Il perché dell'entusiasmo

Quel che non capii allora, e che probabilmente nemmeno oggi ho compreso a fondo, è il perché dell'entusiasmo di Naviglio: io avevo sedici anni, ero alle primissime armi, un fan che col tempo sperava di riuscire a combinare qualcosa, e nella mia stessa situazione c'erano decine di altri membri del fandom; Luigi era un professionista, scriveva e pubblicava e veniva pagato. Chi glielo faceva fare? E' ben vero che praticamente tutti gli autori italiani all'epoca già conosciuti contribuirono col loro materiale, chi più chi meno, a Numeri Unici e compagnia bella, ma un conto è regalare un racconto o un articolo, tutt'altro è sobbarcarsi la fatica, la perdita di tempo e di denaro (perché, bisogna sottolinearlo, le nostre iniziative andavano regolarmente in passivo) che comportano battere le matrici per il ciclostile, ciclostilare, assemblare i fogli, rilegarli, imbustare i fascicoli e spedirli. Per non parlare delle ribollenti attività collaterali che Luigi ha sempre portato avanti, come organizzare incontri, giornate di dibattito, premi letterari, o la creazione dell'MFA, Movimento Fandom Attivo, che fu un'idea sua e il canto del cigno del nostro fandom, destinato al tracollo globale entro il 1968 per senescenza precoce. Nelle fanzines di quel periodo, Naviglio resta un esempio unico di professionista che si dedica anima e corpo a pubblicazioni amatoriali; fatta salva l'eccezione di Sandrelli e della sua Interplot, o Plot-Plot, ma Sandro batteva a macchina quelle pagine un po' per passare il tempo nelle nottate di servizio al Gazzettino di Venezia, e molto per riversare i suoi sapidi aromi di incazzato polemista.

Allora, perché? Le risposte che ho da offrire sono due, l'una a integrazione dell'altra. In parte, Naviglio era convinto che si potesse creare un fandom forte, capace di attirare una base solida di lettori, influenzare le scelte del mercato professionale, offrire occasioni importanti a esordienti e no; questo lo ha sempre pensato, e lo ha ribadito di recente in quella che è probabilmente la sua ultima intervista, sul numero speciale 3 di Avatar dedicato ai quarant'anni del fandom italiano (settembre 2001). Dopo gli entusiasmi iniziali, e soprattutto dopo avere cominciato a lavorare nel campo professionale, io non sono più riuscito ad accettare come realistica questa prospettiva, per lo meno non nei termini del fandom cartaceo ai quali ero abituato; ma ancora nei primi Settanta, quando frequentavo l'università a Milano e lo vedevo spesso, Luigi inseguiva il mito del fanzine (sesso suo) che diventa rivista e fa mercato. Non credo che le mie obiezioni gli siano mai parse del tutto accettabili. Forse si rifaceva al modello dei "Futurians" americani, dei Pohl, degli Asimov eccetera, che certo di cose ne hanno combinate, ma dire che sono sempre esistite notevoli differenze tra il mercato nostro e quello americano mi appare addirittura banale. Chiaramente, lui vedeva le cose in altro modo.

La seconda ragione era altruistica, generosa: Naviglio credeva nella possibilità, forse addirittura nella necessità, di dare spazio agli autori nuovi, pubblicare su carta gli scritti degli esordienti, concedere loro l'occasione di rimirarsi in forma stampata e raggiungere un pubblico non composto solo di amici o parenti. Infatti, quando Verso le Stelle diventò rivista, seguì proprio questo criterio: se un racconto non era veramente indecente, veniva pubblicato. Di nuovo, non ero e non sono d'accordo. Lo spazio agli esordienti mi sta benissimo, e credo di averlo dimostrato nei periodi in cui ho fatto il mestiere di curatore editoriale; ma da qui a pubblicare tutti, per me ne corre. Anche perché, nell'ipotesi di voler creare un mercato per gli autori indigeni, mi pare indispensabile offrire al pubblico buoni prodotti, se no perché dovrebbe continuare a comperarti?

Filosofie editoriali piuttosto diverse, su questo non c'è dubbio. Resta il fatto che Luigi in queste due tesi credeva, e di certo era molto più ecumenico di me, e ritengo siano state proprio queste idee a spingerlo a dedicare tanto alle fanzines, continuando nel frattempo a produrre la sua narrativa. Visto come sono andate le cose, sarebbe difficile dire che avesse ragione; d'altro canto, anche le iniziative più professionali e più filtrate da editor non hanno, in media, propriamente brillato...

La vita è una jungla, amici. A qualunque liana uno possa attaccarsi.