Parlare di Legge di Murphy proprio nel giorno della celebrazione del 1000° numero del nostro Corriere ha qualcosa di paradossale, ma lo facciamo senza paura che le cose possano andare davvero male, un po‚ perché dopo tutti questi anni siamo ormai vaccinati agli attacchi della famigerata "legge", un po‚ perché non è affatto dimostrata come avrebbero voluto farci credere. Il "caso" è stato portato alla ribalta qualche giorno fa da una notizia pubblicata da Repubblica.it e ripresa in maniera ancora più distorta anche da qualche notiziario radiofonico e televisivo nazionale. Il titolo annunciava "La Legge di Murphy esiste: un'equazione lo dimostra". Stesso tono è stato usato nei notiziari, come se fosse stato dimostrato scientificamente che "quando una cosa può andare male, lo farà".

Ebbene, come ben potete immaginare, niente di più falso. Tutto, va detto, è cominciato grazie a un'azienda, la British Gas, che sulla Legge di Murphy ha basato la sua ultima campagna pubblicitaria.

Allo scopo di sostenere tale campagna, la medesima British Gas ha finanziato uno sorta di studio scientifico sulla Legge di Murphy che è stato preso in carico da uno strano trio composto da un economista, uno psicologo e un matematico. L'equazione cui sono pervenuti i tre è la seguente: ((U+C+I) x (10-A))/20 x E x 1/(1-sen(F/10)), dove U sta per "Urgenza", C per "Complessità", I per "Importanza", A per "Abilità", F per "Frequenza", e infine E, che sta per "Esasperazione", tutte ovviamente in relazione all'attività che si intende intraprendere e di cui si desidera sapere se andrà male. A ciascuna variabile bisogna assegnare un valore compreso tra 0 e 9, mentre solo per E, sulla base dell'osservazione empirica, gli studiosi suggeriscono di attribuire un valore intorno a 0,7. Come vedete il discorso ha un approccio tutt'altro che scientifico. Si tratta in pratica di una formula che sulla base del valore, peraltro assolutamente soggettivo, che si dà a una determinata attività in termini psicologici e di abilità, fornisce un valore compreso tra 0 e 8,6. Secondo i tre studiosi, più il valore si avvicina al massimo, più le probabilità che le cose vadano male è alto. Ovviamente, questo non c'entra davvero con la Legge di Murphy, né tantomeno con una sua dimostrazione, ma è piuttosto una quantificazione numerica (molto arbitraria) di quanto noi stessi possiamo essere soggetti a commettere degli errori in determinate condizioni di stress (variabili Urgenza, Importanza ed Esasperazione), di capacità effettive a compiere quel compito (variabili Complessità, Abilità) e di esperienza in quel campo di attività (variabile Frequenza). A ben vedere dunque, i tre signori, David Lewis (lo psicologo), Philip Obadya (il matematico) e Keelan Leyser (l'economista) hanno scoperto l'acqua calda, cosa che in effetti deve essere molto importante per una società legata alla generazione e al trasporto dell'energia come la British Gas! Ma la cosa peggiore è che non solo Lewis e soci non hanno dimostrato alcunché, ma inevitabilmente nella loro formula non hanno potuto comprendere quel tragico umorismo, quella sottile, amara ironia nei confronti di come le cose nella vita hanno la tendenza ad andare, che la Legge di Murphy, impareggiabilmente, ci dà.