La fantascienza e le tematiche ambientaliste.

La sf ha capito, più o meno all'epoca in cui lo capivano tutti, ma con più civetteria, che il mondo rischiava di esplodere per l'insensata pressione esercitata sull'ambiente dalla nostra specie. Perché colpevolizzarsi, del resto? Se le termiti avessero un civiltà appena appena tecnologica, e potessero fare di testa loro, distruggerebbero la Terra più rapidamente di noi.

Bradbury disse: "I'm not trying to predict the future, I'm just doing my best to prevent it". Qual è il peso della letteratura fantascientifica nella trasformazione della società? Deve accontentarsi di "prevedere" o può modificare il corso della storia in modo da "prevenire"? O, ancora, può vantare una capacità di trasformare radicalmente le cose?

Assolutamente no. La fantascienza è una branca, se pur speciale, della letteratura, e la letteratura non esiste quasi più: l'unico scrittore riconosciuto, oggi, è il professionista che pubblica tot romanzi all'anno, mentre non è più concepibile alzarsi la mattina, o tornare a casa la sera, e scrivere soltanto per il proprio piacere/dispiacere, senza altre ambizioni. Non è più ammesso il dilettante, insomma: il mondo meccanizzato ed efficiente non sa che farsene. Tornando alla fantascienza, che del tutto venale non è, essa non può cambiare niente, ma può dare l'impression di farlo: è questo che le si chiede, in definitiva. Quanto a Bradbury, è un pasticcione. Evitare il futuro? Prevenirlo? Be', guarda che fine ha fatto la sua America rurale, il suo Midwest incantato: era già morto nel 1945, quando lui cominciava a scrivere sul serio, e i suoi primi racconti ne erano l'accettabile eulogia. Ma adesso...

Ci sono autori, nel campo della fantascienza (non necessariamente letteraria) che hanno avuto problemi o difficoltà nel rapporto con il potere, politico o economico che sia?

In Russia credo di sì, altrove molto meno. Ma naturalmente, essere poveri in canna in America vuol dire aver problemi con il potere economico, no? Be', questo è capitato a qualcuno.

Il 2000 è arrivato, ed è apparso meno fantascientifico di come lo immaginavamo fino a dieci-quindici anni fa: niente viaggi organizzati nello spazio, niente automobili che viaggiano su cuscinetto d'aria, niente robot umanoidi a farci le pulizie di casa. Eppure, molti aspetti fantascientifici si sono realizzati o si stanno realizzando: la rete telematica, per quanto ancora primitiva, collega ormai buona parte delle case di tutto il globo; sono stati realizzati i primi organi bionici; i cibi transgenici sono una realtà con la quale ci troviamo a fare i conti nel bene e nel male; è stato mappato il 97 per cento del genoma umano e si parla sempre più di clonazione; ci sono persone che vivono stabilmente su basi orbitanti intorno alla Terra. E molto altro ancora, soprattutto nel campo della medicina. In che modo gli scrittori di fantascienza negli ultimi anni tengono conto di questi cambiamenti, soprattutto dal punto di vista del rapporto con la politica?

Devo premettere che a me il 2000 è parso più fantascientifico di come lo immaginassi, non solo perché considero l'esserci arrivato un incredibile traguardo, ma perché è venuto come ogni futuro che si rispetti, senza che nessuno se ne accorgesse. Dovrò quindi adattarmi i termini della domanda. Gli scrittori di fantascienza si sono rivelati, negli ultimi anni, largamente impreparati a cogliere il mondo diverso, radicale e imprevisto in cui ci troviamo. Non hanno capito cosa avrebbe significato l'avvento di Internet, per esempio, ma anche altre cose... Non hanno capito che il mercato del libro, e lo scrittore stesso, si sarebbero meccanizzati peggio che nelle Argentee teste d'uovo. I migliori di loro si limitano ad analizzare ciò che accade, più o meno finemente, senza riuscire ad andare troppo oltre con l'immaginazione. Mi sembra, questo, un momento di stanca dell'immaginazione, forse perché essa è strettamente connessa con le capacità critiche che sono in declino.