Secondo Thomas R. Quinn dell'Università di Washington (Seattle, USA), o un pianeta gigante gassoso si forma molto in fretta o non si forma affatto. L'astrofisico americano suggerisce che i pianeti in via di formazione devono fare i conti con le interazioni dovute alle stelle vicine la cui radiazione emessa tende a scaldare e a disperdere piuttosto in fretta i gas che si accumulano intorno a loro e che costituiscono il disco protoplanetario. Secondo il modello finora accettato, e che dovrebbe valere anche per la formazione del nostro Sistema Solare, il disco di materia in rotazione intorno alla stella si dovrebbe raffreddare nel giro di un milione di anni, dopodiché dovrebbero cominciare a comparire i nuclei primordiali delle masse dei futuri pianeti. Nel corso di qualche altro milione di anni, poi, queste masse dovrebbero accumulare gravitazionalmente il gas e la materia che restano intrappolati nella loro attrazione, come sistemi solari in miniatura, fino alla formazione del pianeta vero e proprio. Seconddo questo modello, il processo impiegherebbe quindi un tempo molto lungo, pari a qualche milione di anni. Secondo la sua ricerca, invece, Quinn avanza l'ipotesi che il disco di materia intorno alla stella cominci a frammentarsi molto presto, addirittura dopo pochi giri intorno alla stella e, per questo motivo, gli aggregati di materia che costituiranno i pianeti devono formarsi molto rapidamente per attirare gas e materia prima che vengano dispersi. Lo scienziato afferma che si tratterebbe di una questione di pochi secoli. Ad ogni buon conto, va precisato che il modello di Quinn si applica solo ai giganti gassosi, come i nostri Giove e Saturno, mentre non spiega la formazione di pianeti rocciosi come la Terra, né svela l'incognita per cui la stragrande maggioranza dei giganti gassosi scoperti finora al di fuori del nostro Sistema Solare, si trovano molto più vicini alla loro stella di quanto non siano Giove e Saturno rispetto al nostro Sole.