Delos 10: Racconto Una tomba per la speranza

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racconto di Francesco Grasso

- Signor Nardi? Daniele Nardi?
- Chi è?
La ragazza sorrise all'occhio tondo della telecamera. Riflessi contro il vetro, i tratti del suo viso: poco trucco sulla pelle chiara; capelli castani alla radice, che sulle punte sfumavano in un rosso tiziano; piccole ciocche arricciate che coprivano le orecchie e cadevano in una nuvola bronzea sulle spalle; labbra sottili dalla linea appena marcata dal rossetto.
- Mi chiamo Miriam Altieri. Sono una giornalista.
- Cosa vuole?
- Solo farle qualche domanda.
- Domande? Che genere di domande?
La ragazza battè le palpebre. - Non può farmi entrare? Non sono abituata a parlare ad una porta chiusa.
Un lungo attimo di silenzio. La ragazza si chiese se fosse il caso di bussare ancora.
- Io... io non... - La voce oltre la soglia aveva cambiato tono. Miriam avvertì qualcosa. Una nota di paura? Forse. - Io... non apro mai ad estranei...
- La prego. Solo qualche minuto.
- Qualunque cosa sia, non mi interessa. Mi lasci in pace...
Miriam scosse la testa. - Non me ne andrò. Io so tutto di lei. So chi è veramente, cosa ha fatto e cosa continua a fare senza che il mondo sappia. Sono sulle sue tracce da troppo tempo perchè una porta chiusa mi possa fermare. Mi lasci entrare. Adesso.
Un altro silenzio, un lungo istante sospeso. Poi lo scatto della serratura, secco, quasi una frustata. Oltre la soglia, una luce fioca, e un odore strano, indefinibile.
- Di cosa... sta parlando?
La penombra avvolgeva la figura dell'uomo come un mantello caldo, a proteggerlo più che a nasconderlo. Miriam gli si avvicinò tendendo la mano.
- Sono felice di conoscerla di persona, signor Nardi. Era tanto che aspettavo questo momento.
Si arrestò, perplessa. L'altro aveva fatto un passo indietro e si era irrigidito, la schiena contro la parete, le mani strette a pugno. Miriam lasciò cadere il braccio, senza capire.
- Qualcosa non va?
- Mi spiace, ma io... - si scusò l'altro - E' molto tempo che... Ma non importa... Cosa diceva? Voleva conoscermi? Perchè?
La ragazza lanciò un'occhiata in quella luce incerta; scelse una poltrona, si sedette e accavallò le gambe. Le imposte alle finestre, chiuse con cura, davano un silenzioso senso d'oppressione.
- Un anno. Si, ormai seguo questa storia da più di un anno. L'inchiesta più lunga della mia carriera. Ma oggi finalmente avrò le risposte che cerco.
- Non capisco.
- Io sono un'editorialista, signor Nardi. Mi occupo di critica d'arte. Le suggerisce niente?
- No - ribattè seccamente l'uomo.
- Be', circa un anno fa mi venne l'idea di una serie di articoli sulla vita privata dei più grandi scrittori viventi... Al Capo non sembrava un'idea brillante, e tentò di dissuadermi.
Il testo scritto come media di massa è finito. - diceva - A nessuno interessa scoprire come vive un autore ai giorni nostri... - Miriam scrollò le spalle - Io non ero d'accordo... Lo confesso: sono una delle ultime amanti dei libri, da ben prima di ottenere questo lavoro. Mi sembrava anzi fosse un'ottima occasione per riportare interesse su un mondo che non merita l'oblio...
L'altro l'osservava dalla penombra, silenzioso. Miriam aspettò una reazione alle sue parole, ma questa non venne. Decise di proseguire. - Scoprii presto che molti scrittori erano personaggi misteriosi, sconosciuti sia al pubblico sia, stranamente, anche alle Case Editrici, che ne custodivano solo una firma su un contratto e un indirizzo sulla Rete. E lo stesso, mi dissero, valeva per alcuni importanti sceneggiatori cinematografici, perfino per gettonati autori di testi musicali: almeno una ventina di firme del campo artistico, alcune anche ben note, non erano che ombre senza volto...
