Finalmente, un omino di mezza età, con una grossa testa bitorzoluta e cosparsa di radi capelli grigi, sbracciando come un ossesso riuscì ad ottenere il silenzio.

-- Sono un maschilista moderato, -- esordì, subito gratificato da una selva di fischi e disapprovazioni.

-- Lasciatelo parlare, -- intervenne Donald Kusko levandosi in piedi a quietare l'assemblea. E furtivamente strizzava l'occhio al pubblico, come a dire: "State tranquilli, questo lo sistemo io".

-- Sono un moderato, -- ripetè l'omino con chiara voce baritonale, -- e vorrei, pacatamente, muovere alcune obiezioni all'illustre scrittore venuto qui tra noi a suonare la diana della riscossa. Ecco, io ho ascoltato con molta attenzione anche i successivi interventi. Premetto che intorno ai risultati della spedizione Koenig non intendo avanzare il benché minimo dubbio: sono pienamente convinto che tutta la storia antecedente la Grande Catastrofe sia stata scritta dagli uomini, dal nostro sesso, e che tutta la storia di poi riposi su principi assiomatici falsificati. Le dottrine esoteriche e la Tradizione, di cui sono modesto cultore, hanno sempre sostenuto questa verità nonostante le irrisioni, i facili sarcasmi e il violento ostracismo della cosiddetta scienza ufficiale. Pertanto, perlomeno per me, le rivelazioni di Donald Kusko suonano antiche e scontate. E tuttavia queste rivelazioni vanno salutate con entusiasmo: chi nulla sapeva ha indubbi motivi per plaudire, e chi come me già sapeva non può che rallegrarsi per la conferma avallata dai reperti archeologici. Ma il problema, amici maschilisti che mi ascoltate è un altro. Una volta comandavano gli uomini, è vero. E adesso, da cinquecento anni a questa parte, comandano le donne. Vero anche questo. Prima la vita era un inferno per le donne, adesso è un inferno per gli uomini. Ebbene, che cosa è venuto a proporci l'illustre Donand Kusko? Egli ci ha proposto, sic et simpliciter, la restaurazione dei nostri obsoleti diritti. E tutti voi avete applaudito. Egli ci ha proposto di spostare il polo del problema, non di risolverlo...

Qualcuno da un punto imprecisato della sala cominciò a rumoreggiare. -- Ehi, rimbambito! Cambia registro finché sei in tempo, altrimenti...-- E un altro: -- Ma chi gli ha dato il permesso di parlare, a questo tanghero! -- Un coro di motteggi e di risate si levò dappertutto. Alcuni facinorosi avevano abbandonato i loro posti e s'erano fatti sotto il palco con i pugni protesi.

-- Lasciatelo parlare, -- intervenne ancora Donald Kusko. Evidentemente sentiva di avere in pugno il suo obiettore e intendeva divertirsi con lui come il gatto col topo.

L'ometto attese pazientemente che ritornasse il silenzio. Scrollò due o tre volte il testone con i bitorzoli che sotto la luce dei riflettori fiammeggiavano paonazzi, controllò il respiro, e riprese: -- Il movimento maschilista, ad eccezione delle frange estremiste, non ha mai propugnato la prevaricazione del sesso femminile. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di raggiungere la parità dei diritti. Troppe le professioni che ci sono ancora precluse, giuridicamente o per inveterata consuetudine, troppe le umiliazioni e i misconoscimenti che tutti i giorni siamo costretti ad affrontare. Ma il nostro traguardo non consiste, non deve consistere, in un semplicistico capovolgimento dei ruoli...

-- Cretino! -- urlò una voce dalle prime file.

--... un capovolgimento che perpetuerebbe, mutata di segno, l'ingiustizia fin qui perpetrata. Dobbiamo cercare con tutti i nostri sforzi di raggiungere un equilibrio armonico tra i due sessi, dobbiamo...

-- Venduto! Carogna, disfattista, sporco traditore!

Ormai la marea degli insulti saliva incontenibile. L'oratore era ammutolito, bianco in volto per l'improvvisa paura. A fatica cercò di riprendere il controllo della situazione agitando le mani in un gesto bonario e rassicurante, ma i più facinorosi già salivano sul palco. Gli furono addosso in un attimo. Donald Kusko non s'interpose, si fece in disparte girando le spalle.

-- Io me ne vado, -- gridò Julius all'orecchio di Gore.

-- Proprio adesso che comincia il bello!

-- No, caro amico, ho visto abbastanza. Su quel palco stanno linciando un uomo, non capisci?

-- Se l'è cercato lui, mi sembra.-- Tenendolo saldamente per il braccio, Gore lo obbligava a rimanere seduto.

-- Lasciami andare, -- continuava Julius con voce irata. -- Toglimi le mani di dosso, se non vuoi che ti spacchi la faccia.

A quella perentoria minaccia, Gore ebbe un attimo di esitazione. Julius ne approfittò per divincolarsi e sgusciare oltre la fila di sedie che lo intrappolavano. Dovette lavorare di gomiti per fendere la calca dei forsennati che acclamando a gran voce spingevano in direzione opposta. Più d'una volta fu sul punto di darsi per vinto, rassegnato a lasciarsi inghiottire dalla folla in mezzo a cui si muoveva come un corpo estraneo. Ma seppe stringere i denti, e distribuendo calci e pugni all'impazzata, riuscì finalmente a guadagnare l'uscita.