Fine anni '70: la polemica italiana su "fantascienza e politica".

Remo Guerrini
Remo Guerrini
Allorché nel 1977 scoppiò sulle pagine della rivista Robot una accesa polemica sui rapporti tra fs e politica, l'ambiente dei lettori abituali apparve com'era da anni, cioè sostanzialmente impreparato. Era stato sufficiente - com'è ormai noto - un articolo, su quelle pagine, del giornalista Remo Guerrini in cui semplicemente si ribadiva una verità lapalissiana: la narrativa, ergo anche (direi: "soprattutto") la fantascienza, riflette le idee politiche di chi la scrive. Guerrini portava a sostegno alcuni esempi, del resto noti.

E' il caso di premettere che alcuni anni prima (1968) negli Usa due riviste, Galaxy e If, avevano entrambe pubblicato alcune pagine a pagamento contenenti due liste di nomi di scrittori di fantascienza, poste l'una di fronte all'altra: a favore o contro l'intervento americano nel Vietnam. Tra le 72 firme "pro" figuravano John W. Campbell, Hal Clement, Poul Anderson, Robert A. Heinlein, Jack Vance, L. Sprague de Camp, Jack Williamson, Larry Niven, Raphael A. Lafferty; "contro" erano in 82, fra cui Isaac Asimov, Ray Bradbury, Philip K. Dick, Lester del Rey, Philip Jose Farmer, Harry Harrison, Robert Silverberg, Fritz Leiber, Damon Knight, Ursula Le Guin, Norman Spinrad, Samuel Delany, Harlan Ellison.

Pare che questo elenco, negli Usa, non avesse sconvolto più di tanto.

Ad ogni modo, un nostro discorso su autori sf statunitensi "di destra" e "di sinistra" dovrebbe considerare la diversa realtà e storia degli Usa, che in alcuni casi ha creato degli ibridi. Per esempio, Heinlein è stato definito "fascista", soprattutto per certi suoi romanzi e racconti (Fanteria dello spazio, Storia di Farnham, Logica dell'Impero...), ma egli ha avuto anche i palpiti libertari di Straniero in terra straniera, testo che diventò una bibbia per i "Figli dei fiori" e per la "liberazione sessuale" a fine anni Sessanta. Indubbiamente RAH (autore di grossissimo mestiere) era un conservatore, ma di un conservatorismo definito da alcuni anarco-individualista (espressione a mio avviso inappropriata), contraddittorio ai nostri occhi. E quanto al Good Doctor Asimov, nonostante fosse intelligenza razionale e aperta, sovente i suoi scritti si cacciavano in... imbuti ideologici.

Basti pensare a Diritto di voto (1955), storia in cui si immaginava una "perfetta" società futura in cui per scegliere il governo sarà sufficiente "una" sola persona, in quanto indicata dal supercalcolatore di turno come elettore più rappresentativo (e non si trattava di un racconto satirico, tutt'altro!). E' anche vero che ci furono autori come Mack Reynolds (1917-1983), del quale ho già riportato vari titoli; aggiungo, trovandoci in tema, che per venticinque anni Reynolds fu attivista del Partito Socialista dei Lavoratori Americani (Socialist Workers Party USA). Nella sua raccolta di saggi Alla periferia di Alphaville (2001, ed. L'Ancora del Mediterraneo), Valerio Evangelisti riporta che Frank Belknap Long era marxista; Robert E. Howard - il creatore di Conan il Barbaro - di sinistra; mentre Howard Ph. Lovecraft ebbe tardive simpatie per Marx, come rivela il suo sterminato epistolario, parzialmente tradotto in Italia. Tutto ciò potrebbe sorprendere più d'uno, ma dimostra soprattutto quanto artificiose si siano rivelate certe etichette apposte su molti autori; e denuncia i decenni di grottesca incapacità della sinistra di "leggere" senza preconcetti il "fantastico"... Tranne rare eccezioni, si intende (mi riferisco ad alcuni scritti o prefazioni - fin dagli anni '70 - di Giuseppe Lippi, Riccardo Valla, e pochi altri specialisti).

