"Il circolo dell'alienazione", osserva Curtoni a proposito di questo racconto, "si è concluso nel modo più tragico: l'uomo non ha più un nemico da combattere. Il potere è nelle mani dei fantasmi, dei volti grigi e anonimi che ci sfiorano ogni giorno. Da questo momento in avanti non resta altro che la paura."

Qui prendono maggiore vigore le tesi che Aldani aveva già espresso in Trentasette Centigradi, in quel racconto si temeva che uno sviluppo anomalo della burocrazia potesse essere pericoloso, potesse darle eccessivo potere poiché dal distacco col mondo potevano venire a formarsi delle caste di potere assolutamente autonome che potessero trarre il loro potere assoluto dalla loro irraggiungibilità. In Scacco Doppio accade proprio questo: il potere è in mano di ignoti, i detentori del potere si nascondono tra uomini qualunque, tra i propri compagni di lavoro. Sono ignoti, e per questo irraggiungibili, inattaccabili. La rivolta è impossibile. C'è solo un clima di sospetto che avvolge tutto e tutti, una paura opprimente e la sensazione che un occhio orwelliano ci sorvegli sempre attraverso gli occhi apparentemente innocenti di uno qualunque dei nostri compagni d'ogni giorno.

L'individuo si trova immerso in un'invincibile paura, una paura che spegne ogni impeto di ribellione.

L'unica reazione possibile è l'inazione, una terribile, logorante, inazione.

Un'attesa che torni la nostra Elena e nella falsa speranza che potremo credere che lì, in quel posto misterioso, non le sia successo davvero nulla.

Elena, la moglie del protagonista, ha ricevuto una cartolina con cui la si invitava ad un controllo. Una visita ufficiale cui vengono sottoposte alcune donne senza che se ne sappiano le ragioni, senza che si sappia di preciso cosa accada. Tutto è sempre molto vago, solo voci, solo ipotesi e ricordi di gente di cui non ti puoi fidare. La verità non ha più alcun valore quando dietro il tuo interlocutore potrebbe celarsi il tuo oppressore, e così tutto viene vissuto con un alone nebuloso. Come se la verità stesse in un buco nero ed a noi non rimanesse che girarci intorno, fare mille ipotesi su cosa ci stia dentro e senza poterle mai verificare: perché quand'anche Elena tornasse dalla sua visita, quand'anche Elena tornasse viva dalla sua visita, non ci potremmo fidare di lei. Lei potrebbe essere il nostro oppressore, in lei potrebbe celarsi quel mostro che ci governa e ci tormenta. E lo scacco è doppio, come dice il titolo. Anche se vinciamo non possiamo scappare da quel fantasma che continuerà a tormentarci da dentro. Quello non lo metteremo a bada, anche se tornasse Elena.

"Non conosciamo niente di niente e la ruota gira lo stesso," dice il protagonista, "dicono che è meglio, che è meglio non sapere chi sono i reggitori perché così fila tutto più dritto, certo, anche una super bomba nelle mie mani sarebbe inutile, non so nemmeno dov'è la sede del governo, non lo sa nessuno. Niente."

Fino a questo punto l'opera di Aldani appare molto poco fantascientifica, sotto certi aspetti. Le opere più significative da lui prodotte non si rifanno certo ad una fantascienza "ortodossa".

Su queste basi, negli anni '70, gli fu mossa da Franco Giambalvo sulle pagine si Robot l'accusa di "pavesismo". Un'accusa tesa a sostenere che Aldani spacciasse per fantascienza roba che con la SF non aveva nulla a che fare.

Intervistato da Vittorio Curtoni (intervista pubblicata su Robot) Aldani ha detto che dopo essere stato accusato di aver spacciato la descrizione delle colline, con l'osteria, quattro bifolchi e la puttana del paese, per fantascienza. Per reazione voleva provare a scrivere un po' di fantascienza ortodossa, un po' di fantascienza che si basasse più delle altre sue opere sul "meccanismo fantascientifico".

Ma la ciambella, per sua stessa ammissione, non gli riuscì col buco, nel senso di opera di pura evasione, e ci troviamo di nuovo, in Eclissi 2000 di fronte ad un'opera che ha in sé una profonda riflessione. Una parabola del potere.

Sul romanzo Aldani ha detto che "ancora una volta il prodotto è risultato anomalo. Tutta colpa dei miei pallini, i miei pallini fissi, interiori, che tornano in ogni cosa che ho scritto".

La struttura esterna della storia è del tipo classico, potrebbe assomigliare ad uno space opera di Heinlein. In due parole si tratta di un'astronave, Terra Madre, isolata nel vuoto dello spazio siderale. Una nave in cui i protagonisti risultano sostanzialmente imprigionati, costretti nei locali angusti della nave, e vittime della mancanze che si patiscono all'interno. A causa del gelido vuoto esterno essi non possono uscire dalla nave. Una storia basata sulla tensione che ci sarebbe ad uscire, ma che non può trovare sfogo a causa delle condizioni esterne. Ma in realtà la nave non si trova affatto nello spazio. Non c'è alcun vuoto gelido oltre la nave. La nave si trova sulla Terra, ma l'impossibilità ad uscire rimane. Fuori ad attendere chi vi si avventurasse non c'è il nulla, ma un inferno radioattivo altrettanto letale. Questa verità è però taciuta ai passeggeri da chi detiene il potere sulla nave. E' taciuta per evitare che si sviluppino incontrollabili tensioni ad uscire fuori, a cercare una via d'uscita all'esterno quando al situazione dentro la nave si fa insostenibile.