Mattina. Un raggio di sole rovente m'investe. Attraverso la maschera oculare da decubito, schiacciata contro le mie palpebre incollate, percepisco una fluttuazione rossastra, una candela lontana smorzata.
Conosco la strada fino al bagno e non ho bisogno di indicatori acustici. La luce si accende appena entro, ma non la vedo. Depongo la maschera nello sterilizzatore, e detergo le palpebre con una soluzione solvente. Davanti allo specchio tento di schiuderle. Ma riesco solo a sbirciare per un attimo tra le sbarre filamentose della mia prigione, e vedo i miei due occhi bruciati, languidi, reduci dal lavoro per Ordesmond. Una fitta al sinistro me li fa serrare. Mi lavo e mi pettino a memoria. Mi vesto, inserisco gli occhiali al titanio e entro nella camera di declimatizzazione. La porta dietro di me si chiude con uno scatto, e si apre quella davanti, sul mondo. Immerso nel buio vengo travolto dal calore.
Oggi inizia la finale del Torneo: un delegato della DEUS (Digital Experience United Societies) è venuto a prendermi e mi aspetta di sotto.
- Buongiorno Dominic. Da questa parte, prego.
Avanzo verso la voce alla cieca, perché voglio risparmiare gli occhi.
Respiro: l'aria è un vortice caldo e riciclato che mi impolvera dentro. Il suo odore, di eliche incrostate, di plastica cotta, resuscita in me lontane immagini della Terra, di quando ancora il mio sguardo serpeggiava tra i corpi ustionati, si posava sui giardini minerali, misurava l'altezza vertiginosa dei monoliti antiradiazioni, riparandosi sotto i padiglioni-fungo schermati.
Dopo un passo sono fradicio di sudore, e posso sentire il cielo di fuoco che incombe sulla città. Mi precipito dentro il veicolo climatizzato. Passiamo per viale Primavera e vicolo Tulipano che ricordo ornati di statue di fiori. In città c'è una nuova epidemia: urla, mani che battono contro la portiera, un odore di putrefazione si insinua fin dentro l'abitacolo.
- Matiasevic ce l'ha fatta? - Alle preselezioni avevo visitato la sua Nuova Atlantide. Che sensazione incredibile nuotare con le mani palmate, al fresco, tra templi sottomarini e conchiglie giganti.
Il delegato sembrò dispiaciuto: - Purtroppo è diventato cieco. Da allora non se ne sa più nulla.
Arriviamo alla Casa Giardino, sede del Torneo. Nella camera di declimatizzazione mi sfilo i vestiti e un getto d'acqua tonica mi lava via il sudore. Poi indosso la tuta ergonomica. Non uscirò più.
Il delegato circonda delicatamente la mia mano e mi conduce per l'edificio: "Questo è la stanza che le abbiamo preparato secondo i suoi desideri: aria di bosco nepalese di 200 anni fa dopo la pioggia, letto inclinato a 5 gradi, cuscino in idroplast. Adesso usciamo. A sinistra si va alla sala Genesis. La sua è la seconda cabina a destra. Pareti antiriflesso, illuminazione perfetta, e uno schermo gigante a matrice attiva. La sala da pranzo è di qua. Questa è la sua sedia. Come tutte, ha elettrostimolatori per tenere i muscoli in attività. La sua colazione è già pronta: spremuta di carote - un involucro freddo tocca la mia mano sinistra - crusca e capsule al mirtillo - la mia mano destra è sopra un portapillole.
- Le presento i suoi colleghi: Yoko, Spiros e Bill. Questo è Dominic. Per qualunque necessità sono a vostra disposizione. Conoscete le regole. Buon lavoro.
Siamo i quattro finalisti del Torneo mondiale indetto dalla DEUS alla sua prima e unica edizione. Il suo scopo è realizzare una nuova dimora per l'umanità.
Il mondo infatti è ormai inabitabile. Ogni forma di vita vegetale è secca o costretta in teche artificiali, l'oceano è divenuto una melma bollente, e l'unico animale sopravvissuto è il Kiutcke che vive 100 metri sotto terra, nascondendosi nelle foreste di stalagmiti per depistare gli ultimi cacciatori. Sulla terra vivono venti miliardi di persone. Sono sull'orlo dell'estinzione, esasperate, preda della fame e delle malattie, e assediano le città coi lamenti e i loro cadaveri putrefatti, chiedendo una nuova vita alla DEUS, i padroni del mondo.
Le costruzioni virtuali sono oggi per l'umanità l'unica speranza. Per questo noi specialisti siamo dei privilegiati: se ci ammaliamo veniamo curati nei migliori ospedali, la nostra dieta è variata e qualche volta mangiamo anche carne. Ma siamo, purtroppo, degli imperfetti creatori: nei nostri mondi non si può vivere; solo la DEUS possiede la tecnologia adatta a trasformarli in realtà. E non appena dal Torneo risulterà vincitore il più accurato, confortevole, e funzionale dei mondi possibili, provvederà a un trasferimento in massa.
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