Delos 29: Memories of green Memories of green
di Vittorio Curtoni
(tomo secondo)
Non sappiamo se Delos sia entrato nella storia della fantascienza italiana, ma sicuramente la storia della fantascienza italiana è entrata in Delos. Vittorio Curtoni, già direttore delle mitiche riviste Robot e Aliens - e comunque un bel po' mitico già di suo - ha accettato di portare sulle nostre pagine una collezione di gustosi aneddoti del fandom e dell'editoria italiana. Ah, per sua volontà, il sottotitolo di questa rubrica è "i farneticanti ricordi del vecchio Vic". Almeno sapete cosa aspettarvi...
Dai primi anni Settanta in poi tornai spesso a Trieste come rispettabile rappresentante e corrispondente di vere riviste, non più semplici fanzines.Sicché nessuno ebbe più da ridire sulla mia presenza: se ero lì per Galassia, o Robot, o La rivista di Isaac Asimov, andava bene. La conseguenza più immediata fu che l'organizzazione prese ad alloggiarmi in ottimi hotel (per molti anni, il Jolly di Trieste), e io smisi di spendere di tasca mia. Se vi pare poco... Più di una volta sono anche stato ospite, conferenziere e affini, con l'apice nel 1980, quando fui ospite d'onore della FantastiCon 2 in compagnia di Riccardo Valla e David Compton. Wow! Da timido ragazzino di provincia a guest of honor. Son queste le cose che danno succo alla vita.
Di nuovo, un grande caleidoscopio di nomi, persone, situazioni: Danilo Arona, Riccardo Valla, Karel Thole, Giovanni Mongini, Gianni Montanari, Antonio Bellomi, Giuseppe Lippi, Renato Pestriniero, Gustavo Gasparini, Gianpaolo Cossato, Gianluigi Missiaja, Alfredo Castelli, Mauro Gallis, Piero Zanotto, Sandro Pergameno. E chi se li ricorda tutti? Impossibile. Trieste era, ogni anno, un luogo di ritrovo tra vecchi amici, una zona franca dove liberarsi dagli affanni del vivere quotidiano. Una delle più care costanti è sempre stata la presenza di Sandro Sandrelli, col quale, tutte le volte che ci si è incontrati, ho sempre stabilito un feeling particolare: abbiamo molto in comune (l'amore per l'uso creativo delle parolacce, ad esempio).
Sandro e io, a Trieste, abbiamo costituito un gruppo di pronto intervento gastro-enologico di raffinate capacità. Per molti anni, la cena finale del festival è consistita in un buffet un po' caldo e un po' freddo, ma nell'insieme una roba da dare i brividi. Un branco di assatanati che non vedevano l'ora di togliere il cibo da sotto i denti degli altri per riempire il proprio stomaco. Noi due non ci siamo mai lasciati fregare: dopo avere occupato posizioni tatticamente esatte ai tavoli meglio disposti rispetto ai cibi e alle bevande, scattavamo come fulmini ai primi segni di movimento altrui. Sandro rastrellava per entrambi antipasti, primi e secondi; io, seguendo un'antica vocazione, facevo incetta di bottiglie di vino. Le sbornie che ci siamo presi in compagnia a fine festival! (E non soltanto noi due, s'intende; i caduti sul campo dell'alcol festivaliero sono legione.) E il mattino dopo, impavidi, tutti e due in piedi per il viaggio di ritorno a casa. Certo Sandro vive a Venezia, e se l'è sempre cavata con un modesto tragitto; però il tragico non era il viaggio in sé, era l'alzata. Che tempra, il Sandrelli. Un uomo di quelli che non se ne fanno più.
A proposito di sbronze, un evento epico si verificò nel 1970. Quell'anno, per eccesso di originalità, la direzione del festival pensò di offrire il buffet freddo su un battello, uno yacht, o qualcosa del genere. Insomma un'imbarcazione a motore di buona stazza. Si doveva, in teoria, fare un bel giretto turistico sulle tranquille acque dell'Adriatico, cenare, e rientrare alle ore piccole. Grande goduria. Che però incontrò alcuni intoppi. Per cominciare, di cenare non ci fu verso, perché o erano insufficienti le cibarie predisposte, oppure c'era in circolazione gente troppo affamata, comunque il nostro gruppetto non riuscì ad azzannare proprio niente. Dico niente. Stomaco vuoto. E vabbé, eravamo l'ultima ruota del carro. Quel che ricordo è che riuscimmo a trafugare un paio di bottiglie di whisky e ci rifugiammo sottocoperta, in una deliziosa cabina dove metodicamente, scientificamente, procedemmo a sbronzarci. Chi c'era? Ero troppo sbronzo per ricordare... Sono certo di Mauro Gallis e Gianfranco Battisti, ma al di là di questi due nomi non vado. Mi perdonino gli altri compagni di quella gloriosa impresa.
