In oriundi siciliani come chi vi scrive, l'ormai onnipresente personaggio di Salvo Montalbano dovrebbe istintivamente suscitare sentimenti di comunanza e simpatia. Invece, lo confessiamo, la sensazione più forte che la vicenda editorial/televisiva del commissario di Vigata provoca in noi è una stupita perplessità.
Il fatto che un autore scelga di ritagliare per il suo personaggio un abito stra-abusato come l'uniforme di un tutore della Legge e dell'Ordine (in assoluto, crediamo, il ruolo più gettonato dalla fiction), e nonostante il peso del battaglione di suoi illustri predecessori riesca a portare alla notorietà e poi al successo tale personaggio ci lascia davvero stupefatti.
E invidiosi, aggiungiamo. Ma ci pensate? Noi miseri scrittorucoli mortali spremiamo i nostri altrettanto miseri cervelli alla ricerca di storie originali, di ambientazioni innovative, di temi non convenzionali, di personaggi fuori dalla tradizione. L'idea nuova! mormoriamo la notte agitandoci sudati tra le lenzuola dei nostri letti di dolore Datemi l'idea nuova! E poi arriva Camilleri con il più classico dei poliziotti alle prese con le più classiche delle indagini sui più classici dei delitti passionali di provincia e vende romanzi a camionate e finisce in televisione in prima serata e si fa un sacco di soldi e diventa più famoso di una rockstar. Roba da gettare il word processor alle ortiche e darsi all'allevamento dei lombrichi!
Oltre a dar atto ad Andrea Camilleri di aver saputo usare alla grande il meccanismo della serializzazione (che ha portato fortuna a tanti autori come, ad altri livelli, lo stesso Evangelisti), dobbiamo comunque ammettere che qualcosa di letterariamente nuovo, nei romanzi di Montalbano, c'è. Non si tratta tanto della camillerilingua, quella sorta di dialetto agrigentino virato in linguaggio narrativo che consente al lettore siculo di Montalbano di divertirsi in un gioco di echi (salvo poi essere apostrofato come deficiente dal figlio cui aveva intimato di usare a scuola solo l'italiano) e a un lettore non-siciliano di provare al termine del romanzo un effetto estraniante da solutori di cruciverba crittografati (a numero uguale si sostituisca lettera uguale).
No, il novum è l'approccio investigativo del buon Montalbano. Camilleri dà un vigorosa spazzata a tutti i luoghi comuni delle detective stories ambientate in Sicilia, con i loro tradizionali background di mafia, pallettoni, lupare bianche, padrini, appalti e politici corrotti. La Sicilia di Montalbano, al contrario, è una provincia sonnacchiosa dominata non già dai ben noti dolorosi problemi (Il traffico, direbbe il personaggio di Johnny Stecchino) ma da una pandemica e virulenta attività fornicatoria extra-coniugale, cui il 99% dei crimini si riconduce.
In una variazione sul tema di Freud che imputava tutti i disturbi psichici alla sfera sessuale, nelle storie di Montalbano Camilleri riconduce inevitabilmente ogni atto contro la legge nella vicenda di una moglie che cornifica il marito e/o di un marito che cornifica la moglie. Qualunque indagine che non porti a una simile conclusione viene normalmente snobbata dal commissario/bongustaio di Vigata, che di fronte a ogni accenno di estorsione/furto/aggressione non a sfondo sessuale usualmente commenta, con gioviana superiorità: "Di queste cose di occupano i Carabbinera".
E' questo approccio la chiave del successo di Montalbano? L'immagine di una provincia siciliana più peccaminosa di Peyton Place vende perché stuzzica gli istinti pruriginosi del lettore? O perché, ipotizziamo in una provocazione che speriamo non offensiva, vende perché è un'immagine che piace più di quella vera?
Con questo interrogativo sospeso come cirri sulla vetta dei Nebrodi vi lasciamo alla lettura del falso Camilleri, da gustare accompagnato da un buon Marsala e da un megavassoio di cannoli alla ricotta e gianduia. Buona digestione!
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