi schizzare il sangue da tutto il corpo. Il gorilla prese le due metà del guscio e le ripose in un fazzoletto, che mise in tasca. Mi sarei accontentato di quelle, ma non lo dissi, non ne avrei ricavato nulla. Guardai affascinato quell'universo giallo e arancione.
Lui mi porse il bicchiere. - Lo vuole lei?
Senza neanche capire, ma intuendo che si trattava di qualcosa di blasfemo scossi meccanicamente il capo.
Al mio diniego, lo bevve calmo, come se nulla fosse.
- Ci sarebbe andato bene un pizzico di sale - disse porgendomi la mano. - Ma ha fatto male, avrebbe dovuto assaggiarlo, un'occasione unica.
- Se ne vada.
Mi fissò, stupito che osassi dargli ordini e non accettassi la sua preziosa stretta di mano. - Prego?
- Vada via e non si faccia rivedere mai più. Schifoso!
Avrei voluto urlare, ma fui costretto a ringhiare piano per non svegliare Francesca. Uno dei gorilla mi artigliò la spalla destra per bloccarmi. Il bastardo guardò pensieroso il bicchiere sporco, sforzandosi di capire cosa mi avesse preso. Stava per parlare, ma dopo avermi scrutato in viso rinunciò. Uscirono, prima però uno degli sgherri sciacquò il bicchiere per cancellare l'ultima traccia di una "prova". Mi lasciarono a guardare il bicchiere gocciolante, mentre ribollivo di odio e schifo.
Sedetti dinanzi allo schermo del teminale, testimone muto e idiota. Dopo molto tempo guardai l'orologio e meccanicamente, con la mente altrove, preparai il caffè. Andai in camera e scrollai Francesca. Al terzo tentativo si girò a guardarmi con occhi vogliosi di sonno.
- E' ora di alzarsi.
Mi guardò senza capire, ancora addormentata.
Perché poi che senso aveva affannarsi, e come poteva essere ancora tutto come prima, come se niente fosse accaduto? Era chiaro che quella notte il tempo si era spezzato, si ricominciava ma da allora in avanti ogni gesto avrebbe avuto un sapore diverso. Perchè se il mondo non poteva essere cambiato significava passare la mano all'infinito, e tanto valeva rimettere le carte nel mazzo.
Le rincalzai le coperte, pettinandole con la mano i capelli corti arruffati. - Hai ragione, lascia perdere. Oggi è una giornata particolare.
Per un attimo si girò sul cuscino, come per tornare al sonno. Dall'altra parte del tramezzo sentivo il caffè borbottare. Pareva che si fosse riaddormentata, invece riaprì gli occhi, sbatté le palpebre e si tirò a sedere.
- Ma di', scherzi? Di che razza di giornata parli?
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