Ci riproviamo. L'omaggio all'immortale autore francese, che avevamo azzardato il numero scorso, prosegue in questo anno palindromo (2002), carico di novità che avrebbero fatto la felicità di un futurologo come la nostra vittima, ad esempio una meravigliosa (sic!) moneta comune europea. Perciò, toglietevi il cappello, e benvenuti di nuovo nel nostro Verne rivisitato.
Ci è stata rimproverata una vergognosa superficialità nell'aver tratteggiato Jules Verne, nel numero scorso, come un distinto e un po' ottuso anziano signore avvezzo a fumare e bere, discettando della superiorità della cultura occidentale maschile, in un elegante circolo esclusivo sulle rive della Senna.
Autocritica: è vero, Verne è molto più di questo. Sono state scritte dozzine di trattati sugli scontri filosofico/letterari (ad esempio positivismo contro romanticismo, colonialismo contro irredentismo) che traspaiono in controluce dagli scritti di Verne. Legioni di studiosi hanno evidenziato i nessi tra la rivoluzione industriale, il pensiero pre-anarchico, le grandi opere mondiali dell'epoca (taglio di Suez, ferrovia trans-americana) e la figura dell'Uomo Dominatore della Natura in Verne.
Fine dell'autocritica: appunto perché le suddette legioni di studiosi hanno già analizzato a fondo la questione, noi ci permettiamo un poco analitico e più prosaico "nun ce rompete". Lo ammettiamo: abbiamo sempre letto Verne, prima da ragazzi e poi da adulti mai del tutto cresciuti, beandoci delle atmosfere fascinose che lui sapeva creare, strafregandocene dei veri e/o presunti background filosofici. Non cominceremo certo adesso.
Ragion per cui, se cercate una disquisizione critico/letteraria su Verne, rivolgete il vostro browser verso altri siti del mare a ventimila leghe internettiano: questo è un articolo di satira. Abbiamo la presunzione di strapparvi un sorriso ammiccando a Verne con complicità e affetto. Niente di più.
Dunque buona lettura (euro-compatibile, of course).
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