Ancora nessuna reazione. L'uomo sembrava trattenere il respiro.
- A quel punto ero più che incuriosita. Ricorsi a LEXICON, il sistema esperto sviluppato dalla MicroProse per l'analisi letteraria. Lo impostai per un confronto incrociato tra brani di questi autori fantasma e...
- Non capisco... - mormorò finalmente l'altro.
Miriam sorrise. - Be', non mi intendo di sistemi esperti: li utilizzo soltanto, come tutti. A quanto ne so LEXICON trasforma il testo scritto in relazioni matematiche, o meglio in modelli statistici, con parametri quali lo stile, l'intreccio, la descrizione dei personaggi, il linguaggio, i contenuti... Viene usato in genere per perizie di autenticità, e in passato ha smascherato più di un falso spacciato per manoscritto autentico...
L'uomo annuì brevemente.
- LEXICON impiegò tre giorni per completare l'analisi, e alla fine concluse che la probabilità che persone diverse avessero composto quei brani era inferiore al due per cento. Il due per cento, capisce? Era praticamente certo che fossero opera della stessa mano! Un unico grande artista, un narratore poliedrico, un poeta eclettico nascosto da qualche parte laggiù, tra i meandri e le connessioni della Rete.
Miriam fece una pausa. Attorno a sè avvertiva presenze, respiri che non appartenevano nè a lei nè al suo ospite. Qualcosa si muoveva nell'ombra: tonfi soffocati, un suono basso, sempre più vicino, forse uno strisciare contro il parquet. Non riusciva a capire di cosa si trattasse.
- Portai i risultati al Capo, e gli chiesi cosa ne pensasse... - proseguì la ragazza, vincendo il disagio - Lui giudicò impossibile che un uomo solo potesse tanto. La sua idea era un'altra. Forse, diceva, è stata creata in segreto un'Intelligenza Artificiale, un'entità software capace di elaborare e manipolare testi. Con un database ipermediale a disposizione, che raccolga le grandi opere letterarie da Shakespeare a oggi, si potrebbe trarre spunti e scrivere storie quasi all'infinito, e tutti le crederebbero originali. Una versione moderna del paradosso della Scimmia e della Divina Commedia, se vogliamo... - i tonfi erano sempre più vicini. - Conosce il detto: uno scimpanzè che battesse a caso i tasti di una macchina da scrivere potrebbe comporre le terzine de "L'Inferno", con abbastanza tempo a disposizione... E una I.A. è molto più veloce di uno scimpanzè. Forse, concludeva il Capo, il mercato letterario attuale è dominato da un programma scribacchino, abbastanza abile da simulare dozzine di scrittori, ma non abbastanza da ingannare il suo "fratello" informatico LEXICON...
- Ma... perchè mi sta raccontando tutto questo? - reagì improvvisamente l'uomo.
- Perchè io non posso, non voglio crederci! - esclamò la ragazza - Quale I.A. avrebbe potuto scrivere "L'ultima alba", o "Cento stelle nei tuoi occhi", o "La spiaggia del gabbiano"? Quelle passioni, quei drammi umani, la rabbia e i sogni che vivono nelle parole... Nessuna macchina può avere la capacità di creare quelle emozioni. Nessuna macchina ha il diritto di farlo. Io... io sentivo di dover dimostrare l'esistenza della mano di un uomo dietro il mistero. Non potevo farne a meno...
