Cieli Sintetici
di Emiliano Gokuraku Farinella
Dolce Venere di Rimmel
Un viaggio storico, critico e riflessivo sul cyberpunk: un fenomeno, un modo di vita, e soprattutto una letteratura. Forse la più significativa di questo scorcio di fine millennio.
"Il mondo che ci attende tra quarant'anni deve essere rigorosamente identico al nostro. Tornare indietro nel tempo, viaggiare nel passato, per il momento non è possibile; e così, per cambiare il futuro non resta che agire sul presente."
"A volte mi prende l'angoscia mentre cammino tra queste strade che conosco tanto bene e che sono, fondamentalmente, rimaste inalterate; come se il soffio del tempo, nella mia piccola città di provincia, fosse troppo debole per riuscire a scavalcare le mura medievali e combinare qualcosa di concreto con la realtà."
Impotenza e assoluta mortificazione della volontà di potenza. Di più, stagnazione e puzza di marciume che ti assale. Una condanna a un loop infinito che uomini affliggono ad altri uomini per mantenere intatta la specie, per difendere l'umanità da se stessa, per perpetuare il potere e lo sterminio delle volontà.
A volte prende l'angoscia a leggere questo racconto di Vittorio Curtoni. La dignità della volpe pare venuto dritto dal passato e invece ci descrive un possibile futuro che pare già quasi presente.
All'inizio pare tutto estraneo, molto logico e poco commovente, in perfetto parallelismo con quello che sente il protagonista del racconto. In più lui ricorda che all'inizio di questa storia era preso da una sorta di euforia, noi no. L'aria di marcio si sente fin dall'inizio, forse ereditata da quel lontano racconto del 1977 in cui la volpe fece la sua prima comparsa, La volpe stupita.
Poi il quadro inizia a chiudersi in un'assurda fissità da sconcertante déjà vu.
Quel futuro, c'è poco da dire, è identico al nostro presente. E il futuro simulato in cui Rupert (lo scienziato che nel racconto sta facendo degli esperimenti di simulazione elettronica del futuro) manda il protagonista per sondarlo e ispezionarlo è esattamente come lo potremmo immaginare noi.
Non c'è nulla di nuovo, nulla di sostanziale è cambiato, e nulla riesce a cambiare questo futuro simulato.
La fissità di quel quadro, e soprattutto la mancanza di fantasia di quel futuro danno la nausea. Non sembra una simulazione di un futuro realistico, ma la pessima descrizione di un futuro identico al presente di un mediocre scrittore di fantascienza. Nulla di sconvolgente e innovativo è avvenuto in quei quarant'anni che separano il tempo della storia dal futuro sondato con la sonda stocastica. Ci sono televisori da appendere a parete con lo schermo ultrapiatto, e stoviglie di plastica dall'aspetto molto prezioso.
Differenze banali. "Tutto questo è già nell'aria, è appena dietro l'angolo. Chiunque lo può immaginare."
Gli elementi fondamentali rimangono invece incrollabilmente fissi e immutabili. Da lì a quarant'anni la gente continuerà a rimanere incollata alla televisione o ai suoi discendenti, e assisterà passiva al succedersi di governi più o meno stabili l'uno dietro l'altro e assolutamente identici a se stessi, come se non fosse possibile altro per governare la Terra. L'unica soddisfazione resta veder punito e ucciso in televisione chi si tira fuori, chi si ribella, chi sbaglia. "La splendida morale del contrappasso televisivo", anche questa rimarrà immutata. Ma nulla di significativo interverrà invece per "variare gli assetti basilari".
Leggere e scrivere storie ci aiuta a ricordare chi siamo, ma anche a dimenticare un po' di noi. Ricordare significa anche mettere assieme le parti. A volte non tutte le parti. Così ricordare a volte vuol dire anche dimenticare, come scrivere storie vuol dire tirar fuori una parte di te e seppellirne un'altra.
Non so quali parti di sé abbia scacciato lontano Curtoni con questo racconto, da lettore leggero quale sono vedo più facilmente le parti di sé che egli ha voluto mettere. Quelle parti del suo mondo e della sua vita che non riesce a tener lontane quasi mai quando scrive.
Idee fondamentali che potranno non essere caratterizzanti né dell'uno né dell'altro ma che sono sempre presenti sia nella sua vita che nelle sue opere.
Quando chi sarebbe preposto a dir la verità, quando politici, governanti, giudici e giornalisti, iniziano a raccontare storie tocca a uno scrittore, magari uno scrittore di modesta fantascienza, iniziare a dire la verità. Gli toccherà iniziare dal basso, e iniziare a ribadire quelle quattro cosette che appaiono così assolutamente evidenti che nessuno ci fa più caso.
Così ne viene fuori un racconto. Un racconto come questo, un racconto come un sogno. "Uno di quei rari sogni tanto coerenti che non hai difficoltà a ricordarli".
evidente ed elementare, ma pare fantascienza. "Riscrivere il passato non basta. Orwell e Dick si sbagliavano. Quello che bisogna riscrivere è il futuro. Imporgli le coordinate che vogliamo noi."
Cosa crediamo di gestire, il nostro futuro? Crediamo che ci aspetti il futuro che ci immaginiamo noi?
Be', no. O quantomeno, forse.
Rupert sonda il futuro per individuare i fulcri, i punti focali della storia, i nodi di sviluppo del tempo. Vuole scoprire come risponde la storia ai suoi input per imparare quali siano le condizioni da stabilire perché l'uscita sia sempre la stessa, perché la storia rimanga fissa e immutabile.
Le varianti introdotte nella simulazione, tutti i tentativi di fornire un input diverso servono solo a identificare il limite di stabilità del sistema. Tutte le varianti introdotte servono solo a mantenere lo statu quo.
tutto molto limpido e ovvio. Stanno sperimentando un futuro così completamente simile al nostro presente perché è questo il risultato che vogliono ottenere. Introducono varianti, sconvolgimenti, sì, ma solo ben calibrati, al solo e unico scopo di non cambiare niente. Mai.
"Il mondo che ci attende tra quarant'anni deve essere rigorosamente identico al nostro. Tornare indietro nel tempo, viaggiare nel passato, per il momento non è possibile; e così, per cambiare il futuro non resta che agire sul presente."
L'universo, scrive Curtoni, cospira con Rupert per darci un'illusione di tranquillità. Dietro ai vetri pare essere sempre primavera, e ogni giorno è l'alba di una nuova era identica alla precedente.
Ogni mito, ogni obiettivo, ogni speranza ogni illusione per il futuro e per la nostra vita è fatta di bianchi e neri troppo netti. Mancano i grigi, il vero colore dell'esistenza.
Non abbiamo la verità, e per andare avanti non abbiamo bisogno di fasulle consolazioni, di stabilità artificiose. Per dirla con la LeGuin: "L'ignoto. L'imprevisto, l'indimostrato, è tutto questo alla base della vita. [...] Già. In realtà c'è una sola domanda alla quale si può rispondere, e noi sappiamo già la risposta... La sola cosa che rende la vita possibile è la permanente, intollerabile incertezza: non sapere che cosa verrà dopo."
Non abbiamo verità né certezze, ma non abbiamo bisogno né di idoli né di una artificiale e consolante stabilità. Almeno fin quando rimarrà una volpe al mondo a ricordarci della sua e della nostra dignità potremo ancora affrontare una notte crucca e assassina da soli e aspettare l'alba, quella vera.
Ora le tue labbra puoi spedirle ad un indirizzo nuovo, mia dolce Venere di Rimmel.
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