Dodici anni dopo l'autodistruzione del Terminator in una fabbrica, l'ormai ventiduenne John Connor continua a vivere "in incognito", senza casa né carte di credito, senza cellulare, né un lavoro fisso. Non esistono tracce della sua esistenza, continua a muoversi, a scappare da quell'incubo che sua madre Sarah ha tentato in tutte le maniere di evitare. Da quando Connor, scampando a due tentativi di omicidio, ha aiutato a evitare il Giorno del Giudizio in cui, divenute autonome, le sofisticate macchine di Skynet avrebbero mosso guerra all'umanità.
Eppure il ragazzo non riesce a togliersi dalla testa che quel futuro evitato in extremis grazie alla collaborazione di una macchina letale riprogrammata, potrebbe ricomparire. E stavolta lo fa in una forma insolita e al tempo stesso affascinante: il T-X ultima macchina sofisticatissima e (sotto apparenze umane) bellissima viene inviata indietro nel tempo per completare il lavoro lasciato a metà dal suo predecessore T-1000, questa macchina letale, tanto spietata quanto bella nelle sue sembianze umane, è infinitamente più potente, pericolosa e distruttiva di tutti i Terminator venuti prima di lei. Stavolta, però, Connor non è l'unico bersaglio di Skynet: l'ignara veterinaria Kate Brewster vedrà il suo presente pieno di speranze scontrarsi con un futuro inimmaginabile, che si realizzerà solo se riuscirà a sfuggire all'inattaccabile T-X.
Jonathan Mostow, regista di Breakdown e U-571, riesce a realizzare un film sorprendentemente interessante, evitando il confronto diretto con lo stile di James Cameron e puntando piuttosto ad una dimensione più fantascientifica della narrazione con tanto di finale, tutt'altro che consolatorio, a sorpresa. Terminator 3 è un film riuscito, perché riesce a distinguere due dimensioni narrative affini eppure non immediatamente consequenziali. Il Terminator interpretato da Schwarzenegger lascia spazio ad una serie divertente di citazioni e di scherzi, ma - al tempo stesso - ha un altro carattere rispetto le macchine dei due film precedenti. Truccato in maniera credibile con pochi segni dell'inesorabile incedere del tempo sul suo volto granitico, Schwarzy porta sullo schermo una macchina meno interessata all'umanità del suo predecessore, un androide destinato a compiere una missione e soltanto questa.
Riprendendo alcune suggestioni del cinema noir il suo nemico, stavolta ha le fattezze (e anche alcuni vezzi) di una bellissima donna su cui è stampata un'aria perennemente ironica. Ed è, forse, l'elemento femminile quello più determinante di una narrazione orfana del personaggio interpretato da Linda Hamilton. Se da un lato abbiamo la Terminatrix sexy e spietata, dall'altro lato abbiamo il personaggio di Claire Danes che - da un minuto all'altro - si trova catapultata dentro un incubo dal destino - apparentemente - già segnato. In un certo senso Terminator 3 è tutta una questione tra donne. Da un lato la macchina, erede ideale della perfida Futura di Metropolis di Fritz Lang (anche lì il tema del doppio era fortissimo...) dall'altro la sua antagonista, una ragazza come tante che un messaggero dal futuro annuncia destinata a ben altro avvenire. Una persona che pur offrendo uno scetticismo inevitabile fino all'ultimo, si trasforma pian piano lasciandoci immaginare come potrà diventare. In mezzo a tutto questo il povero John Connor interpretato da Nick Stahl e non più da Edward Furlong che - si mormora - sia stato scartato per i suoi problemi di droga e con la legge, nonostante abbia di recente interpretato un film di grande qualità come American History X, è un ragazzo dubbioso, che - soddisfatto di avere evitato già una volta la fine del mondo - è convinto che il futuro si possa cambiare e che nulla sia stato ancora scritto.
Rispetto al suo predecessore, poi, così come aveva già fatto in In the bedroom Stahl offre un'interpretazione tutta impostata sulla fragilità e - al tempo stesso - sulla sorpresa di doversi trovare ad avere a che fare con la materia di cui sono fatti gli incubi. Un ragazzo che rifiuta a se stesso la definizione di leader che gli è stata attribuita da visitatori provenienti dal futuro.
In tutto questo va quindi detto che Terminator 3 è un film più angosciante e - al tempo stesso irrisolto - rispetto ai suoi predecessori, con un regista che pur non avendo il talento di James Cameron dà il meglio per dare vita ad una storia il cui pregio maggiore è quello di nascere in sceneggiatura e la cui riuscita non è affidata soltanto alla qualità degli effetti speciali. Puntellato da umorismo, cinismo e gusto di autocitazione Terminator 3 è una pellicola interessante e intensa che - sembrerebbe - preludere già ad un sequel in cui speriamo di trovare altri T-X affascinanti come la Kristanna Loken pronipote dell'immaginario femminile creato dalle Barbara Stanwyck, dalle Lauren Bacall e dalle Veronica Lake, eroine del noir che si opponevano inevitabilmente a uomini più fragili del monolitico Schwarzenegger.
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