Miriam prese fiato - E così continuai la mia inchiesta: divenni un segugio della Rete; seguii ogni flusso dati che dagli accessi delle Case Editrici poteva condurmi al rifugio segreto dell'artista che cercavo; esaminai ogni insignificante "Squid" della Matrice alla ricerca di una traccia, di un qualsiasi indizio... - fissò l'uomo negli occhi. - E un giorno, uno dei tools di controllo che avevo lasciato intorno al nodo editoriale si attivò: agganciò un flusso dati, aprì un varco, si inserì nella corrente e scoprì il pagamento di alcuni diritti d'autore. Scattò l'allarme, e fu segnalato questo indirizzo. Il suo indirizzo. Oh, certo, non direttamente. Il nodo della Rete era nascosto, schermato; il suo nome non appariva in nessun codice d'accesso. Ma io risalii il Sistema dall'interno, e scoprii l'utente associato al nodo... - la ragazza prese ancora fiato: era rossa in viso, e fremeva - Così ora le chiedo: è lei lo scrittore che cerco, non è vero?
- Lei è pazza.
- Sapevo che avrebbe detto così. Io non ho nessuna prova, solo la mia ossessione, e un'idea che non posso dimostrare. Ma questo non è un tribunale. Non so perchè lei voglia nascondersi al mondo. Non voglio neppure chiederglielo: ogni uomo ha diritto ai suoi segreti. Però io dovevo conoscerla. Dovevo sapere che esiste, che è reale, che è concreto. Dovevo guardare negli occhi la persona capace di creare quelle pagine meravigliose, quelle storie così umane, la persona che è ancora in grado di rinnovare l'immenso miracolo della scrittura: di far piangere, di far ridere, di far provare qualcosa dentro, nel profondo, unendo le persone attraverso null'altro che macchie d'inchiostro sulla carta.
L'uomo arretrò ancora di un passo. - No... si sta sbagliando... Non ho niente a che vedere con questa storia...
- Ma perchè non vuole ammetterlo? Io...
Miriam non riuscì a completare la frase. Qualcosa le saltò in grembo. Qualcosa di morbido, di caldo, che muoveva freneticamente le zampette contro la stoffa della sua gonna. Un orsetto Kojabashi. La ragazza guardò sorpresa quel prodotto dell'ingegneria genetica giapponese, che la Toei aveva brevettato e lanciato sul mercato come il prototipo del perfetto animale domestico. E improvvisamente i rumori intorno le furono chiari. Battè le palpebre finchè riuscì a distinguere, in quella penombra ovattata, le sagome che si aggiravano sul pavimento. Piccole forme rotonde, goffe pallottole di pelo zampettavano silenziose tra la porta d'ingresso, il divano e il parquet. La stanza era piena di animali: discreti, riservati, amanti dell'ombra, gli orsetti Kojabashi erano una raffinata metafora a quattro zampe del padrone di casa.
- Mi spiace. - disse in fretta l'uomo - A volte sono troppo espansivi. Lo faccio scendere subito...
- Non importa: non mi dà fastidio. - Miriam, istintivamente, affondò le dita nella pelliccia del Kojabashi. L'epidermide dell'animale era stata progettata dopo un'accurata indagine di mercato, ed era estremamente piacevole da accarezzare. La ragazza gli grattò piano la nuca, proprio dietro le orecchie. L'orsetto, senza preavviso, estrasse i piccoli artigli e le graffiò il dorso della mano. Poi scappò via, a nascondersi sotto il divano.
- Non capisco. Non sono mai stati aggressivi... - mormorò l'uomo, in tono quasi spaventato - Non so davvero come scusarmi.
Miriam esaminò con calma la scalfittura. - Nessun animale può ferire una persona più di un'altra persona. - disse alla fine, scrollando le spalle - E i colpi più duri sono quelli che ti prendono dentro, che non ti lasciano segni... non sulla pelle.
L'uomo spalancò gli occhi. - Questa è una frase... - gli sfuggì dalle labbra.
- ...di uno dei suoi racconti. "Una tomba per la speranza". Lo so. E lo sa anche lei. Perchè continuare a fingere? I colpi più duri... E' per questo che si nasconde, non è vero? Chi l'ha ferita? Di cosa ha paura? Del mondo? Della gente? Di chi?