Ma torniamo a Guerrini, il quale si richiamava alla lista dei "favorevoli" e "contrari", per commentare:

Basterebbero questi episodi a dimostrare che: 1) talvolta gli scrittori di fantascienza scendono dalle nuvole e pensano; 2) hanno quindi idee politiche; 3) queste idee, espresse, vanno a finire in misura minore o maggiore nei libri. Altrimenti gli scrittori altro non sarebbero che macchine da scrivere a due zampe, pertanto sostituibili da un qualsiasi robot. (...) La sf pesca nella politica (è bene sgombrare subito il campo: soltanto un imbecille può fraintendere la politica con l'adesione a un partito. Politica è compiere delle scelte, partecipare alla vita sociale, contribuire a determinarla, talvolta aderendo "anche" a un partito), e anzi vi attinge abbondante materiale: spunti narrativi e ideologici, argomenti. Trattare una storia secondo un'ottica invece che secondo un'altra significa già far politica, magari inconsciamente. D'altra parte, prove che negli uomini della sf la politica è presente proprio come scelta ideologica precisa ce ne sono a bizzeffe. Vediamone qualcuna.

Guerrini proponeva esempi tratti dalle bibliografie di vari scrittori. Ne cito alcuni, aggiungendone altri: John Brunner (Il gregge alza la testa, 1972), Norman Spinrad (Jack Barron e l'eternità, 1969), Robert Silverberg (Manoscritto trovato in una macchina del tempo abbandonata, 1973), Harry Harrison (Bill, eroe galattico, 1964). E poi classici come Il tallone di ferro (1894) di Jack London, Il Mondo Nuovo (1932) di Aldous Huxley, Noi (1922) di Evgenij I. Zamjatin, George Orwell e il suo celebre 1984 (1949; opera che teneva ben presente il modello di Zamjatin)... E così via. Su un versante ideologico ben preciso (di destra) erano altri autori citati, fra cui Ron L. Hubbard e il suo famoso romanzo L'ultimo vessillo (1940). Altre opere sulla scia di Zamjatin, i romanzi della scrittrice Ayn Rand, pervasi di veemente (ma un po' ingenuo) anti-comunismo: per esempio La vita è nostra (prima ed. italiana nel 1940).

Ebbene: l'articolo di Guerrini sortì un effetto devastante. Sintomo evidente di una diffusa debolezza, di un nervo scoperto. I Settanta erano stati il decennio di Piazza Fontana, della nascita delle BR, il caso Moro, le "gambizzazioni", gli scioperi a catena, cortei, scontri in piazza con feriti e morti, acuirsi delle tensioni tra destra e sinistra. Che in tale contesto qualche pagina su una pubblicazione di fantascienza (!) scatenasse il putiferio, la dice lunga sui tempi, ma soprattutto sul fanta-ambiente nostrano: ci furono prese di posizione nette su un fronte politico e sull'altro, accuse offensive all'estensore dell'articolo e a Vittorio Curtoni, direttore della rivista; la redazione fu inondata di lettere di plauso e di proteste; e in seguito si argomentò che proprio quell'articolo avesse innescato la parabola discendente di Robot (ma le cause furono altre).

Eppure da tempo anche in Italia si faceva, notoriamente, "politica" con la fantascienza. Un esempio lampante erano le edizioni Fanucci (vecchia gestione), per anni curate da Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco. Le introduzioni ai volumi avevano una dichiarata ottica di destra: come diversamente interpretare, infatti, il ricorrere abituale di riferimenti ai vari Julius Evola (teorico, fra l'altro, dell'antisemitismo e di un razzismo "spirituale" nella sostanza non dissimile dal razzismo biologico), René Guénon, e altri nomi legati alla tradizione specifica e del fascismo. Ma fino a quel momento nessuno in Italia (che io sapessi) aveva mai scalpitato tanto. Uno dei volumi più interessanti pubblicati da Fanucci fu il già citato Jack Barron e l'eternità di Spinrad. Quest'opera giungeva in Italia preceduta da una... accattivante fama di testo dal linguaggio scabroso e provocatorio; alla sua uscita sulla rivista inglese New Worlds, erano seguiti un'interrogazione alla Camera dei Comuni e il blocco della pubblicazione (pare infatti che la rivista usufruisse di fondi pubblici). Ebbene: nell'edizione fanucciana, la consueta introduzione re-interpretava, anzi a mio parere stravolgeva, gli assunti del romanzo in chiave di destra. Voglio dire, gli esempi sotto gli occhi c'erano, talora evidentissimi.

