Nel pomeriggio, altra scarpinata per terminare il giro turistico-didattico. Ci eravamo organizzati scientificamente con guide, cartine, mappe, e ogni giorno sceglievamo una zona della città da battere (nel senso buono del termine). Abbiamo passato tutto al setaccio. Non ci è sfuggito niente. Nemmeno la bancarella di memorabilia beatlesiane nella zona del porto dove ho comperato le due meraviglie che potete vedere in fotografia. Ah, i sublimi piaceri dell'artigianato spagnolo! A Piacenza di certo quei pupazzetti non li avrei mai trovati. Tra le cose più notevoli viste: le anitre benedette nel cortile della cattedrale; l'acquario con gli squali che ti passano sopra la testa e appena vedevano l'Inquisitore si mettevano a tremare e scappavano; il parco Güell e in generale tutta l'opera architettonica di Antoni Gaudí, un genio visionario morto investito da un tram nel 1926; i numerosi bancomat che si sono sempre rifiutati di sganciare soldi a Lucia e a me (a Valerio invece li davano, i maiali); i poveracci stesi per terra, con calzini buchi, abiti laceri, barba lunga, aria disfatta, ex clienti del micidiale ristorante Mediterraneo dove una sera Valerio ha voluto trascinarci a tutti i costi (io quasi piangevo perché non volevo entrare, ma lui niente, aveva fiutato aria di nouvelle cuisine), facendoci sperperare una fortuna in cibarie. Sto ancora pagando il mutuo che ho dovuto accendere per pagare il conto.
Uno dei momenti più toccanti è stata la spedizione a una libreria specializzata in fantascienza gestita da un amico di Valerio. Potevamo non andarci? No di certo. Valerio ricordava benissimo dove si trovasse, via e numero civico. Purtroppo, dopo due ore di marcia sotto un sole implacabile le sue certezze sul nome della via hanno cominciato a vacillare. In quanto al numero civico, ciò che egli ricordava erano le ultime tre cifre del numero di telefono della libreria. Morale: ormai era tardi e ci siamo fermati a bere una birra. Avremmo ritentato il giorno dopo. Solo che quando lui ha telefonato, nessuno gli ha risposto, ed essendo agosto abbiamo concluso che la libreria fosse chiusa per ferie. Lo dico sempre io: quando vai con Valerio vai sul sicuro.
Verso le sei del pomeriggio, dopo una birretta, si tornava in albergo. Io crollavo sul letto e mi addormentavo; Lucia guardava la televisione, che captava anche Ra1 e Rai2; Valerio si chiudeva in camera a scolare birra, così la sera era bello ciocco e pronto ad alzare il tasso alcolico col vino e l'immancabile brandy spagnolo (Carlos Primero. Una volta ci hanno dato il Terzero, e ragazzi, non fidatevi: non è terzero per caso). Valerio i primi giorni aveva il televisore rotto, così una notte si è molto stupito e anche un poco preoccupato quando lo ha sentito emettere vaghi borbottii. Avvicinatosi per indagare sull'arcano fenomeno, ha appoggiato l'orecchio al muro e l'epifania del vero lo ha folgorato: ero io che russavo dall'altra stanza! C'è scrittore insonne e c'è scrittore dormiglione, e io sono sempre stato coi ghiri.
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