Il progetto si chiama Blue Brain e ha dello straordinario: riprodurre nel dettaglio un cervello in un supercomputer. Henry Markram, giovane ricercatore sudafricano da diversi anni ormai attivo nel campo della neurologia, ha all’attivo studi sulla formazione della memoria e sull’interconnettività tra i neuroni. Sarà lui a dirigere il team di scienziati dell’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL) nell’ambito della collaborazione con l’IBM che si propone di ricostruire il modello funzionale di una colonna della neocorteccia, la parte più grande e complessa del cervello nei mammiferi. Una colonna ha una dimensione media di 0,5 millimetri per 2 ed è costituita da un numero di neuroni compreso tra le 10.000 e le 80.000 unità. Per riprodurre il modello dettagliato di tutte le connessioni al suo interno, il team di Blue Brain utilizzerà il sistema Blue Gene, uno dei supercomputer più potenti del mondo, provvisto di circa 8.000 processori: un hardware responsabile delle sue straordinarie capacità elaborative, pari a 22,8 teraflop, qualcosa come 23mila miliardi di operazioni al secondo. E il progetto non si arresta alla riproduzione del modello, perché la seconda fase contempla la “clonazione” della colonna in un numero crescente di copie, fino a ricreare la corteccia nella sua totalità e, in prospettiva, spingersi fino alla complessità dell’intero cervello.
Finora la decennale esperienza dell’équipe di Markram ha portato, attraverso la ricerca sul campo, al più grande archivio di dati empirici sulla microarchitettura della neocorteccia. Adesso, insieme ai ricercatori dell’IBM, Markram ha messo a punto un sofisticato pacchetto di software che, mediante la reciproca interazione, potranno recuperare l’informazione dal database di Blue Brain per ricreare le proprietà molecolari, anatomiche e fisiologiche della struttura neocorticale, fornendo in questo modo un modello dettagliato del funzionamento di una colonna.
Obiettivo di Blue Brain è ovviamente una migliore comprensione dei processi neurali complessi, quali il pensiero, la memoria e l’elaborazione della percezione. Ma Blue Brain potrebbe anche aiutare a spiegare alcuni malfunzionamenti del microcircuito neocorticale che sarebbero all’origine di patologie come l’autismo, la schizofrenia e la depressione. Per il momento, il gruppo di Markram ha realizzato modelli tridimensionali di tutti i principali tipi di neuroni conosciuti e attraverso il modello elaborato è in grado di simularne il comportamento individuale in modo molto accurato. Blue Gene, che è l’ottavo supercomputer più potente al mondo, sarà tuttavia appena sufficiente ad avviare il progetto, riuscendo a emulare fino a 50.000 neuroni complessi (equivalenti a 100 milioni di neuroni semplici) quasi in tempo reale. Il prototipo software appena ultimato allocherà un neurone per ciascun processore, anche se alcuni ne simuleranno più di uno in quanto impegnati solo in una parte del loro potenziale di elaborazione. Per superare questa soglia, come dichiara lo stesso Markram, sarà necessaria molta più potenza di calcolo: è questo, attualmente, il fattore limitante del progetto. Nelle versioni future del programma, si prevede di allocare molte più risorse, arrivando fino ad alcune centinaia di neuroni complessi per ciascun processore.
Il passo più interessante della ricerca è però ancora lontano a venire. La replica della colonna neocorticale in migliaia di copie, infatti, riuscirà a creare un modello complessivo dell’intero cervello, fornendo una chiave utile per l’interpretazione delle dinamiche neurali. Ma non è tutto. Il modello elaborato dall’EPFL include sia un certo grado di stocasticità della comunicazione sia il rumore di fondo caratteristico di ogni ambiente reale, e di quello neuronale in particolare. In conseguenza di questo fatto, le sue risposte non saranno completamente deterministiche, ma quanto più fedeli possibili alla realtà fisica del sistema nervoso. Il software, inoltre, è stato sviluppato in maniera tale che, secondo una dinamica ampiamente consolidata nello studio delle reti neurali, possa auto-organizzarsi sul lungo periodo, per raggiungere attraverso l’apprendimento e l’esperienza un dato obiettivo. In condizioni simili, sussiste quindi la possibilità che Blue Brain arrivi a sviluppare nel corso della sua evoluzione una forma primitiva di autocoscienza. Interrogato sulla questione, Markram è stato comunque abbastanza prudente. “Se immaginiamo che la coscienza possa emergere in seguito al superamento di una massa critica di interazioni, allora ritengo che sia possibile” ha dichiarato. “Ma, dato che non sappiamo esattamente cosa sia la coscienza, trovo molto difficile azzardare una risposta”.
Quello che è ben chiaro al lettore affezionato di fantascienza, è l’importanza di un simile progetto tale da generare attesa e curiosità per i suoi risultati. Lo spettro di Invernomuto (o, se preferite, Neuromante) incombe sul nostro futuro. Forse non dovremo attendere ancora a lungo, per vedere trasformate in profezie le fantasie di William Gibson e soci.
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