- Io... io non...
Ma la maschera era caduta, e Miriam non voleva certo dargli il tempo di indossarla ancora.
- Perchè vive come un eremita? - incalzò - Da quanto non lascia questa casa? Da quanto non parla con un'altra persona? La prego, voglio soltanto capire...
Nardi si lasciò cadere sulla poltrona di fronte alla ragazza, sconfitto. All'istante, due Kojabashi gli si arrampicarono lungo la camicia e gli si sistemarono addosso, uno sulla spalla destra, l'altro sulla sinistra, buffi angeli custodi dal muso a bottone.
- Agorafobia. - mormorò l'uomo - Una forma rara, incurabile. Estremamente violenta. Se provassi... se provassi a uscire da quella soglia, perderei i sensi. E' sufficiente una finestra aperta per farmi gridare dal terrore.
- Oh! - Miriam si portò una mano alla bocca - Capisco...
- No. Non può capire. - l'uomo scosse la testa - Quando ti senti inferiore, malato, quando sai d'aver bisogno d'aiuto, quando sono altri a dover pensare a te... Allora sei vulnerabile, e ti succede di aprirti, di fidarti, perchè devi, perchè questo ti fa sentire meglio, perchè così puoi dimenticare per un istante il male che hai dentro di te, e nello sguardo degli altri puoi anche illuderti di essere normale... - Nardi accarezzò i piccoli animali. - E allora... allora ci credi, alle loro parole, alle loro menzogne, e fingi di non vedere, di non sapere, perchè vorresti tanto che fossero sinceri, perchè non hai nient'altro, proprio nient'altro per cui andare avanti...
Miriam non commentò. Si limitò a fissarlo con uno sguardo carico di comprensione, domandandosi da quanto tempo l'altro non mettesse tante parole una in fila all'altra. In qualche modo si sentì privilegiata.
- ...Fino al giorno in cui scopri che la fiducia è un tragico errore, - continuò a dire Nardi - che l'unico valore al mondo è la crudeltà, colpire più duro degli altri, essere falsamente sinceri e spontaneamente falsi... E allora capisci che la speranza è morta, e che il mondo ride sulla sua tomba... E questo ti distrugge, ti disgusta, ti spaventa al punto che decidi di fuggire da tutto... E ti chiudi in te stesso, nella corazza della tua solitudine, nella paura degli altri, e rinunci a lottare, lasciando siano soltanto le tue storie, le parole a vivere al tuo posto, a parlare di te, a lanciare la tua anima a pezzi oltre la Rete, fino a quando...
- Fino a quando?
Nardi la guardò negli occhi. Era la prima volta. - Fin quando... forse... qualcuno verrà, a portartene indietro un frammento... E allora, forse, saprai che la speranza non è ancora morta.
Miriam gli prese la mano. Non c'era bisogno di aggiungere altro.

- Come fai? Voglio dire, a scrivere tanto... Dove prendi tutte quelle idee?
L'uomo aprì lentamente gli occhi. Le sue mani, incrociate sul seno di lei, le carezzavano piano la pelle nuda.
- A volte vorrei saperlo anch'io.
- Cosa?
- Non so spiegarlo... Credo che le storie nascano da sole. Io le trovo lì, sulla carta, senza saper bene come ci siano arrivate... Lo sai? A volte mi sveglio in piena notte, e scrivo come in trance; riempo pagine e pagine, di getto, senza pensare, e alla mattina le guardo con meraviglia, come se non ne fossi veramente l'autore, ma soltanto il primo lettore. In certi momenti credo che siano i miei personaggi ad essere reali, non io: io sono soltanto uno strumento che loro usano per venire alla luce... A volte li invidio... Loro sono grandi, importanti; sono interessanti; hanno vite intense, la gente li ama, fa il tifo per loro... Io sono soltanto un piccolo "ghost-writer", un buono a nulla, un fantasma che si nasconde per paura del cielo.
