In un vecchio mercatino di una grande città, tra libri e riviste impolverate, Jari, che dietro al bancone si muove come se avesse un’orchidea sul fiero orecchio, è un appassionato di fantascienza. Sa tutto dei racconti oltre la galassia conosciuta, e vende vecchi Urania un po’ ripuliti, ma fantasticamente datati. Ce n’è uno che costa dieci euro.

Troppo, grida un giovane dai capelli bianchi che scava tra le vecchie riviste come fosse un minatore con la lampada sulla fronte.

– Ma ha visto di che si tratta?

– Sì, ho visto, ma non è così introvabile da giustificare quel prezzo.

– Se ne prende altri numeri le faccio lo sconto.

Il giovane acconsente e consegna al venditore di bolle spaziali un mazzetto di Urania. C’è Ai confini della realtà, il più costoso e quello che ha dato vita a una serie di racconti, anche televisivi, che hanno dipinto il disegno della fantascienza negli anni Sessanta. C’è poi Voci dal nulla, meno costoso, che racconta di un impenetrabile carcere orbitale di massima sicurezza dell’intera galassia. Un titolo che stuzzica il giovane dai capelli bianchi. Paga con lo sconto. Sorride a Jari e con un gesto d’intesa, di quelli che hanno gli “identici”, quelli legati dagli stessi interessi e da una mente che spazia tra Saturno e Mercurio, saluta e va a casa. È ora di pranzo ma preferisce leggere. Non ha fame. Divora le prime pagine fino ad arrivare a pagina 30. Con sorpresa si accorge di un bigliettino, forse un segnalibro, messo da un lettore del passato. È un indirizzo, di quelli stampati che si usavano qualche anno fa, nell’accompagnare riviste, giornali, pubblicità. C’è un nome, un indirizzo e la città. Legge con curiosità. Giovanni Ferrari, piazza Risposi, Castel San Giovanni. Va su internet. Castel San Giovanni è in Emilia, vicino a Piacenza, un paese su una rocca presso la riva destra del Po.

Devo andarci, sospira pensieroso. Si chiama Giovanni, vive a Castel San Giovanni e io mi chiamo Giovanni. Troppe coincidenze. Sembra il lonfo che non vaterca né gluisce. Si rimette a leggere e finisce lo speciale di Urania in tempo, prima di addormentarsi senza pranzo e senza cena.

La notte porta le scale a chiocciola, il mago che suona Bach, il tempo come un oceano fluido e misterioso che circonda la nostra vita, il pannello di controllo, Giove e la passeggiata a piedi tra i giardini di Compton House. Gli incontri. Quanti incontri fa la notte. Ai giardini una signora che sembra uscita da un parrucchiere degli anni Sessanta, lo prende per mano e gli urla in faccia.

– Sei già stato qui.

– Ma dove sono?

– È la terza volta che vieni qui.

Poi si trova su Giove, seduto come un bambino qualsiasi senza tuta spaziale vestito come se andasse a una festa di classe.

– Sei già stato qui, grida la signora con i capelli cotonati incontrata ai giardini.

– Ma dove sono?

– È la terza volta che vieni qui.

Il mondo fuori dalla Discarica è pericoloso, relitti d’aerei, persino vecchie spazio-mobili arenate su un fianco. È abitato da donne con i capelli bianchi che non parlano. Ascoltano, fanno finta di ascoltare. Si disinteressano di quello che accade nella città. O fanno finta. Quando il giovane, dai capelli bianchi, si trova nella zona più pericolosa ha la sensazione di esserci già stato. Impossibile. Chi visita la Discarica non torna mai indietro. Resta. Ma senza costrizioni. Pensa che sia la soluzione giusta. I Leontani, gli esseri che osservano la vita della città senza intervenire, senza voler intervenire, hanno lasciato di vedetta il più giovane, spesso distratto.

– È stato un errore, è stato un errore venire qui.

Il più giovane dei Leontani, animali umani che vivono nella trasparenza e osservano con cannocchiali le turbolenze degli abitanti senza farsi vedere, avrebbe potuto rassicurarlo ma stava giocando con le biglie e pensava che in quel momento non valeva la pena di fare altro. E così non vide le bolle blu seguire il giovane dai capelli bianchi, guidato da una voce impercettibile e da una musica mascherata di suoni lenti e compiaciuti.

– È stato un errore – ripete mentre cerca di allontanarsi dalla Discarica. Si trova in un bar pieno di gente. Si sente una caramella. Il barista fa scivolare una bottiglia d’acqua sul ripiano del bancone. L’afferra senza nemmeno guardarla e tracanna come se avesse attraversato un deserto. Beve in un solo sorso. Fuori ai margini della Discarica il pittore con il ciuffo ribelle, molto conosciuto in città, dipinge sui muri la storia dell’umanità prima dell’avvento della luna gialla. Lo fa, come al solito, con l’acqua. Il sole non esiste e l’acqua resta per qualche secondo sull’intonaco bianco. Il disegno ha una forma obliqua. L’acqua evapora e il giovane riesce a uscire dalla Discarica. Il deserto ha i fiori di cactus e quelli di sale. Sulla sua testa il volo di un elicottero annulla il silenzio. I suoi capelli bianchi si muovono al vento delle pale. L’elicottero è molto basso e atterra a qualche metro di distanza. Esce un tipo dall’apparente aria dimessa, di bassa statura e con il volto pieno di rughe. Si avvicina. Le rughe aumentano. Non sembra che abbia intenzioni ostili. Fa un inchino sorridendo e lo abbraccia.

– Vieni in elicottero con me.

Il giovane dai capelli bianchi si trova sull’elicottero senza aver detto una parola. Non è sorpreso, anzi, non nasconde un pizzico di gioia perché sa finalmente che in quel luogo c’è già stato.