Chissà: forse il cinema di truffe e rapine con le sue regole e con i suoi finali a sorpresa ha veramente lasciato il tempo che trova. Siamo diventati insensibili? Oppure siamo saturi di un cinema di criminali più o meno gentiluomini che la fanno sempre franca conquistando la ragazza più bella del film? Al di là di quali siano le risposte, probabilmente non hanno alcun senso se in relazione a Ocean’s 12, giocattolo da diversi milioni di dollari interpretato da un numero impressionante di astri di prima grandezza del cinema hollywoodiano ed europeo. Il seguito del fortunatissimo Ocean’s 11 a sua volta remake di Colpo Grosso interpretato da Sinatra & Co., è un meccanismo perfetto dal punto di vista della costruzione, come nella tradizione del cinema di Steven Soderbergh. Eppure, sembra decisamente privo di un’anima appartenendo a quella categoria di ‘stile alla ricerca di contenuto’ che sempre più di frequente ci capita di vedere al cinema. Noioso? No. Soltanto che non riusciamo mai davvero ad appassionarci nella storia dei criminali che – stavolta – devono restituire i 160 milioni di dollari rubati nel primo film al boss di Las Vegas che ha scoperto il loro trucco.
Dominato da un’eleganza eccessiva, questa derivazione iper glamour del cinema di guardie e ladri è ambientata in Europa. Tra Parigi, Amsterdam e Roma i nostri ‘antieroi’ dovranno mettere a segno una serie di colpi perfetti nella tradizione dei grandi ladri del passato. Soltanto che rispetto alla trama originale abbiamo una serie di variabili in più: Catherine Zeta Jones interpreta un’astutissima agente di polizia che essendo figlia di un famoso ladro (piccolo cameo di Albert Finney…) è determinata a fare giustizia. Eppoi c’è la versione postmoderna di Arsenio Lupin portata sullo schermo da un fascinosissimo (e fortunatamente molto ironico…) Vincent Cassell. E’ lui il più grande ladro del mondo? Sicuramente ne è convinto e vuole eliminare i suoi pericolosi rivali.
Film che sembra nascere da un punto di incontro tra i romanzi d’appendice e l’ipertecnologia dei giorni nostri (c’è addirittura l’uso di un ologramma a 3D…) Ocean’s 12 risulta, forse, un po’ troppo lungo, buonista e stiracchiato per essere divertente. Certo ci sono bellissime donne e bellissimi uomini, ma essendo il cinema qualcosa di più del semplice sfogliare una rivista patinata, è lecito domandarsi se non sarebbe stato il caso di gigioneggiare di meno e lavorare di più su una trama così, così.
Il momento peggiore lo abbiamo quando Soderbergh gioca al cinema nel cinema: il personaggio di Julia Roberts fa finta di essere Julia Roberts per tentare il ‘colpo gobbo’. Soltanto che nel film arriva Bruce Willis che interpreta Bruce Willis (lo prendono in giro più volte per Il Sesto Senso) pronto a smascherare l’inganno con una telefonata alla vera Julia Roberts. Divertente? Insomma... Forse il gioco di humour è un po’ debole soprattutto per l’atmosfera di grande compiacimento generale che riscontriamo nell’intero lungometraggio. Tutt’altro che brutto. Anzi. Soltanto che alla fine ci troviamo dinanzi ad un prodotto fiacco, che per quanto brillante sembra mancare eccessivamente di consistenza in quanto figlio di un effimero hollywoodiano più di natura commerciale che artistica o di contenuto. Doveva essere diversamente? Probabilmente no. E allora perché pretendere qualcosa di più da un film natalizio? Alle volte la stima non serve: bisogna guardare alle ragioni produttive di una macchina produci soldi e divertimento a buon mercato.
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