Realizzato con una tecnica mista tra animazione a mano e digitale, Spirit è l'ennesimo film d'animazione Dreamworks in cui si cerca di alzare la posta della sfida artistica, realizzando una pellicola del tutto non convenzionale.
Soprattutto nell'America di Bush dove non c'è spazio per film d'animazione dalla vocazione sovversiva come questo. Già, perché il cavallo protagonista è uno stallone indomabile che si confronta con il viaggio nel mondo degli uomini. Un po' Schindler's List, un po' Soldato Blu, Spirit rappresenta una critica feroce alla colonizzazione militare, all'industrializzazione incapace di tenere conto delle esigenze della Natura, ad un mondo fatto di sopraffazione e violenza, all'intera mitologia della Frontiera e dell'Ovest incapace di tenere conto delle esigenze degli abitanti di quelle terre selvagge. Con toni da commedia da film muto, privo di simpatici animaletti antropomorfi, il film è incentrato sulla ricerca di libertà di un animale disposto a tutto pur di difendere il suo stato. Ed è bene sottolineare che i cavalli - tra loro - nitriscono e non parlano come nei film Disney e non c'è nemmeno nessun simpatico animaletto peloso pronto a fare ridere. Soltanto una voce off di un cavallo che suscita ora lacrime, ora ilarità con la sua analisi spassionata della realtà umana. Un punto di vista che diventa narrazione e che mostra la conquista del West in tutto il suo aspetto deteriore. Spirit rappresenta per il cinema d'animazione quello che è stato Apocalypse Now! per quello bellico. Un viaggio alle ragioni del dolore e dell'insensatezza del militarismo. La versione italiana, privata della melanconia di Bryan Adams, si lancia con forza all'inseguimento della voce di Zucchero e della sua presa di possesso con fare libero e deciso di una narrazione che coincide con un inno alla libertà personale.
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