L'"apoliticità" della fantascienza degli inizi. Anni '50 e "social science fiction"
Dai tempi di Amazing Stories (1926) il pubblico americano medio dei lettori di fs si è identificato preminentemente in una fascia giovanile della piccola borghesia moderata (se non conservatrice), e come tale mal disposta ad accogliere - o ammettere - interferenze d'altra natura nelle sue letture preferite: per esempio un discorso approfondito sul sesso, o temi con chiare implicazioni politiche. Gli scrittori, poi, dovevano adeguarsi alle richieste del mercato. Pertanto dalle pagine dei pulp non poteva che filtrare l'ideologia prevalente dell'epoca: una visione sostanzialmente aproblematica - anzi, agli inizi entusiastica - della scienza e della tecnologia, la certezza del primato dell'Homo Sapiens bianco (specie statunitense), un'idea di espansione illimitata (galattica) della cultura occidentale; la rimozione di alcune tematiche "forti". Nella convinzione di una presunta "apoliticità" della science fiction.
E' il caso che mi spieghi, a scanso di fraintendimenti: dai suoi inizi, si può dire, la science fiction ha sviluppato esempi di critica anche profonda nei confronti del reale. Non era certo difficile incontrare in alcuni racconti una presa di coscienza dei problemi ambientali (la sf ha inventato l'ecologia prima che il termine fosse coniato), o del razzismo, o la ricerca di un mondo a venire più evoluto e più a misura d'uomo. Basta riandare alla Macchina del tempo - 1896 - del socialista Wells, con le sue implicazioni sul futuro dei "privilegiati" e degli "sfruttati" (ma perfino in opere di Jules Verne si possono cogliere - sia pure in modo contraddittorio - momenti non conformisti, se non progressisti). Tuttavia la science fiction wellsiana aveva ascendenze in Swift, Stevenson, Defoe, laddove quella americana doveva fare soprattutto i conti col mercato dei pulp.
Fu solo dagli anni '50 che alcuni autori sf statunitensi presero a scrivere, consapevolmente, storie diverse in tematiche e stile. Nasceva quella che è stata convenzionalmente definita social science fiction. Nelle loro opere - solitamente ospitate dalla sofisticata rivista Galaxy - cominciarono a insinuarsi temi quali la contestazione del sistema, la revisione dei ruoli maschile e femminile, la denuncia di gruppi occulti di potere e dei meccanismi generatori di conflitti armati, la corruzione ai vertici della società, eccetera. Tematiche che venivano sviluppate con il ricorso al grottesco, all'iperbole, alla metafora.
In questo ambito, Frederik Pohl & Cyril Kornbluth ci raccontavano i letali condizionamenti della pubblicità (I mercanti dello spazio, 1952), o delle aziende sui propri dipendenti (Le ragioni di Rafferty, racconto scritto nel 1955 e che a lungo pare fosse volutamente... rimosso dall'editoria italiana), o la mercificazione generalizzata (Buon compleanno caro Gesù, 1957). Con sarcasmo e ironia Robert Sheckley sparava a zero sull'ideologia dei nuovi mass media (Sprezzo del pericolo, 1958) ma anche su una visione borghese dei sentimenti e dell'amore (Pellegrinaggio alla Terra, 1957). Pagamento anticipato (1956) di William Tenn giocava con delitto e castigo capovolgendone i termini, e Il problema della servitù (1955), dello stesso Tenn, era una ironica parabola sulla natura del potere. Il lastrico dell'inferno (1955), di Damon Knight, descriveva nuovi metodi di coercizione psichica dei cittadini. Varie storie di Mack Reynolds amplificavano le aberrazioni del libero mercato (Ed egli maledisse lo scandalo, Effetto valanga, Delitto nell'utopia, scritti fra gli anni '60 e '70); il suo paradossale racconto Interesse composto (1951) interpretava l'intera storia umana come risultato del... deposito in banca di un'enorme somma di danaro.
I frutti di questo approccio critico vennero raccolti dalle istanze coagulatesi intorno al Sessantotto, intorno alle suggestioni dell'universo rock, e nelle fila dei movimenti libertari, assumendo molte valenze, dalla contestazione politica a quella filosofico-esistenziale. Nel racconto Riva d'Asia (1968) di Thomas Disch, il protagonista scopriva l'arbitrarietà dei codici sottilmente impostici dai mass media e da convenzioni sclerotizzate, e ciò finiva col disgregare la sua personalità. Già in Pentiti, Arlecchino (1965) di Harlan Ellison, premiato con l'Hugo, c'era una stralunata rappresentazione dell'omologazione e della mercificazione del nostro tempo (quindi della vita) operate dalla "macchina" industriale.
Il 1969 fu l'anno del fondamentale La mano sinistra delle tenebre di Ursula K. Le Guin. Il romanzo narrava di un pianeta i cui abitanti - sostanzialmente umani - erano in grado di sviluppare indifferentemente l'uno o l'altro sesso nel breve periodo della loro fertilità; ne risultava una indagine fascinosa delle configurazioni culturali in una società senza ruoli sessuali fissi. I reietti dell'altro pianeta, della stessa Le Guin (1972), contrapponeva i pianeti Urras e Anarres, "uno luna dell'altro": il primo d'essi era teatro di uno spietato capitalismo, il secondo ospitava una società egalitaria, orgogliosamente edificata con fatica e rinunce, e ispirata ad un anarchismo tinto di francescanesimo.
La svastica sul sole di Philip K. Dick (1962), è un notissimo romanzo ambientato in un universo alternativo in cui le forze dell'Asse hanno vinto la seconda guerra mondiale. E' d'obbligo citarlo, non solo per il tema dichiaratamente politico (e comunque non nuovissimo). In quest'opera l'autore, in anticipo sul proprio tempo, proseguiva nella costruzione di un suo complesso universo in cui si sarebbero mescolati critica al razzismo e alle diversità in genere, analisi della "microfisica del potere", descrizione dell'indecidibilità del reale. Fu infatti soprattutto il diverso linguaggio della nuova sf anni Settanta (più che alcune tematiche dissacranti) a scavare in profondità nei meandri del reale e a stravolgere assunti considerati immutabili; ciò che la social sf dei '60, nonostante tutto, non era stata in grado di fare.
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