Altre pubblicazioni sulla stessa linea furono, a partire dalla fine dei Settanta e durante gli Ottanta, la diffusa fanzine-rivista romana Sf..ere, curata da Gianni Pilo; le riviste Dimensione cosmica e L'Altro Regno edite da Solfanelli (Chieti); i titoli delle edizioni Settimo Sigillo. Per portare esempi più recenti, alla fine del 2000 risale l'uscita del volume Fantafascismo! Storie dell'Italia ucronica, curato da Gianfranco de Turris (Settimo Sigillo) contenente undici racconti italiani. In essi viene immaginato che l'Italia ai tempi di Mussolini non sia entrata in guerra; o che il fascismo sia sopravvissuto diffondendosi nel mondo, o che la Resistenza abbia avuto esiti differenti; eccetera. Uno dei racconti 'fantafascisti' è di Mario Farneti e si intitola Occidente; si tratta di un frammento dell'omonimo romanzo pubblicato dalla editrice Nord nella prima metà del 2001. Esiste inoltre la casa editrice Il Cerchio (Rimini), che nella collana Fantàsia ha presentato spesso saggistica concernente la fantascienza e/o il fantastico: cito solo due titoli, Percorsi del fantastico di Giorgio Giorgi (1997), introduzione di G. de Turris, e Sotto il segno di Hermes, di Chiara Nejrotti (1996). I riferimenti bibliografici sono sempre chiari: Dumézil, Eliade, Evola, Guénon, Kerényi, Voglino, Sermonti, Morganti, de Turris e così via.

Personalmente avevo acquisito come ovvio l'articolo di Guerrini. E se nel 1979 Robot "morì", i motivi - si sarebbe scoperto a posteriori - erano sì in un fattore "politico", ma molto esteso: non ci eravamo accorti che il mondo era già cambiato, si stava involvendo sotto i nostri occhi; giungeva l'onda di un riflusso che per un decennio avrebbe spazzato via un variegato, ricchissimo mondo di fervore, iniziative, elaborazioni, attese... E quasi tutte le pubblicazioni di fantascienza. Robot inclusa; e anche la successiva Aliens, ibrido tentativo di far rivivere ciò che era già deceduto.

Come nota personale, aggiungo che avevo vissuto con viscerale partecipazione l'aprirsi della nostra fs a certi stimoli (io stesso avevo scritto storie dichiaratamente politiche, anche su Robot). Non eravamo certamente in pochi a ritenere che la fs fosse un medium ideale per certe istanze del momento. Avevamo bene a mente, con gli autori già citati, anche opere di scrittori come Lino Aldani (Quando le radici, 1977), Ugo Malaguti (La ballata di Alain Hardy, 1968), Vittorio Curtoni (La sindrome lunare, 1978), Giuseppe Pederiali (Cronaca dal Neolitico, 1978), Inìsero Cremaschi (Il quinto punto cardinale, 1964), Gianluigi Pilu (Gioco di specchi, 1978), Livio Horrakh (Tutto l'acido dell'Impero, 1977), Daniele Ganapini, Mauro Miglieruolo e tanti ancora: lavori se non dichiaratamente politici, accomunati tuttavia da una visione critica e/o da un desiderio liberatorio di ricerca, di alterità. E va sottolineato l'intenso apporto di discussione, elaborazione critica, idee, che da anni giungeva tramite pubblicazioni quali Un'ambigua Utopia (dell'omonimo Collettivo), Pianeta Rosso, Fantasia Sociale, Intercom (oggi presente in rete).

Fu un momento - un quinquennio, circa - breve ma magico; la sensazione di essere parte attiva in qualcosa che nasceva; e che una fs ricca di idee esplosive, alternative, d'autentica immaginazione al potere, potesse dare un suo contributo concreto, anche fuori del nostro ambiente.

Il nostro ambiente piccolo.

Piccolissimo.