- Potresti essere uno squittel.
- Che vuol dire?
- Prova.
Rimase due interi minuti dentro Ordesmond. Quando uscì lo sbirciai per capire la sua reazione. Una bava densa colava dalle sue sacche congiuntivali, ma aveva la bocca contratta in una smorfia estatica, e sì: accettava.
- Con te ci si intende - commentò Spiros - invece con Yoko niente da fare. Se conoscessi la sua password giuro che mi rovinerei gli occhi ma le scaglierei un bel terremoto.
Dormo supino, immobile. Perché altrimenti la benda scivola via, e i miei occhi devono sfruttare ogni goccia del cocktail oftalmico. Ma stanotte non riesco a stare fermo. Ripenso al mondo di Spiros. Le spiagge di seta, l'Olimpo che nasconde la sua cima tra le nuvole. Potrà mai Ordesmond competere?
Ho fame, e mi avvio verso il freezer a tentoni. Girando un angolo, incontro qualcosa: - Chi sei?
- Sono Bill, anche tu sveglio?
- Non riesco a dormire, sto pensando al mondo di Spiros.
- E' bello?
- E' divino. Secondo me potrebbe vincere, e sarebbe un disastro. Vedi, ci sono le solite cose: uomini, donne, animali. Gravità, fotosintesi, evaporazione. Polvere, cielo, mare, sole.... Quanto pensi che durerebbe? Tempo sei mesi e stiamo come ora. Ordesmond è diverso. Se vinco io nulla sarà più come prima. Vuoi vederlo?
- Mi piacerebbe... ma...
- Gli occhi vero? Se ti migliorano... - L'ultima frase mi uscì falsa, e sentii il suo respiro diventare affannoso.
Alzò una mano e me la poggiò sulla spalla: - Spero di vederlo presto. Ora torno a letto, ma prima levami una curiosità: perché l'hai chiamato Ordesmond?
- Da Baudelaire - fui telegrafico, tanto non avrebbe capito.
- Ah, Ordesmond: hors de ce monde! Adoro quella poesia. - Mi sembrò che sorridesse, ed era il primo sorriso che percepivo da quando mi trovavo nella Casa Giardino.
- E tu a che punto stai?
- Credo che mi toccherà ritirarmi, non resisto più a guardare. Non voglio finire come Matiasevic. - La sua voce soffocata era simile al rantolo del Kiutcke quando viene trascinato in superficie.
- Vuoi provare il mio collirio? E' abbastanza buono - presi dalla tasca il Virsus - mettine domani due gocce appena sveglio.
La mattina dopo mi alzai presto per fare a Bill un posto nel mio mondo, anche se non l'aveva chiesto. Lo trasformai in un triottolo, una forma di vita molto evoluta, dal carattere allegro, e con grande libertà di movimenti: poteva avvolgersi, roteare, e, soprattutto, volare.
Dopo qualche minuto sentii il ticchettio dei passi di Yoko che si dirigeva alla sua cabina. Eravamo soli: adesso o mai più.
- Yoko, hai pensato a un posto per me, allora?
La voce era scostante: - Non ne hai bisogno. Nel mio mondo c'è posto per tutti.
- Vorrà dire che nel mio sarai un tolpo - e presi a tamburellare a caso coi polpastrelli sulla tastiera - Un pedalopodo miope di prima generazione.
- Ehi! Niente scherzi
Ma io non scherzavo, e lo capì.
Restai in silenzio costringendola a trovarmi solo in base al ricordo sonoro. Dopo qualche collisione con le altre cabine bussò alla mia. Si sparse intorno un odore di viole.
- Ma ti rendi conto o no che il mio è un mondo giusto? Non posso fare favori. Anche a Spiros ho detto di no. E poi, a Bill l'hai chiesto? Il suo mondo neppure lo conosci, ma pretendi un posto nel mio.
- Vuoi dare un'occhiata a come ci si sente a essere un tolpo?
Bisbigliò: - Ok, ok: hai vinto.
E così divenni un sifrogrante, impegnato solo in studio e ricerche. Anche nel suo mondo perfetto esistevano divisione del lavoro e gerarchia.
Soddisfatto, lavorai benissimo fino alle 14.
Trovai Bill già a tavola: - Come vanno gli occhi?
- Un po' meglio, grazie, ma bruciano ancora. Oggi pomeriggio li riposo. - Restai meravigliato: non era possibile che, messo per la prima volta, Virsus non l'avesse fatto urlare di felicità. Ma non c'era più tempo per pensieri che non fossero finire Ordesmond.
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