Miriam si girò su un fianco, puntellando il gomito sul cuscino. - Sei ricco?
- Cosa?
- Be', voglio dire, con tutti quei diritti d'autore... dovresti essere pieno di soldi.
- Credo... credo di si. A dire il vero, non lo so. Non mi occupo di queste cose: il denaro non ha importanza, non l'ha mai avuta. Non sono neanche mai stato capace di spenderlo... A dire il vero, non so di cosa sono capace. Forse soltanto di scrivere...
Miriam sorrise, condiscendente. - Ma allora, cosa fai dei soldi?
Nardi scrollò le spalle. - C'è una I.A. finanziaria che gestisce le mie percentuali: fa speculazioni, investe in titoli, in terreni ed altro... Non so bene come faccia, e non mi interessa. Paga i miei conti, e questo mi basta.
La ragazza tirò su la testa, la mano contro la guancia color pesca. La sue dita giocherellavano oziosamente con il lobo dell'orecchio. - Un'Intelligenza Artificiale? Davvero? Parlamene.
- Si chiama BROKERDAEMON 2.1, o qualcosa del genere. Vive, o meglio è attiva, nell'area di Borsa della Rete. Manipola il denaro come qualunque altra informazione. Non so altro. Ti ho già detto: per me non ha importanza...
- ...e non certo in questo momento, spero. - aggiunse Miriam, attirandolo a sè.

Un sonno senza incubi. Sentirsi in pace. Forse la felicità. Non succedeva da tanto tempo, troppo: gli sembrava quasi impossibile. Gli occhi ancora chiusi, Nardi allungò un braccio in cerca di Miriam. Ma il letto era vuoto. Sul cuscino, l'odore di lei già sfumava nel ricordo. L'uomo si svegliò del tutto. Strano. Non l'aveva sentita alzarsi. Dov'era finita? Anche i vestiti erano scomparsi. Era andata. Ma dove? L'inquietudine lo assalì alle spalle come una belva in agguato nel buio. Già le mancava, e in maniera quasi dolorosa. Si sollevò a sedere sul materasso e diede un'occhiata in giro. Un biglietto, un appunto: doveva avergli lasciato qualcosa, ne era certo.
Sul comò, un foglio ingiallito, ripiegato più volte. Nardi lo spiegò e lesse:
"...e camminiamo in silenzio / dietro specchi di lacrime / pianti nascosti
dentro i cappotti / Mentre i colori dell'arcobaleno / si sciolgono nella pioggia...
"
No. Un frammento di una sua vecchia poesia, chissà da quanto dimenticato tra la polvere del tempo. Cercò ancora, inutilmente. Era perplesso. Forse a terra, concluse. Si piegò per controllare ai piedi del letto. Gli occhi gialli di un Kojabashi lo fissarono curiosi, facendo capolino tra i lembi di coperta che sfioravano il pavimento come drappi di un vecchio palcoscenico.
- Sei tu il colpevole, vero? - lo redarguì l'uomo. - Cosa ne hai fatto del biglietto di Miriam? Lo hai strappato? Lo hai mangiato?
Il piccolo animale si coprì il muso con le zampe anteriori. Nardi non potè fare a meno di ridere.
- Non importa. Aspetterò che lei ritorni. Ha pazientato tanto per trovarmi, lo sai? Il meno che io possa fare è dimostrarle la stessa pazienza. Non lo credi anche tu?
Il Kojabashi lo guardava attento, quasi comprendesse le sue parole. - Si, aspetterò, anche se mi sembra si sia portata via anche un pezzo di me. Mi manca come l'aria... Ma tornerà. Tornerà per me. Lo sento. Adesso posso aspettare. Ho ritrovato la fiducia, lo sai? La fiducia e la speranza. Le ho sognate, che tornavano insieme dalla tomba in cui le avevo a torto seppellite... tornavano tenendosi per mano.

