Afflitto da una serie di trailer che in maniera un po' inevitabile non rendono giustizia al suo vero spirito politico e innovativo, L'alba del giorno dopo - The Day After Tomorrow è, forse, il miglior film di Roland Emmerich, più maturo anche di Independence Day. E questo perché su un tema scientifico, Emmerich costruisce un disaster movie dal sapore fantascientifico e dalla forte ispirazione politica.
L'alba del giorno dopo - The Day After Tomorrow è in un certo il capostipite di un nuovo genere, un prototipo: il primo 'blockbuster di denuncia'. Un'aspra critica della mancata ratificazione del protocollo di Kyoto da parte degli Stati Uniti tramite l'esposizione di quello che potrebbe accadere un giorno in un futuro non troppo distante. Roland Emmerich quindi sfrutta la forza del paradosso fantascientifico per disegnare uno scenario inquietante anche grazie in virtù di effetti speciali decisamente sorprendenti nella loro iconica forza distruttiva. La trama vede protagonista un climatologo di fama internazionale come Dennis Quaid alle prese con una previsione inquietante: la fine dell'umanità così come la conosciamo per colpa dell'effetto serra con il conseguente innalzamento della temperatura, lo scioglimento dei poli e l'irreversibile alterazione delle correnti oceaniche fino ad arrivare alla creazione involontaria di una 'Super Tempesta Globale' in grado di riportare il nord del pianeta all'era delle glaciazioni. Ma L'alba del giorno dopo - The Day After Tomorrow è anche un film sui cosiddetti reversals of fortune ovvero i cambiamenti improvvisi che portano le civiltà al loro tracollo. E' in questo senso che va presa l'immagine dei cittadini americani in fuga verso il Messico con un vicepresidente degli Stati Uniti che parla alla nazione da un campo base in un paese considerato sprezzantemente fino a poche ore prima 'del terzo mondo'.
Come nel miglior film di fantascienza, Emmerich e il suo sceneggiatore Jeffrey Nachmanoff vanno ben oltre la mera distruzione del Nord del mondo, ipotizzando un futuro in cui gli abitanti di quelli che erano una volta i paesi più ricchi del mondo sono costretti a chiedere aiuto alle nazioni del sud del mondo.
Un film sulla civiltà e sul senso ultimo dell'umanità. Sugli uomini come tali a dispetto della razza, della condizione sociale e - soprattutto - della latitudine.
Scienza e fantascienza si amalgamano alla perfezione in questo film dove gli effetti speciali sono al servizio della narrazione e non viceversa.
E non guasta nemmeno la storia del figlio del climatologo intrappolato in una New York surgelata all'interno di una Biblioteca. La riflessione sulla fine della civiltà, la salvezza portata - nel bene o nel male - dai libri ha, come spesso capita nel cinema di Emmerich, un grande valore metaforico esattamente come quando vediamo il cosiddetto Hollywood Sign, ovvero la famosa scritta che campeggia sulla città del cinema, distrutta da un tornado.
Ironia, toni da commedia e leggerezza non mancano in questo film anche la spettacolarità è sempre temprata dall'elemento umano. Certo ci sono anche alcuni momenti eccessivamente mielosi, ma questo non toglie valore o spessore al tono complessivo della narrazione in un film eccezionalmente solido e compatto, in cui la forza visiva delle immagini imprime nello spettatore l'idea di uno spettacolo dall'atroce bellezza e dalla potenza orrorifica. New York coperta dai ghiacci, la razza umana minacciata dall'estinzione vengono sublimate nella visione dall'alto della Stazione Spaziale Internazionale da cui gli astronauti guardano - nel silenzio del cosmo - il caos cui è sottoposto il loro pianeta. Quiete eterna e distruzione, amore e speranza, fede e rabbia sono i tanti sentimenti che vivono i personaggi del film. In più, però, l'elemento politico determina nello spettatore un senso di forte inquietudine, nel vedere il proprio mondo oltraggiato dallo smog, dallo sfruttamento irrazionale e carico di cupidigia delle risorse, dalla crassa indifferenza dei politici alle tematiche ambientaliste e animaliste.
L'alba del giorno dopo - The Day After Tomorrow è un grande film di fantascienza perché pur usando tempistiche accelerate e iperboli narrative e visive, racconta uno scenario possibile se il nostro presente non vedrà nascere una nuova coscienza dell'ecosistema del mondo in cui viviamo.
Un 'J'Accuse' contro Bush e soci potente e interessante, in cui pur intrattenendolo Emmerich cerca di spiegare al pubblico cosa potrebbe accadere se il mondo restasse quello che è, così come lo conosciamo. Parlando del giorno dopo domani, il regista di Independence Day ci fa riflettere sul nostro presente e sulla nostra attuale condizione di cittadini e consumatori di risorse. Come ogni buon film e regista di fantascienza dovrebbero potere fare...
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