Delos 27: Racconto: Notte in citta' racconto di

Matteo Scaldaferri

notte in città

Francamente devo dire che ultimamente mi ero un po' stufato di certe stereotipaggini del cybervillage, ma Matteo Scaldaferri, in questo suo brevissimo racconto, riesce a coniugare con una certa abilità una velata malinconia di fondo con un finale intelligente, simpatico per la sua semplicità eppure accattivante, che se da una parte non ci dice niente di nuovo dall'altra è riuscito, fino a un certo punto, a mitigare la noia che generalmente provo quando affronto racconti tendenti al cyberpunk. Come dire che qualsiasi minestra, se ha quel qualcosa in più, può cambiare radicalmente sapore.

-- Franco Forte

Componenti elettronici appartenenti a terminali fatti a pezzi popolavano la sua stanza. Millepiedi di silicio e ceramica, dalle zampette metalliche posate sugli scaffali di syntho-legno. Il sottobosco brulicante di una immaginaria foresta ramata, immobilizzato in un istantanea presa a tradimento. Sulla moquette umidiccia fili di rame a basso costo, superconduttori ad alta impedenza e i capelli scomposti di una dea spuntavano, come serpi dalla testa di una gorgone informatica, dalla testolina di Desirè. Una seconda bocca mi sorrideva rossa a metà della sua gola. I denti mi affondarono nelle labbra nell'inutile tentativo di reprimere il pianto.

L'amavo, ora che l'avevo persa lo sapevo.

Nella penombra le lettere luminose sullo schermo del portatile, posato tra le lenzuola stropicciate del letto sfatto, abbagliavano gli occhi già provati dalle lacrime. Il cursore lampeggiava eternamente, in paziente attesa di un input mai arrivato.

Era tanto che non lo facevo, ma mi collegai.

Non cercavo vendetta. I due killers erano cadaveri, ormai. E ingombravano l'ascensore bloccato a pianoterra. Certamente mi sarebbe piaciuto incontrare i loro mandanti. Ma erano troppo in alto per un ronin come me. E le azioni suicide non mi erano mai piaciute.

Volevo solo farle un regalo.

Lei amava le stelle, avevamo spesso fantasticato di salire, come i selezionatissimi coloni, sulle navi-arca in partenza per mondi più puliti del nostro. Ma erano sogni, nient'altro, per ragazzi cresciuti nello sprawl come noi. E così ci trascinavamo da una rapina all'altra, in attesa del colpaccio, quello che ti sistema per tutta la vita; ma quando ci era capitata qualcosa di grosso, si era dimostrata una bomba a orologeria che non eravamo riusciti a scagliare abbastanza lontano prima che ci scoppiasse in faccia.

Centocinquantamila micro-secondi dopo mi sconnettei.

Le chiusi gli occhi oramai spenti, chinato su lei per l'ultima volta. Poi uscii.

Nel corridoio dell'hotel i passi attutiti dalla moquette seguivano il ritmo di una triste e vecchia canzone nella mia testa. La luce del neon, troppo forte rispetto al buio della camera, attivò le lenti antiabbaglianti; uno scatto e le superfici argentee scesero a protteggermi gli occhi. Il secondo ascensore scendeva veloce. Si fermò al piano-terra, le porte si aprirono silenziose. La hall era gremita di persone. Due poliziotti di pattuglia tentavano di interrogare una donna isterica, altri due cercavano di tenere una folla immensa lontana dall'ascensore principale. Non c'erano altri sbirri.

Sorrisi, per la prima volta quella sera.

Fuori piovigginava, nelle pozzanghere si riflettevano le insegne multicolori. Nella piazza mi fermai davanti i maxi-schermi. Le notizie erano sempre le stesse: "il presidente ha detto...", "continua la guerra in...". Rimasi ad ascoltare finchè non sentii ciò che mi interessava. Le sirene di un'autoambulanza in arrivo coprirono le voci degli speakers.

Mi allontanai, guardando ogni tanto in cielo. Le nuvole mi nascondevano le stelle, ma non importava. Io sapevo che il mio regalo era e sarebbe rimasto là nel cielo. Il sole che io quella sera, entrando nel database del Consiglio Mondiale di Astronomia, avevo battezzato Desirè, come la mia amata. Il sole che illuminava il sistema scelto come prima destinazione delle navi-arca, come avevano appena detto tutti i telegiornali.

Cercai di scorgerlo lassù.

Ma il cielo continuava ad essere coperto.

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