Il fato volle che dopo un'oretta o giù di lì cominciò a piovere a dirotto. Il mare diventò piuttosto agitato. Si sobbalzava che era un piacere. Noialtri sotto, pieni di whisky, ce la passavamo alla grande; sul ponte era tutto un macello di gente che vomitava! Registi, attori, scrittori, notabili triestini, un carnaio umano impegnato a rigettare a fiotti. E noi indifferenti, superiori, pieni di scotch, col cervello completamente fritto ma lo stomaco in pace con gli elementi. Si rientrò MOLTO prima del previsto in porto; e la nostra rivincita morale fu schiacciante. E mi diede la riprova di quel che sospettavo da molti anni: chi si sbronza non temerà alcun male...
Trieste è stato anche il luogo nel quale, a rate, ho incontrato diverse personalità della fantascienza internazionale. In maniera più o meno calorosa. Ciò dipende. Comunque, tutte esperienze notevoli.
Posso sciorinare il mio rosario di nomi di maggiore spicco? Dunque: incredibile ma vero, Arthur Clarke! (Molto inglese, molto compassato, ma tutto sommato cordiale. Ho ancora tra i miei cimeli, da qualche parte, il suo autografo.) Harry Harrison! (Simpaticissimo.) Donald Wollheim! (Un po' freddino, a dire il vero. Sembrava ritenere Gianpaolo Cossato l'unico interlocutore degno di nota. Si doveva combinare una cena con lui e non se n'è mai fatto niente.) Forrest J Ackerman! (Forrest sembrava un pupazzo da ventriloquo nelle mani della moglie. Almeno, questa è l'impressione che ho avuto io.) Walter Ernsting! (Grande tedesco. Un po' reazionario in quanto a idee, ma di una comunicatività rara. Gli feci, in compagnia di Sandro Pergameno e grazie ai buoni uffici di Antonio Bellomi, un'intervista che doveva uscire su "Robot" e che invece non è mai uscita. Perché? Boh.) Brian Aldiss! No, scusate, Brian l'ho conosciuto a Palermo. E' tutta un'altra storia.
Oltre a registi, attori, attrici, sceneggiatori eccetera dei quali oggi non ho il più vago ricordo, il mio miglior incontro umano a Trieste con un autore che ammiravo è stato quello con David Guy Compton. Come ho detto all'inizio, lui e Riccardo Valla e io siamo stati gli ospiti d'onore della FantastiCon 2. Compton era stato invitato soprattutto perché quell'anno era in concorso La morte in diretta di Tavernier, tratto dal romanzo di David L'occhio insonne. Abbiamo convissuto per una settimana, e quanto l'ho amato! Timido, tutt'altro che pretenzioso; per la maggior parte del tempo non ha fatto altro che cantarmi le lodi di altri autori, e vorrete ammettere che questo è raro, per lo meno in Italia. In particolare ricordo che mi raccontò cose bellissime di Walter Tevis, che era suo amico personale.
Inoltre, Compton aveva una caratteristica preziosissima per uno come me, abituato sì a leggere la lingua inglese tutti i giorni ma assai impacciato quando la sente pronunciare con il consueto stile a raffica di mitraglietta degli anglofoni: COMPTON E' ASSOLUTAMENTE BALBUZIENTE! Come riuscivo a comunicare con lui non mi è mai riuscito con nessun altro anglofono...
Chiudo questi ricordi triestini su una nota di folklore indigeno che a me pare divertente. Proprio nell'80, una sera io ero stanco morto. Stavamo nel bar del Jolly Hotel a chiacchierare. Avevo appena presentato a Compton una BELLISSIMA! (non scherzo; era una donna di una bellezza straordinaria) giornalista della televisione jugoslava (all'epoca esisteva ancora la Jugoslavia). Il giorno dopo, Compton mi ringraziò per la lunga intervista che questa sirena gli aveva fatto sul suo libro e sul film di Tavernier (che, en passant, com'era prevedibile vinse il festival).
Comunque, eravamo tutti un po' spompati. Sarà stato a metà festival, e a quel punto lo spompaggio era di rito. Nessuno se l'era sentita di salire fino al castello di San Giusto per le proiezioni serali. Dopo le chiacchiere con Compton, con Valla e con Cozzi, io mi congedai e andai a dormire. Il mattino dopo, a colazione, Riccardo (Valla) mi disse: "Hai fatto male ad andare a letto così presto! Sapessi quante ne abbiamo dette sul tuo conto Luigi (Cozzi) e io..."
Oh, me lo posso immaginare! :)
Ciao da Vic
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