“In inglese, la parola shroud designa il velo funerario, ma ha anche altri significati. Può significare coprire e nascondere. La maggior parte dei rituali funebri riguarda proprio l’evitare la realtà della morte e ciò che accade a un corpo. Direi che, nel nostro film, questa è un'inversione della normale funzione di un sudario. Qui serve a rivelare, piuttosto che a celare. Ho scritto questo film mentre affrontavo il dolore per la perdita di mia moglie, scomparsa sette anni fa. Per me è stata un’esplorazione, perché non si trattava solo di un esercizio tecnico, ma anche di un esercizio emotivo”.

The Shrouds - Segreti Sepolti
The Shrouds - Segreti Sepolti

Con questa “confessione”, il regista David Cronenberg ha spiegato il suo ultimo film dal titolo The Shrouds – Segreti sepolti, con Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt. La storia vede come protagonista Karsh (Vincent Cassel), un uomo d'affari molto creativo, rimasto da poco vedovo. Non arrendendosi al fatto di non poter aver più alcun legame con la moglie, l'uomo decide di costruire un dispositivo che permettere di connettersi con i defunti all'interno di un sudario funerario. Quando alcune delle tombe, però, vengono vandalizzate e rovinate, Karsh cerca di indagare su chi sia l'artefice di questo attacco. Questa cosa lo spingerà a rivalutare i suoi affari e la sua vita, compreso il suo matrimonio e la fedeltà alla memoria della sua defunta moglie.

Il protagonista della pellicola, Karsh, sembra aver inventato un cimitero che contraddice la morte stessa. Il corpo non muore, ma continua il proprio destino, e Karsh si comporta come se sua moglie non fosse morta, come se questa strana relazione con lei stesse ancora continuando, nonostante la decomposizione della carne. A tal proposito, il regista canadese ha sottolineato che: “Se sei una persona religiosa, probabilmente credi in un aldilà. Se invece sei ateo, come Karsh e me, quella relazione può continuare, ma in un contesto più realistico, in un modo più biologico; è un’altra forma di relazione. Come dice Karsh, non può sopportare l’idea di non sapere veramente cosa stia accadendo al corpo di sua moglie. Quella relazione continua, ma non attraverso uno scambio di parole o una conversazione. È certamente perversa, morbosa, grottesca, ma per qualcuno che sta affrontando un lutto come il suo, in realtà non lo è. Anzi, è piuttosto salutare, un modo per uscire dalla disperazione, dal dolore. Karsh ha letteralmente puntato su questo: ha investito molto denaro ed energia in questo cimitero tecnologico. Ma in fondo tutto si riduce al corpo, come in molti dei miei film; «il corpo è realtà», e se accetti questo, il corpo di una persona morta continua a essere una sorta di realtà, ed è lì che vive Karsh”.

The Shrouds - Segreti sepolti
The Shrouds - Segreti sepolti

Sul fatto che questi sudari potrebbero essere una metafora del cinema, il regista ha precisato: “In un certo senso, i sudari che il mio protagonista ha inventato sono dispositivi cinematografici. Creano un proprio cinema: un cinema postmorte, un cinema della decadenza. Prima di scrivere la sceneggiatura, ero consapevole che i sudari avessero un aspetto cinematografico, creando una sorta di strano "cinema della tomba", un "cinema del cimitero". In The Shrouds, si suggerisce che Karsh comprenda che nella sua creazione è coinvolta una tecnologia cinematografica, qualcosa di ricco e complesso”.

Protagonisti sono gli attori Vincent Cassel e Diane Kruger, due scelte non casuali, anche perché Cronenberg dedica molto attenzione alla scelta degli interpreti dei suoi film.

“Il casting” – spiega il regista – “è spesso frainteso o addirittura trascurato, ma io gli dedico molto tempo. Il casting può distruggere un film oppure, al contrario, elevarlo davvero. È la base cruciale di una sceneggiatura; come regista, ti dà del genio (ride). Per The Shrouds, le riprese sono state meravigliose, perché gli attori mi hanno sempre dato più di quanto non avessi messo nella sceneggiatura”.

Il tema della morte è centrale anche in altre opere di Cronenberg e su quest’aspetto della vita, il regista sembra vere le idee chiare.

“Le persone che sono morte” – ha spiegato Cronenberg – “continuano a vivere nelle nostre menti, e spesso le proiettiamo su altre persone vive. Per esempio, sui bambini. Vediamo spesso echi delle persone defunte che abbiamo conosciuto. Non c’è nulla di religioso in questo, è principalmente emotivo, ma anche biologico, dato che il nostro DNA continua ad agire nei nostri discendenti. Tuttavia, come puoi vedere, non è una relazione normale, è solo intellettualmente interessante. È un aspetto che si manifesta anche nelle sequenze oniriche”.

Il film è anche un thriller di spionaggio, anche se il regista sembra non prendere molto sul serio questo genere di pellicole. A tal proposito, Cronenberg ha dichiarato: “Queste ipotesi fantastiche sono, in realtà, la paranoia del lutto, il dolore del cordoglio. Lo so perché l’ho vissuto personalmente. Stranamente, quando qualcuno muore, emerge sempre un elemento di cospirazione nel dolore. Ti chiedi se il trattamento medico sia stato il migliore, se il personale abbia davvero accudito bene il malato, se i farmaci fossero adeguati, e così via. È questa paranoia che affronto in The Shrouds: questa teoria del complotto che è quasi inevitabile quando si tratta di vita e morte. Nel film faccio riferimento al famoso "complotto dei medici ebrei" nella Russia stalinista degli anni ’40 e ’50, che fu il pretesto per purghe ed esecuzioni. C’è anche un aspetto internazionale nel film. La maggior parte delle persone – ha continuato il regista – non riesce a sopportare l’idea che non ci sia una spiegazione per la morte. Come se la morte dovesse necessariamente avere un significato. Non si tratta di un vero complotto, ma il senso di colpa è così grande che non riusciamo ad accettare il caso o l’incidente. Deve esserci qualcuno da incolpare. Il fatto che una morte possa non avere alcun significato è qualcosa di terrificante per le persone, quasi più della morte stessa. Questo fa parte della spiegazione esistenzialista della natura umana: se la morte non proviene da Dio, o dagli alieni, allora deve necessariamente essere stata causata da qualcuno. E così, se la morte di una persona amata è attribuita a un complotto cinese, allora, in un certo senso perverso, quella morte acquista un significato. È proprio questo che esamino nel film: la paura dell’assenza di significato, la ricerca di una causalità a tutti i costi, che è il cuore della sindrome del complotto. Il complotto dà anche l’impressione di avere un controllo sul mondo. Può offrire un senso di superiorità sugli altri (perché tu capisci)”.