Il triste momento prima del ritorno in patria. Lucia e Valerio davanti all'aeroporto di Barcellona. A fare il pieno di nicotina prima dell'astinenza forzata, anche se non sembra.
Il triste momento prima del ritorno in patria. Lucia e Valerio davanti all'aeroporto di Barcellona. A fare il pieno di nicotina prima dell'astinenza forzata, anche se non sembra.
Una sera, cenando per sbaglio in un locale scalcinato, abbiamo visto in tivù brandelli di un bellissimissimo programma spagnolo che, per quanto incredibile possa apparire, sembrava anche più fesso dei nostri programmi più fessi. Comunque, l'interessante è che a un certo punto è apparso l'ospite d'onore, la mucca Marisa, e mia moglie ha cominciato a dire che secondo lei era un toro! Perché aveva le corna! Dico io, ma in Spagna è possibile chiamare un toro Marisa? No! Allora Valerio, nostro guru di cose spagnole, ci ha spiegato che da anni l'omosessualità si è diffusa in quantità industriali tra i tori spagnoli; e per carità, noi tre non siamo certo razzisti o sessisti o quel che volete, ognuno è libero di fare quello che preferisce, però un toro gay come toro da corrida non vale una cicca. Sicché adesso i tori si chiamano anche Marisa e le corride le organizzano con i gatti! Più eterosessuali e feroci che mai. Il che mi ha finalmente spiegato le vere ragioni dell'assenza di felini dalla città (sono tutti chiusi nelle stale de gatos, ex stale de toros, dove vengono addestrati al combattimento), e ho ritrovato la pace interiore.

Barcellona, sì, mi è piaciuta molto. Ho mangiato bene, bevuto bene. Ho trovato un popolo simpatico, caloroso, capace di metterti a tuo agio nonostante una lieve barriera linguistica (dico lieve perché in buona sostanza le due lingue, lo spagnolo e l'italiano, hanno molto in comune, e un'incomprensione totale non si è mai verificata). Ho visto un sacco di cose interessanti e sono rimasto parecchio ammaliato dal fascino di Gaudí, un uomo che mi porterò per sempre nel cuore. Ho persino comperato una sua biografia per imparare a conoscerlo meglio. Mi sono rilassato, non ho pensato al lavoro, alle faccende di casa, nemmeno al mio amato computer e all'abitudine quotidiana della posta elettronica, fenomeno in verità rarissimo.

Ma la cosa più bella, confessiamolo, sono stati i pranzi e soprattutto le cene in compagnia di mia moglie e di Valerio, due tra le persone che più amo al mondo. Valerio ormai, da quando è assurto (giustamente) al ruolo di scrittore superstar, con la miriade di impegni che ha, lo vedo di rado, mi riesce solo di sentirlo ogni tanto al telefono e per e-mail; ma mi manca una maggiore continuità della sua presenza, della sua amicizia. Mi mancano le giornate che abbiamo trascorso assieme in passato, a estrofletterci l'uno di fronte all'altro.

A Barcellona il miracolo si è ripetuto, nuovo come la prima volta. Devo dire che noi tre formiamo un bel terzetto, un gruppo affiatato con voci soliste e notevoli capacità corali: praticamente, nei momenti in cui non eravamo troppo presi dalle scarpinate, non abbiamo mai smesso di parlare, di raccontarci, di aggiornarci a vicenda, e di ridere. Sono stati dieci giorni di rara sintonia umana, anche con alcune confessioni dolorose, come no, con una vicinanza reciproca e un affiatamento che se non li hai mai provati in vita tua non sai cosa perdi. Io per fortuna ci riesco, e sono pronto a ricominciare da capo in qualunque momento.