- C'è una I.A. finanziaria che gestisce le mie percentuali: Si chiama BROKERDAEMON 2.1...
L'uomo grasso interruppe la registrazione. Miriam sganciò il cavo SCSI dall'innesto occipitale, fessura invisibile tra la nuvola bronzea dei suoi capelli. Poi guardò l'altro con aria interrogativa.
- L'informazione è stata validata. Da questo momento ha il valore di prova legale. I miei complimenti...
La ragazza annuì. - Grazie. E' stato un buon lavoro. E adesso, se vogliamo parlare del mio compenso...
L'uomo scrollò le spalle. Sulla scrivania, la targhetta "Saverio Braschi. Direzione Servizi Speciali. Ufficio Imposte." rifletteva vivace le luci al neon.
- Non c'è problema. La sua gratifica sarà più che generosa. Erano anni che tentavamo di incastrare BROKERDAEMON. Non eravamo mai riusciti a dimostrare che lavorasse per un essere umano, e che quindi fosse soggetta alla tassa sul reddito. Finalmente adesso posso scatenare i nostri avvocati: Nardi riceverà presto la più pesante citazione per frode fiscale degli ultimi dieci anni. Posso assicurarglielo.
- Il denaro non gli interessa.
- E' una fortuna. Non gliene resterà molto, quando avremo finito con lui. - Braschi si accese una sigaretta. Aveva le dita gialle di nicotina, il viso scosso da un serie di tic nervosi. - Posso farle una domanda?
- Certamente.
- Non mi fraintenda. Ho sempre apprezzato la sua professionalità. Ma in casi come questo non posso fare a meno di chiedermi: non prova proprio nessun senso di colpa?
Miriam si portò un dito alla tempia. - Strana domanda. Da lei mi aspettavo di più: sa bene quanta parte del mio cervello sia stata ingegnerizzata. Certo che provo sensi di colpa: provo anche freddo, fame, paura, dolore. Ma sono soltanto stati logici, configurazioni elettrochimiche della mia rete di neuroni. Posso agire su di esse come e quando voglio: posso cancellarle, registrarle su disco ottico, crearle a piacere. Non è difficile, non più di quanto sia stato inserire nella mia memoria una copia di tutte le opere di Nardi, per permettermi di recitare a dovere la parte dell'ammiratrice fedele... A proposito, sarà meglio che cancelli tutta quella spazzatura: devo prepararmi per il prossimo incarico.
L'uomo la guardò ancora un istante, in silenzio. Alla fine annuì. - Capisco. Credo che sia tutto. Riceverà la sua parcella al più presto. E' stato un piacere trattare con lei.
Miriam gli strinse la mano e uscì dall'ufficio. Fuori, il cielo grigio minacciava tempesta. L'aria fredda aveva l'odore dei gas di scarico e dell'ozono. La città era un mostro addormentato dai mille occhi acquosi e semiaperti, gli uomini come insetti parassiti a zampettare timidi sulla sua pelle. All'angolo della strada, raccolte in cerchio, quasi a proteggersi dal gelo e dalla vita, un gruppo di prostitute attendevano in silenzio i loro clienti. Avevano acceso un fuoco per scaldarsi, ma la fiamma incerta non aveva più nulla da bruciare. Neppure la speranza. Miriam le guardò con disprezzo. Come si poteva vivere così? Chi mai poteva scegliere quel lavoro ripugnante, disgustoso? Non riusciva a capire. Scrollò le spalle: non aveva importanza.
Mentre saliva a bordo della sua Ferrari, le aveva già dimenticate. Il presente testo può essere letto in linea o scaricato, e può essere diffuso per via telematica senza limitazioni. Il testo è però di proprietà dell'autore e non può essere utilizzato per scopi commerciali, pubblicato su riviste commerciali o inserito in CD-Rom, senza la previa autorizzazione dell'autore. Inizio pagina | Sommario | Thread | Feedback | Cyberscopio | Update | Views | Top 100 | Script | Delos Home