Harry Potter sta crescendo. Non solo nei romanzi a cui continua a lavorare l'inventrice del personaggio ma anche cinematograficamente. Il terzo anno alla scuola di Hogwarts vede i tre giovani protagonisti, Harry (Daniel Radcliffe), Hermione (Emma Watson) e Ron (Rupert Grint), affrontare anche lati sempre più oscuri del magico universo dei quali sono volenterosi studenti. Sirius Black (Gary Oldman), un detenuto della prigione di Azkaban, è evaso e pare si stia dirigendo proprio alla scuola di arti magiche e stregoneria. I Dissennatori, le guardie che hanno il compito di cercare di acciuffarlo, sono degli esseri spettrali che succhiano i ricordi felici dalla mante delle persone. Una delle creature care al buon Hagrid (Robbie Coltrane) è condannata alla decapitazione perché ha mandato in infermeria il sempre sgradevole Malfoy (Tom Felton). Il mondo della magia bianca contro quella nera sembra aver esso stesso delle ombre...

Su questo aspetto "ombroso" della vicenda verte anche visivamente la terza pellicola cinematografica della serie. Che c'era voglia di qualche cambiamento lo si era capito sin dalla scelta del regista. Il messicano Alfonso Cuaròn al posto dell'hollywoodiano Chris Columbus (che rimane comunque coinvolto come produttore). Cuaròn aveva già diretto per la Warner La piccola principessa e aveva già dato prova di sapersi districare con ambientazioni da fiaba. Certo è che con una filmografia che comprende anche l'acclamato e discusso film sull'adolescenza Y tu mama tambien poteva proporre un approccio nuovo al materiale. E così è stato. La scelta chiave è stata decisa a livello prettamente visivo. Harry Potter e il prigioniero di Azkaban è un film decisamente meno giocoso e colorato dei precedenti. Con il regista è arrivato anche un direttore della fotografia di prestigio come Michael Seresin, già collaboratore di Alan Parker in film come Fuga di mezzanotte, Birdy le ali della libertà, Angel Heart ascensore per l'inferno ed altri. Spicca una scelta cromatica tendente al grigio e che dunque valorizza le oscurità di questo universo fiabesco nel quale si muove il giovane Potter. Dopo i primi due film non dispiace questo aggiustamento di rotta: col passare degli anni non solo gli attori ma anche i personaggi crescono ed era forse le cosa giusta da fare quella di ridimensionare l'aspetto iconografico "magico" troppo da cartolina natalizia e che rischiava a lungo andare di diventare stucchevole. La sceneggiatura di Kloves rimane estremamente fedele al romanzo anche se per contenere il minutaggio asciuga sin troppo alcune parti esplicative e di contesto ma ha il pregio di andare dritta al sodo, anche (e questo certo va riconosciuto) grazie a quanto già stabilito dai precedenti due film. Si rivedono con piacere gli altri personaggi del cast fisso. E' un peccato che Maggie Smith non abbia più dare fare ma Michael Gambon prende con discrezione tutta britannica il posto della scomparso Richard Harris riducendo al minimo lo shock da sostituzione. Tra le novità un bravi meritato sia a Gary Oldman (Black) che al meno conosciuto David Thewlis (Lupin), il cui personaggio di professore "diverso" offre più di una possibile chiave di lettura. Sul piano del divertimento due donne offrono i momenti più gustosi: Emma Thompson è una strepitosamente svanita professoressa di divinazione e cartomanzia e dietro quegli spessi occhialoni non è difficile scorgere il talento di una grandissima attrice che non ha paura a mettersi in ridicolo. Più piccolo ma comunque gustosissimo il cameo di Dawn French, brillante attrice gallese popolarissima in Gran Bretagna (The vicar of Dibley) nelle tinte della Signora Grassa del dipinto. Nel complesso il terzo cinecapitolo di HP non delude le aspettative e apporta alcune coraggiose modifiche ad una serie che non può stancamente continuare a ripetere se stessa senza rischiare di ripetersi troppo.

Roberto Taddeucci