Secondo Andrei Ivanov, studioso dell'Istituto Vernadsky di geochimica e chimica analitica di Mosca, ci sono molte probabilità che il meteorite di Kaidun possa provenire da una delle lune di Marte, in particolare da Phobos. In un articolo pubblicato su Solar System Research, il geologo russo ha affermato di non aver trovato un canditato migliore di questo. In effetti sono più di due decenni che il piccolo meteorite caduto in una base militare sovietica nello Yemen il 3 dicembre 1980, tiene in scacco geologi e scienziati, poiché presenta caratteristiche diverse rispetto a tutte le altre 23.000 rocce cadute sulla Terra di cui si abbia catalogazione ufficiale. Del peso di 842 grammi e grande circa quanto un pugno, il meteorite di Kaidun presenta infatti minerali mai osservati in precedenza in rocce analoghe. Grazie all'impiego di un microscopio elettronico, e con l'aiuto di Michael Zolensky del Johnson Space Center della NASA, Ivanov ha studiato la struttura cristallina del meteorite trovando, tra le stranezze, due frammenti di roccia vulcanica che si formano solo in corpi planetari dotati di nucleo, mantello e crosta. Ma quello che davvero ha sorpreso Ivanov e Zolensky è il ritrovamento di una grande quantità di materiale ricco di carbonio che in genere si trova solo nelle composizioni degli asteroidi. Per questo, giacché si ritiene che, sia Deimos che Phobos siano asteroidi catturati dalla gravità di Marte, gli scienziati sono giunti alla conclusione che il meteorite potesse prevenire da una delle due lune marziane. I frammenti vulcanici potrebbero invece essere residui dello stesso Marte finiti sulla superficie della luna grazie all'impatto di altri bolidi sulla superficie marziana. Per questo motivo tra le due lune Phobos è il candidato più ragionevole solo perché la sua maggiore vicinanza al pianeta (6000 km dalla superficie) rende più probabile che frammenti di Marte possano essere finiti sulla sua superficie.
Meteorite da Phobos?
Sarebbe una spiegazione per un misterioso bolide caduto quasi un quarto di secolo anni fa
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Fonte: LeScienze.it, New Scientist
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