Un divertissement a parte è Polvere d'inferno. Qui l'attendibilità scientifica, già flebile, è abbandonata, persino le citazioni diventano più vaghe, meno puntuali: si tratta di un'opera fantasy in forma di saggio, una divagazione dark nei territori dell'alchimia, un excursus sulle biografie leggendarie di Nicolas Flamel e di Fulcanelli, tra orologi di carne che segnano la vita delle persone per cui sono stati costruiti e ne causano la morte in caso di malfunzionamento, l'enigmatico libro di terribili segreti Picatrix (che non potrebbe essere letto senza un apposito codice perduto), il dottor Andrew Crosse che nel XIX secolo avrebbe creato forme di vita simili ad acari tramite l'elettricità, fino al Conte di Saint-Germain che nel 1939, quando avrebbe già essere un mucchietto di cenere da un pezzo, effettua un atterraggio di fortuna col suo aeroplano presso un monastero tibetano. Ecco cosa dice PK, a chiusura del più magico e sulfureo di tutti i suoi libri, sicuramente uno dei più suggestivi:

"Storia?

Forse. Ma se è storia, è storia segreta.

Magia?

No. Nell'alchimia non c'è nulla di magico nel senso stretto di questa parola. Gli incantesimi non si fanno entro cerchi rituali, recitando formule cabalistiche, evocando demoni, ma si compiono in laboratorio, con determinate sostanze, determinati strumenti, secondo formule ben concrete.

Scienza, allora?

Sì. Ma non scienza classica, scienza ortodossa. Una scienza che non è la nostra..."

Basta. E' tempo di chiudere i libri di PK, così densi di sogno e di avventura e di fantascienza, noiosi e inattendibili solo per parrucconi accademici, e che sono invece un'originale forma di letteratura patafisica, forse l'ultima variazione permessa ai precinematografici Viaggi Straordinari di Verne dal nostro mondo contemporaneo, oppresso da troppe immagini iperreali e trucchi digitali che rendono sempre più difficile sognare in semplicità. Ma l'occhio ci cade su un ultimo libro, Odissea stellare, dove la letteratura aulica sposa la fantascienza e la clipeologia, seguendo le orme di Jack Vance e del suo Glystra.

Passo passo, Peter Kolosimo segue Ulisse e rilegge la sua epopea: e gli pare di ravvisare negli Dei degli extraterrestri, nel celebre Cavallo un pretecnologico ordigno fantastico, in Polifemo il rappresentante della perduta razza dei giganti che visse un po' dappertutto sulla Terra preistorica, in Efesto un astronauta caduto sul nostro pianeta dove si sarebbe arrangiato a costruire meraviglie meccaniche, in Scilla l'ennesimo mostro degli abissi marini...e i viaggi di Ulisse non narrati da Omero, gli stessi che hanno ispirato Dante, forse hanno seguito le rotte tracciate dal pirata turco Piri Reis, che ebbe accesso al sapere sepolto nelle segrete biblioteche egiziane. Ecco le parole con cui si chiude il libro:

"L'Odissea non può che essere stellare.

Oltre le Colonne, verso l'Infinito, l'Odissea continua."

Se vi piace sognare, sognate.