Un grande Tonino Accolla presta nuovamente la voce dopo quasi tre anni ad un Jim Carrey impegnato ad interpretare uno stralunato giornalista televisivo arrabbiato con Dio e con il mondo per non avere avuto il posto che riteneva di meritare. Così l'Onnipotente, stufo delle melodrammatiche lamentele dell'uomo, decide di trasferirgli tutti i suoi poteri per quello che riguarda la città di Buffallo, facendo di Bruce una nuova divinità. Diretto da Tom Shadyack che dopo l'insuccesso di Dragonfly e il cinema agrodolce di Patch Adams torna finalmente alla commedia, Una settimana da Dio è tutto incentrato sul talento folle e scapestrato di un Jim Carrey, reso perfettamente se non addirittura migliorato nel doppiaggio di cui è stato responsabile quel geniaccio di Roberto Morville di Buena Vista Italia. Un plus notevole che fa di questa commedia un po' semplicistica e sempliciotta, un postmoderno grandguignol di situazioni esilaranti perfettamente adattate al gusto dello spettatore europeo e - in particolare - italiano. Certo, il carisma di Morgan Freeman e la simpatia di Jennifer Aniston costituiscono delle ottime spalle per il talento delirante di Jim Carrey. Eppure quello che più funziona di Una settimana da Dio sono soprattutto gli istrionismi spesso cattivelli di un personaggio un po' meschino che - alla fine - si trova immeritatamente a dovere sconsideratamente gestire dei poteri che lo rendono inferiore solo a Dio stesso. Un film divertente e leggero, che non nasconde qualche ambizione di esile morale, soprattutto quando Bruce deve rispondere alle preghiere che - nell'era di Internet - gli arrivano ormai tramite via e-mail. L'idea che il compito di Dio non è certo facile, viene comunicata al pubblico in maniera semplice, ma anche efficace. Un po' come capitava con le grande commedie di Ernst Lubitsch, soltanto che qui la rappresentazione del divino e del soprannaturale, per quanto divertente e riuscita, manca inspiegabilmente di quel tocco di fascino e quella buona dose di classe che sembra - al cinema - essere appartenuto soltanto alla Hollywood degli anni Trenta e Quaranta.