Marsilio Black battezza la sua nuova collana con un'autentica raffinatezza: Gli ultimi giorni di Andrew Masterson, losco profeta partorito dalle pustole della letteratura contemporanea. Il romanzo è uscito in Australia nel 1998, agguantando il "Ned Kelly Award", massimo riconoscimento nel settore; mai nessuno aveva ancora avuto il coraggio di presentarlo in Italia. Così le avventure di Joe Panther sono finite ad inaugurare questa nuova collana noir, ricoprendola di una patina sinistra. Tanto per iniziare, il protagonista (nome per intero: Yeshu Ben Pantera) è Gesù Cristo. O almeno, crede di esserlo: "Ero soltanto un detrito avanzato dietro la virgola dei decimali divini?"
Nella sua mente, si rincorrono le memorie di due millenni, spruzzate di blasfema autoironia e gelido cinismo. Panther vive in quel di Fitzroy, nell'angolo più lercio di Melbourne: spacciando eroina consuma la sua personale eucarestia, uccide per necessità, indaga per passatempo. Quando una giovane prostituta viene ritrovata decapitata e crocifissa, all'interno della chiesa di St.Cuthbert, padre Corrigan, parroco locale e principale sospettato, si affida proprio a lui nella speranza di essere scagionato.
E' qui che parte un delizioso minestrone hard-boiled: c'è un po' di tutto, dai nemici agli alleati, dai poliziotti commoventi d'imbecillità fino alla conturbante dark lady, passando per insospettabili servizi segreti e maniacali sette millenariste. Ma il colpo di genio di fondo, su cui poi si spalmano altre innumerevoli trovate, è il doppio enigma che regola la narrazione: oltre al caso del giorno, stavolta particolarmente violento, il lettore è invitato a concentrarsi sull'essenza del protagonista. Chi è Joe Panther? Soltanto uno psicopatico con manie di grandezza? Oppure è davvero il Salvatore, che è morto sulla croce per noi e dopo tre giorni è resuscitato? La trama si dimena e si accartoccia, ripiegata su sé stessa in una sorta di dionisiaca masturbazione, per poi estendersi clamorosamente nella soluzione finale. Merito di Masterson, demiurgo bizzarro e denso di timori apocalittici, che imprime sullo sfondo la desolante istantanea di una Melbourne piovosa nel corpo e nell'anima; ma questo è solo il pretesto per creare un devastante ossimoro. Su una tela mai tanto terrena e profana, brillano infatti colori sacri e sovrannaturali; tra citazioni da Fromm e Tertulliano, la Bibbia ed i Vangeli Gnostici, il protagonista ci svela la verità non ufficiale sui principali avvenimenti della cristianità. Durante la sua passione, Panther finisce per incontrare la versione modernizzata di Giovanni Battista e Santa Brigida: due splendide figure allo stesso tempo divine e mondane, ritagliate da un immaginario malato, impossibili da dimenticare.
Assolutamente particolare è il livello della prosa: il romanzo si ritrova ingabbiato in una punteggiatura palpitante, il linguaggio è panico nella derivazione greca del termine. Un alfabeto abbacinante ed onnivoro solletica i toni del racconto, a tratti splendidamente underground. Ma attenzione: una lettura superificiale può scambiare il delirio australiano per un surplus letterario in smania di cult, bollandolo come il "De Blasfemia" dei nostri tempi. Ebbene, niente di tutto questo: se Masterson è un giallista, allora Manzoni faceva lo scrittore rosa. Gli Ultimi giorni è la reale escrescenza di una mente da pazzo manicomiale, l'aspersorio del diavolo che maledice le carni celesti dell'ultimo argomento tabù: la religione. Il termometro di incisività è pari ad un testo sacro aprocrifo: alle prese con un cannibale che banchetta allegramente con secoli di dubbie convinzioni, tra queste pagine ogni dogma perde la sua verginità. E alla fine, nudi e solitari, sulle orme di una nuova Via Dolorosa, la possibilità del Secondo Avvento non è poi tanto remota.
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