La trama: All’interno del museo parigino del Louvre, tempio dell’arte e della cultura, è avvenuto un delitto. Il curatore Jacques Sauniere è stato assalito da uno sconosciuto ma prima di spirare ha fatto in tempo a lasciare un misterioso messaggio in codice che lo studioso americano Robert Langdon dovrà cercare di decifrare. A lui si affianca nella ricerca della verità Sophie Neveu, agente del dipartimento di crittologia della polizia giudiziaria. Mentre nella capitale francese le indagini vanno avanti arriva a Roma da New York il vescovo Manuel Aringarosa, un pezzo grosso dell’Opus Dei con una missione importante (e segretissima) da compiere...
Il codice da Vinci è un ingegnoso romanzo dalla doppia anima, il che spiega forse come mai sia diventato un fenomeno editoriale di proporzioni enormi in grado di avvincere i lettori di mezzo mondo. L’aspetto più immediatamente godibile è quello legato all’intreccio poliziesco da risolvere, sviluppato ricorrendo anche all’uso di messaggi in codice, rebus e simboli che faranno felice ogni appassionato di enigmistica. Lo sviluppo di questo aspetto del libro è condotto con fare da solido mestierante da parte di Dan Brown, che già nei suoi precedenti romanzi (questo è il quarto) è andato affinando il suo evidente intento: quello di scrivere il best seller perfetto. Stando allo strepitoso successo ottenuto con questo suo Codice pare esserci riuscito, almeno dal punto di vista prettamente commerciale. A una funzionale descrizione dei personaggi alterna un sapiente uso dell’indizio, portando avanti la narrazione con capitoli mai troppo lunghi e inserendo qua e la qualche tocco umoristico per allentare la tensione, compito affidato in particolare al personaggio di Leigh Teabing, eccentrico lord inglese ossessionato dalla ricerca del mitico Santo Graal. Ma ancor più stimolante si rivela essere l’altro aspetto, quello nel quale Brown applica il concetto del What if...? ben noto ai lettori di fantascienza, cosa sarebbe successo se... Solo che invece di applicarlo ad una storia futura propone una sorta di storia della religione alternativa nella quale in pratica la Chiesa avrebbe volutamente occultato e manipolato la verità sulla vicenda di Gesù Cristo per fini molto terreni, legati ai benefici del potere. Nonostante il romanzo rientri a pieno titolo nella categoria della narrativa d’intrattenimento molti cattolici si sono sentiti punti nel vivo. Anche il solitamente moderato settimanale Famiglia Cristiana ci è andato giù pesante, definendo il libro “spazzatura” e sostenendo che dietro il tutto “c'è una pervicace e sistematica volontà di calunnia diretta contro la Chiesa cattolica” (F.C. 26/2004). Ancora più adirata la reazione alla fiction browniana da parte dell’Opus Dei, chiacchierata prelatura vaticana, che sul proprio sito internet italiano ha collezionato una vasta collezione di articoli tutti miranti a smantellare quanto scritto dall’autore del romanzo. “Falsificazione”, “imbroglio”, “codice truffaldino”, questi vocaboli che ricorrono frequentemente in tali articoli. Insomma gli opusdeini questo planetario successo editoriale lo hanno vissuto veramente male e preso molto sul serio. La critica più ricorrente vuole che Brown abbia attinto da fonti inattendibili ma pare non tenere conto del presupposto stesso dal quale l’autore è partito: ovvero che le fonti solitamente ritenute attendibili, ovvero quelle ufficiali, sarebbero in questo caso proprio quelle manipolate, censurate e alterate nel corso dei secoli dalla Chiesa, che avrebbe tramandato e avallato solo quei documenti che riportavano una versione della storia consona al proprio tornaconto. Secondo un sondaggio condotto oltreoceano nei primi mesi del 2004 pare che oltre la metà della popolazione americana consideri la Bibbia un libro che racconta eventi storici. Di fronte a tali sconcertanti dati viene da pensare che forse un semplice romanzo come questo possa se non altro invitare a un piccolo, semplice processo mentale: e se le cose fossero andate in modo un po’ diverso e tutto quello che ci hanno raccontato sin da bambini non fosse esattamente e completamente La Verità? Il codice da Vinci colpisce nel segno proprio quando ci spinge a chiederci su quanto mai accurata possa essere la ricostruzione della storia così come viene generalmente insegnata. Ancora di più in un campo come quello delle credenze religiose, dove può essere ritenuto vero tutto e il contrario di tutto. La grande indignazione, a volte anche aperta aggressività, da parte di certi ambienti finisce quasi col rinforzare il sospetto che tutto sommato Brown abbia messo il dito su una piaga...
L’autore: Dan Brown, figlio di un professore e di una storica di musica sacra, prima di dedicarsi alla scrittura era un professore di lingua inglese. Dal 1996 lo si può considerare uno scrittore di professione: i suoi primi due romanzi, Digital fortress e Deception point, sono tecno-thriller che esplorano i delicati confini tra diritto alla privacy personale e quelli legati alla sicurezza nazionale. Nel suo terzo romanzo, Angeli e demoni (Angels and demons) introduce il personaggio di Robert Langdon, il professore di Harvard esperto di iconografia e arte sacra che è al centro anche di Il codice da Vinci. La moglie Blythe è lei stessa una storica dell’arte nonché pittrice.
L’estratto: “L’ignoranza genera diffidenza” pensò Langdon.
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