E' una fiaba postmoderna su una seconda possibilità quella che il regista Patrice Leconte ha voluto costruire con due attori straordinari come Jean Rochefort e il cantante pop Johnny Halliday. Un'interpretazione straordinaria quella dei due protagonisti per un film che è stato molto apprezzato allo scorso Festival del cinema di Venezia. La storia è quella di un rapinatore di banche che - per caso - finisce a casa di un professore di liceo in pensione. Se il primo è affascinato dal secondo per la vita regolare e tranquilla che lui non ha mai vissuto, né potuto vivere, l'altro è disperatamente sedotto dall'esistenza senza legami condotta dal suo misterioso ospite. Girato con uno stile molto originale che contraddistingue il cinema di Patrice Leconte, L'uomo del treno vive di alcune suggestioni noir mescolate alla commedia, per una riflessione disincantata, ma anche profondamente coinvolgente sulla mezza età e sui rimpianti riguardo il passato. Non solo, è anche un'analisi poetica e al tempo stesso paradossalmente cinica sulle varie modalità con cui affrontare l'esistenza. Se da un lato, infatti, abbiamo gli uomini che hanno sempre uno spazzolino di ricambio e le pantofole nello stesso posto, dall'altro ci sono anche persone che prendono il treno senza spazzolino e che vivono una vita senza pantofole. Una divisione quasi categorica dell'esistenza in un film intenso e coinvolgente sulle modalità di godere la vita e al tempo stesso una divertente, ma avvincente commedia noir con un unico difetto. Un finale pasticciato ed incerto non all'altezza del resto del film, né visivamente, né spiritualmente.