Meccanicamente presi una scacchiera dal tavolo accanto e sistemai i pezzi.
Cordmaker mi osservava incuriosito, ma capì subito che io avevo afferrato il punto.
- Ti avevo anticipato che conosco la sua storia - mi disse. - La storia di un uomo chiamato Korchnoi Smith. Ma forse dovevo dire di conoscere la storia di un computer HAL 10000. Pensa: un'astronave con decine di uomini a bordo, un'altra astronave che compare improvvisamente e apre il fuoco con i cannoni laser. E invece di suonare l'allarme, invece di predisporre le difese e magari fuggire a tutta birra, HAL, o perlomeno lo HAL che c'era sulla Bellerofonte, se ne frega di tutta la sua programmazione e delle leggi della robotica e continua a giocare a scacchi. Io non so se i computer possano avere un'anima; di certo non ce l'hanno i gropi e gli altri extraterrestri, né si sa se ce l'abbiano gli umani. Ma HAL doveva avere qualcosa di simile. Ci ho pensato tanto, da quella volta. Una partita di scacchi che assorbe tutti i pensieri di un uomo e di un calcolatore. Fa dimenticare loro dove sono e ciò che devono fare. Posso capire Korchnoi - proseguì Cordmaker. - Era frustato, forse non era mai riuscito a battere il calcolatore. Ma HAL? Aveva subito un guasto? Aveva deliberatamente isolato tutte le altre attrezzature per dedicarsi esclusivamente alla partita? O forse i raggi cosmici ne avevano alterato la struttura? Non so, giuro che non l'ho mai capito.
Queste riflessioni di Cordmaker erano anche le mie. Avevo udito tante storie e le avevo a mia volta tramandante, mai però avevo sentito di un computer che manifesta sensazioni umane. Mi misi a studiare la partita e anche io, come Cordmaker, come Smith, come HAL, ne rimasi avvinto. C'era... una bellezza intrinseca in quella sequenza di mosse, credetemi. Una bellezza pura, perché scissa da qualunque riferimento alla materia; astratta come un teorema matematico o una speculazione filosofica. Potevo capire che Smith si fosse lasciato abbagliare; io stesso mi perdevo nell'intrico delle possibilità, dimentico di quanto succedeva intorno. Ma HAL?
Continuai ad ascoltare il racconto, mentre seguivo passo passo il dipanarsi della partita. Ero curioso di sapere come si erano svolti i fatti... anche se ormai ne indovinavo la conclusione.
(l. e4,c5; 2. d4,cxd4; 3. c3, dxc3; 4. Cxc3, Cc6; 5. Cf3, g6; 6. Ac4, Ag7; 7. O-O, Ch6; 8. h3, O-O; 9. Af4, Rh8; 10. Dd2, Cg8).
Feci un'altra decina di mosse. Provavo una strana sensazione, nello spostare quei pezzetti di legno. Sentivo che c'era un contrasto enorme tra le mosse che leggevo nell'alfabeto dei computer e i pezzi, antichi e uguali a se stessi da tre o quattromila anni (erano in stile spagnolo, intarsiati in maniera un po' barocca). Mi sembrava di ripetere un rito pagano che strideva contro il mondo che conoscevo. Il re e la sua donna, che avevano bisogno del vescovo - detto anche alfiere - per sancire la loro unione (anche se il vescovo è un po' matto) e dei cavalieri che li difendessero, e delle torri che gli dessero asilo... erano personaggi vecchi, di una storia che non veniva più raccontata, che si era persa indietro nel tempo, nessuno la ricordava più. Una storia di secoli e di terre lontane.
Eravamo in pochi a sapere quali misteri si celassero dietro quei nomi e quelle maschere di bosso. Xanth Cordmaker certamente non ne sapeva nulla; per lui era solo un gioco, bello e appassionante. Ma sospettavo che Korchnoi Smith ne fosse, come me, un cultore.
Per lui aveva importanza che ci fosse una tradizione, una leggenda degli scacchi. Una leggenda che aveva per protagonisti degli uomini, uomini veri, reali come me e voi. Per la maggior parte della gente tutto ciò si era perso. Non per me. E mi dicevo che era questo a torturare Smith: che un calcolatore, un essere meccanico, potesse trionfare sulla naturalità. No, doveva vincere. La successiva decina di mosse era quasi interlocutoria. Smith piazzava i pezzi nei punti migliori per il prossimo attacco, mentre il Nero tentava di consolidare la sua difesa. Tuttavia il Bianco (Smith) era sistemato meglio; scambiò alcuni pezzi, ma riuscì a sfiancheggiare l'arrocco di HAL.
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