Comprendere tutto ciò non è un processo piacevole. Non è divertente rendersi conto che la famigerata stupidità umana non è un temporaneo effetto collaterale, un rimediabile incidente di percorso, bensì forse l'unica speranza di sopravvivenza della specie umana. Dite che sto esagerando? Mi piacerebbe che aveste ragione, ma non in una misura sufficiente a farmi credere che la realtà sia come a me piacerebbe che essa fosse.

Per anni ho discusso dell'argomento con vari amici, avvicinandomi progressivamente a queste conclusioni.

Ridotta all'osso, la domanda che ci si poneva era: in quale misura l'intelligenza è un vantaggio, ed in quali è uno svantaggio, ai fini della sopravvivenza?

Una domanda in sé abbastanza stupida, considerata la natura sfuggente del tema in oggetto; quello dell'intelligenza è infatti un terreno straordinariamente infido, anche perché la definizione di intelligenza non è semplice, né univoca. Prima distinzione: stiamo parlando di intelligenza dell'individuo o intelligenza della specie? Parlando di intelligenza si intende comunemente l'intelligenza degli individui, poiché in quanto individui siamo particolarmente idonei a riconoscere le caratteristiche che sono proprie di noi e dei nostri simili. Tuttavia, osservando su ampia scala temporale l'evoluzione delle varie specie animali e vegetali nel mondo, emergono evidenti sintomi di incredibile intelligenza, proprio al livello della specie (e non dell'individuo). Prendiamo ad esempio il papavero bianco, una pianta che - non certo casualmente - produce una resina, l'oppio, che contiene una sostanza quasi uguale all'ormone che l'ipofisi degli esseri umani (e ritengo anche gli altri mammiferi) produce per regolare il circuito del dolore/piacere. Ora, la domanda da un miliardo di miliardi è: come ha fatto il papavero bianco, nel corso della sua evoluzione, a sapere che gli conveniva produrre nella propria resina una sostanza affine all'endorfina, ma soprattutto come faceva a sapere com'era fatta a livello molecolare l'endorfina, dato che questo ormone è ben nascosto dentro al corpo degli animali, mescolato a tutto il resto? E' una domanda sconcertante, ed il discorso della pura casualità non mi convince per nulla. Si potrebbero fare migliaia di altri esempi. Il concetto è che, in tutta apparenza, le specie viventi (non gli individui) paiono essere intelligenti, molto intelligenti, ovvero architettano progetti - sviluppati nell'arco dei milioni di anni - troppo complessi per essere dovuti al puro concorso delle coincidenze casuali. Guardiamo la differenza che c'è tra una formica ed un formicaio: il formicaio ha un'organizzazione estremamente complessa che trascende di gran lunga la complessità psichica delle singole formiche. Negli esseri umani, diversamente dalla maggior parte delle altre specie viventi, l'intelligenza affiora in modo variabilmente spiccato anche al livello dell'individuo. La prossima domanda diventa quindi: a chi giova l'intelligenza dell'individuo umano?

In qualsiasi specie vivente, il valore dell'individuo è subordinato a quello della specie. Ogni individuo esiste quindi soltanto in funzione dell'utilità che esso rappresenta per la propria specie. Se la specie umana è giunta a produrre individui più intelligenti degli individui delle altre specie, questo significa che l'intelligenza degli individui umani è in sé qualcosa di evoluzionisticamente utile per la specie, cioè il formicaio umano, ma non necessariamente utile per gli individui stessi, dei quali, alla specie non gliene frega nulla. Diciamo con più precisione che la specie umana, per le sue imperscrutabili esigenze, ha bisogno di una modica quantità di individui intelligenti che ne catalizzino lo sviluppo, e di una gran massa di zombi che con la loro inerzia mentale ne garantiscano la stabilità. Per questo la percentuale degli individui sensibilmente intelligenti è da sempre bassa, e così sarà anche in futuro. Inoltre, alla specie nulla importa di ricompensare le proprie pedine intelligenti, dato che l'intelligenza ovviamente non è in sé un valore o un merito (da ricompensare), ma solo il simbolo che noi adottiamo per rappresentare la capacità di svolgere funzioni di particolare complessità. L'intelligenza dell'individuo risulta per l'individuo utile in senso evoluzionistico (cioè ti permette di sopravvivere ed arricchire) solo quando per caso coincide e si incastona bene con altre esigenze della collettività. Se l'intelligenza individuale fosse di per sé una caratteristica evolutivamente utile all'individuo, per la legge della selezione naturale il mondo pullulerebbe oggi di individui geniali mentre gli stupidi si sarebbero da tempo estinti. La realtà dei fatti dimostra che l'intelligenza non e' affatto evoluzionisticamente utile all'individuo che ne ha parecchia, e l'assoluta predominanza degli scemi nel mondo ci fuga gli ultimi dubbi a riguardo. L'intelligenza dell'individuo umano giova quindi alla specie, non all'individuo che ce l'ha.