Comunque il mio avversario avrebbe ancora potuto salvare la situazione con una mossa adeguata. Charlie rifletté parecchio, mentre alle nostre spalle si creava un capannello di spettatori interessati, ma non gli riuscì di trovare il bandolo. Dietro di noi giunse una voce che diceva: - Idiota!

Mi voltai a guardare chi aveva parlato in modo così impertinente. La la voce continuò: - Poteva difendere il "matto" con la Donna in f6, e il Bianco avrebbe avuto il suo daffare per concretizzare il vantaggio in una vittoria. Ma così...

Scorsi un individuo che si scuoteva, come consapevole di aver parlato troppo - non per noi, ma per se stesso - e si allontanava verso il bancone, dondolando la testa.

Nonostante tutto, quella figura mi affascinò. Era completamente calvo, in modo da apparire più un gropi che un essere umano. Il suo cranio non era liscio; aveva delle asperità, era quasi ondulato, similmente al personaggio di un racconto di Henry Miller (mi sarei reso conto più tardi che per certi versi gli somigliava anche nel carattere). Lo raggiunsi quando non era ancora arrivato al banco di mescita e, in vena di bullerie, gli chiesi se - visto che era tanto bravo - volesse poi fare una partita con me.

- No, grazie - rispose lui. - Non gioco a scacchi.

Eppure aveva dimostrato un'ottima competenza, controbattei insistendo per una partita. Ma lui non mi diede più retta: comperò una bottiglia del peggior vurguzz e andò a sedersi nell'angolo più in ombra del locale.

Tornai a proseguire la mia sfida con Charlie. Ma mi misi a bere. Improvvisamente ero giù di corda; quell'individuo aveva acceso la mia curiosità e provavo un senso di frustrazione per non poterla soddisfare. Non l'avevo mai visto, ne ero certo, e non era nemmeno un personaggio di fama nell'ambiente, altrimenti me ne sarei ricordato. Eppure aveva l'aria di uno spaziale navigato ed esperto. Possibile che non mi richiamasse nulla alla mente?

Un'ora più tardi, un po' brillo, tornai dallo strano tipo e lo invitai nuovamente a misurarsi con me nel gioco.

- No - mi ripeté. - Una volta ero in gamba... vinsi persino contro un computer HAL 10000. Mi fu fatale... Ma non per la partita. Da allora non gioco più.

Parlava con voce leggermente impastata dall'alcool, ma la mente era lucida. Appariva pacato, tranquillo... e io fiutai subito una storia avvincente.

Sedetti al suo tavolo e gli offrii dell'altro liquore per invogliarlo a proseguire. Si richiuse subito, come una conchiglia che protegge la sua perla, e non disse più nulla finché alla chiusura del bar se ne andò, ubriaco ma ancora saldo. La sua perla doveva essere molto grossa, ma nera e opaca.

Scoprii il mistero qualche giorno più tardi.

* * *

Lo spaziale aveva preso ad andare al Bar di Betty Blu ogni sera. Sedeva sempre allo stesso tavolo, con la sua bottiglia di vurguzz. Non capivo come un uomo della sua tempra apprezzasse quell'orrendo liquore. Si dice che il vurguzz sia distillato dalle zampe di rane venusiane, ma è un'evidente leggenda, dato che su Venere non c'è mai stata traccia di vita indigena (inoltre il vurguzz ha cominciato a essere prodotto prima dell'esplorazione di Venere, centinaia di anni fa). In realtà esso si ottiene da un vino di prezzemolo prodotto dai bianchi di Ofelia; non è malvagio, ma è fortemente aromatizzato con menta e anice. Trovo sgradevole il suo sapore dolciastro, da donnicciole terrestri, ma a volte mi piace berlo diluito in acqua: è dissetante, nelle afose serate estive.

Al Bar di Betty Blu ne bevvi tanto, e liscio: sedevo davanti allo strano individuo, offrivo una bottiglia e gli chiedevo inevitabilmente di giocare una partita. Lui sorrideva un po' triste e declinava l'invito. Per me era diventata un'ossessione. Non sono mai stato un fanatico del "nobil gioco" né ho mai partecipato a tornei ufficiali, ma gli scacchi mi hanno sempre interessato. Forse erano anche un mezzo per vendicarmi del mondo, o semplicemente per avvicinarlo, dato che sono di natura schiva e riservata.