L'altro dato essenziale di Astrotau è che per parecchio tempo scavò una fossa di sfiducia nei confronti di mio padre. Non per la storia dei dolciumi, che si risolse subito. No. Il fatto è che tutti i mesi mi arrivava questa rivistina, che per me era una fetta essenziale dell'universo almeno quanto Urania, e già lui (si chiamava Alberto, magari una volta lo posso anche dire) la degnava di scarsissima considerazione. Ma il dato grave era un altro. Il mensile mi assicurava che i racconti, il romanzo, gli articoli erano scritti dai più celebri autori della fantascienza mondiale; e siccome io vedevo in mio padre la massima fonte di saggezza fantascientifica (era stato lui a iniziarmi, lui portava a casa Urania), gli chiedevo, ad esempio: "Papà, chi è questo J. Donald Ross? Cosa ha scritto?" E lui: "Mai sentito nominare." Oppure: "Papà, quanti romanzi hai già letto di E. O. White?" E lui: "Nemmeno uno." Oppure: "Papà, quanti capolavori di Leo Harold sono già stati pubblicati?" E lui: "Zero. Ma chi è?" Io lo guardavo con occhio torbido di sospetto, astio, rancore, e pensavo: "Ma tu sei un abisso di ignoranza! Sei un bluff! Dici di conoscere tutti i più grandi autori di fantascienza, e nulla sai di queste menti geniali! Che schifo."
Naturalmente, col senno di poi mi rendo conto che quel giornalino fatto a Milano era dovuto solo ed esclusivamente a ignoti italiani che scrivevano sotto pseudonimo, magari "impiegati di concetto" della Buitoni-Perugina che si rompevano pure l'anima nel trovarsi costretti a scrivere quelle idiozie per vendere caramelle ai bambini. Chi lo sa: questo è un piccolo universo nel quale bisogna ancora scavare. Ma io, in quei giorni, soffrivo l'ignoranza di mio padre come una pugnalata al cuore, e non gliel'ho perdonata per parecchio tempo, e in effetti non me ne sono mai scusato, e se permettete approfitto dell'occasione per farlo.
Very sorry, papà. Però me lo potevi anche dire che erano nomi tarocchi, eh! O non lo sapevi nemmeno tu?
Quanto è durata l'avventura di Astrotau? Non lo so più. Ho conservato con sommo amore il materiale, tessera compresa, fino agli anni Settanta; poi, in un impeto di generosità dissennata, ho regalato tutto a un collezionista/appassionato di Milano, Aurelio De Grassi, un tipo del quale prima o poi dovrò parlare, e tanti saluti. Oggi posseggo un numero della rivista (giugno 1960, anno II, n.6) grazie alla generosità di Andrea Jarok, che me lo ha regalato, ma il resto si è perso nelle nebbie del tempo. Il mensile ha proseguito senz'altro fino al 1961, forse al 1962. Ricordo che quando mi arrivò l'ultimo numero, con l'annuncio della fine delle pubblicazioni, piansi come una fontana; un evento che mia madre non seppe mai spiegarsi. Certe cose non si confessano nemmeno sotto tortura.
E' stata un'avventura unica, irripetibile, ma forse tutte le avventure dell'infanzia lo sono. Solo che questa aveva i suoi caratteri speciali. E posso aggiungere che negli anni ho scoperto altri confratelli di fede astrotauiana, anche nomi ben conosciuti nel campo della fantascienza italiana, come Virginio Marafante, Giovanni Mongini e Pierfrancesco Prosperi. Tutti antichi marinai del nostro cosmo fantascientifico. Però questa è una storia di quando eravamo bambini, ammesso che abbiamo mai cessato di esserlo.
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