"Questa sera vi mostreremo otto sistemi per uccidere un uomo senza far rumore".
Inizia così l'ennesima sessione di addestramento del fuciliere Mandella (e degli sfortunati compagni d'armi) attraverso 1200 anni nel tempo, nello spazio e nei sentimenti. Lanciato tra le stelle collapsar in guerra contro i fantomatici Taurani, con lo scopo di compiere, sì, il proprio dovere, ma soprattutto di sopravvivere e di tornare a casa sulla Terra.
Una Terra che gradualmente stenta a riconoscere visti gli epocali cambiamenti che vi si susseguono, ma che a propria volta, sembra non avere più intenzione di accettarlo.
E' impossibile introdurre un libro come Guerra Eterna senza accostarlo all'illustre predecessore Fanteria dello spazio di Heinlein o peggio ancora copiando pari pari le pertinenti osservazioni di Valerio Evangelisti nell'introduzione. Il mio primo ed unico consiglio è quello di leggere oppure rileggere questo autentico classico che reputo, insieme a La porta dell'infinito di Pohl, il miglior romanzo di fantascienza dei '70. Sempre quest'opera verrà accostata a Fanteria, ma sempre più spesso le si riconosce quell'evoluzione morale e culturale che ha accompagnato l'interpretazione del comune tema di fondo: la guerra. Stavolta non più come sublimazione, non più come romantico rito di passaggio da adolescenza a maturità, ma come negazione di qualunque tipo di passaggio e di progresso. I soldati protagonisti stagnano quando non muoiono in quel limbo secolare (che nel mondo reale può durare pochi mesi o giorni), l'umanità percorre il suo inesorabile e disuguale cammino verso il futuro.
Nato a Oklahoma City nel 1943 ed ancora in ottima forma, Joseph W. Haldeman prima di esordire con il romanzo War Year nel 1972 ha conseguito la laurea in fisica giusto in tempo per "essere stato arruolato" come geniere e spedito in Vietnam fino al congedo nel '69 con onorificenza e ferite gravi. Come confermato dall'autore Forever War, vincitore nel '76 di Hugo e Nebula, rappresenta l'estensione fantascientifica del tutto fin qui riportato. Negli anni seguenti il nostro ha dato prova di grande eclettismo spaziando dallo spionaggio (Al servizio del TP II , 1977) all'avventura di Star Trek (Il pianeta del giudizio, 1977) alla poesia (Saul's Death, 1984). Ancora premiato con l'Hugo nel '77 per Tricentenario e nel'92 per Il paradosso Hemingway, negli anni '80 ha creato la maestosa trilogia di Worlds mentre negli ultimi anni si è cimentato con opere ambiziose quali 1968, romanzo bellico-autobiografico e Forever Free, sequel del suo capolavoro.
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