Era accaldato, sudato fradicio, e appena fuori, investito dalla fresca brezza di primavera, non riuscì a trattenere un brivido. Un pesante odore di mimose lo avvolse mentre percorreva il vialetto che conduceva all'arteria principale. Camminò in mezzo alla gente, senza una meta precisa, finché non gli sbollì la rabbia.
Una pazzia. Era stata una pazzia lasciarsi trascinare da Gore in quella bolgia di matti. Ma forse l'errore era cominciato prima. Non avrebbe dovuto permettere a Gore di insinuarsi poco alla volta nella sua vita privata, non avrebbe dovuto, mai e poi mai, concedergli le sue confidenze, metterlo a parte delle sue frustrazioni di maschio annoiato e deluso, in tal modo alimentando nell'amico sempre a caccia di proseliti la convinzione di aver trovato un nuovo adepto. Lui era sempre stato un pavido, un indeciso. O forse, semplicemente un moderato, presso a poco come quell'ometto che per ultimo aveva preso la parola, pronto a farsi linciare per sostenere una tesi che lui, Julius, non avrebbe mai sostenuto davanti a una canea urlante e ostile. Quell'ometto aveva ragione da vendere, inseguiva un suo sogno, la parità dei diritti, e soprattutto l'armonia tra i due sessi, la fine di quell'estenuante lotta tra l'uomo e la donna, una lotta sotterranea, mai dichiarata apertamente invisibile, ma sempre presente alla radice di ogni rapporto.
Eppure, c'era qualcosa di affascinante nelle rivendicazioni che Donald Kusko aveva fomentato. Provò ad immaginare Nora intenta a cuocere il pesce, a redarguire i bambini, indaffarata con la spesa e con i domestici, e provò ad immaginare sé stesso alla guida d'un rotocar, in una bella tuta verde incutente rispetto, lui capo, lui al posto di comando con ampio potere decisionale, in ufficio, in casa, dappertutto. Si accorse che stava sorridendo, come uno stupido: l'intimo compiacimento, inutile negarlo, era qualcosa che dava la vertigine solleticandogli cuore e cervello.
Ora stava transitando sul Lungofiume, dove i passanti erano più radi. Le prime foglie dei platani si agitavano nella brezza della sera sullo sfondo di un crepuscolo che incendiava il cielo in un bagliore di madreperla. Stanco, si appoggiò alla spalletta con la mente in subbuglio. Sentiva il bisogno di riordinare le idee, o meglio sentiva il bisogno che qualcuno gliele riordinasse. Perché la confusione era al massimo, e lui non sopportava di restarsene così, senza un punto di riferimento, senza una guida.
Le campane della chiesa di Santa Susanna cominciarono in quel momento a suonare con accenni dolcissimi. Subito risposero quelle di Santa Elisabetta, con un suono per lui più familiare e accattivante.
Julius ebbe un solo attimo d'incertezza, poi s'incamminò deciso.
-- Stammi bene a sentire, figliolo, -- diceva Madre O'Connel con la sua voce aspra e suadente nello stesso tempo. -- Sono qui per aiutarti, ma a patto che tu mi racconti per filo e per segno che cosa tl è accaduto. Cos'è? Hai litigato con tua moglie?
Julius scosse la testa, in silenzio. Madre O'Connel non si perse d'animo. -- Vediamo un po'. Hai ceduto a qualche lusinga? C'è forse una donna, sopraggiunta a turbare i tuoi pensieri? Qualcuno ti ricatta?
Julius ebbe un sussulto. -- Madre, -- disse poi con voce che tradiva tutta ia sua inquietudine. -- Ho gravemente peccato. Se avessi dato ascolto al vostro sermone di questa mattina, ora non sarei qui a piatire un consiglio. Invece ho dato ascolto alle voci che mi tentavano, ho frequentato un circolo maschilista...
Madre O'Connel trasalì. -- Così in basso sei sceso? Dovrai accettare una pesante penitenza, ragazzo. Il tuo peccato è dei più gravi, ed esige una pronta riparazione. Intanto, se vuoi che ti assolva, devi promettere qui e subito che romperai ogni rapporto, che mai più consentirai a frequentazioni così disdicevoli.
Julius si strinse nelle spalle. -- Se è per questo, posso giurare che mai più varcherò la soglia di quel locale, starò alla larga dei procacciatori di proseliti, e nemmeno leggerò più i libri di Donald Kusko.
-- Donald Kusko! -- esclamò sprezzante Madre O'Connel incupendo lo sguardo. -- Quell'uomo è una creatura del demonio, è un seminatore di discordie familiari, un sobillatore che spregia i sani costumi e insinua il gusto del vizio e della perversione. Soprattutto, è un grandissimo bugiardo.
-- C'è una cosa che vorrei sapere, -- disse Julius con un filo di voce. -- Kusko non si limita a scrivere romanzi di fantasia, ora va sciorinando in giro le conclusioni cui sarebbe giunta una spedizione archeologica di cui ha fatto parte. Sostiene che cinquecento anni fa, prima della Grande Castastrofe, il sacerdozio era riservato agli uomini, sostiene che le sacre scritture, quelle vere, dicevano esattamente il contrario di quello che adesso dicono...
-- Kusko è un serpente, bisognerebbe schiacciargli la testa...
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