Lo stupore suscitato dalla vittoria elettorale di Donald Trump, nonostante i suoi guai giudiziari e tutte le sue malefatte (inclusa una sorta di replica della Marcia su Roma), nasce dal fatto che a votarlo sono state molte categorie di elettori che, in teoria, avevano tutto da perdere a sostenerlo. Io mi sono posto alcune domande.

1)    Perché gli americani di origine ispanica hanno votato in massa per uno che li ha trattati con disprezzo e ha promesso di cacciarli via o, addirittura, di deportarli in catene (come poi sta facendo?). Intanto perché gli immigrati di terza generazione si sentono nordamericani e pensano, egoisticamente, che i NUOVI immigrati, provenienti dal Centro e dal Sud America, vengano al nord per rubare loro i posti di lavoro. In effetti, i Democratici questa cosa un po’ l’avevano capita, tanto che Biden e Harris hanno promesso anche loro di chiudere le frontiere: solo che non ne hanno avuto la forza. Inoltre i “chicanos” sono imbevuti di cultura “macho” e non possono andare d’accordo con chi continua a parlare di inclusività, di parità di genere e di abolizione del patriarcato. Questo tipo di visione del mondo, che una certa destra revanscista ha subito ribattezzato “cultura woke” ha creato molto disagio in chi non se ne sentiva parte. E questa i Democratici non l’hanno proprio capita, continuando a preferire i rappresentanti di alcune comunità come quella del mondo LGBTQ+ (che sono tanti, ma restano pur sempre una minoranza, non in grado di spostare i voti). Aggiungiamo che gli ispano-americani sono in stragrande maggioranza cattolici e non accettano l’idea del diritto all’aborto. Biden, pur essendo cattolico pure lui (di origini irlandesi), ha difeso il diritto di scelta delle donne, ma così si è giocato buona parte dell’elettorato con convinzioni religiose e anche il sostegno di parte delle gerarchie ecclesiastiche.

2)    Perché i neri americani hanno votato per uno che appoggia apertamente i gruppi di suprematisti bianchi e che ha ricevuto un esplicito endorsement da parte del Ku Klax Klan e dei neonazisti americani? In realtà in molti non sono andati per niente a votare, considerando le elezioni “roba da bianchi” e non riconoscendo la candidata Kamala Harris come “una di loro”. Però quelli che hanno votato hanno scelto in massa Trump, perché in genere appartengono alla classe operaia ed erano arrabbiati per l’inflazione, che ha ridotto il potere d’acquisto dei loro salari, e per la crisi industriale dovuta alla globalizzazione, che ha spostato all’estero molta della produzione, verso paesi dai costi del lavoro più convenienti. Senza contare che molti di loro hanno la stessa cultura maschilista degli ispanici: basta ascoltare qualche pezzo rap o hip-hop per rendersene conto.

3)    Perché la gente comune ha fatto così fatica ad accettare l’idea che il cambiamento climatico in atto sia colpa dell’uomo? Perché hanno preferito in tanti credere a complottisti e negazionisti del climate change? Perché prendere sul serio qualcuno che dice che, se si sciolgono i ghiacci polari, ci saranno può spiagge e più case con vista mare? Semplicemente, perché il cambiamento del clima era un concetto troppo difficile da accettare; richiedeva un pensiero elaborato che a molti non riusciva, mentre i suoi detrattori rispondevano con slogan semplici e diretti. C’è poco da fare: gli slogan sono facili, i ragionamenti sono difficili.

Anthony Starr in <i>The Boys 4 </i>(2024)
Anthony Starr in The Boys 4 (2024)

4)    Perché molti ecologisti, che avevano apprezzato le timide aperture di Biden verso il “green deal”, con riforme attese da tempo, poi non lo hanno votato? Il fatto è che sono in genere anche dei pacifisti, per cui hanno ritirato il loro appoggio a uno che ha gettato decine di milioni di dollari nella guerra in Ucraina. Anche perché in molti, negli USA, ci hanno visto più un fatto personale tra Biden, Blinken e Putin che una difesa degli interessi nazionali.

5)    Perché ascoltare un miliardario come J. D. Vance, soltanto perché proviene dalla zona depressa degli Appalacchi? Perché i bianchi poveri delle zone rurali, che sono comunque tanti, si sono sentiti trascurati. È un problema antico, un tema che attraversa la letteratura americana fin dai tempi di Erskine Caldwell e John Steinbeck (avete mai letto Furore, La valle dell’Eden, La via del Tabacco, Fermento di Luglio, Ragazzo di Sycamore?): ignorarne il peso ha dato l’impressione che i Democratici fossero un partito elitario, teso a tutelare solo alcune minoranze e a privilegiare gli abitanti delle grandi città. Non ha certo aiutato a decidere in loro favore il fatto che i Dem abbiano da tempo rinunciato a difendere il welfare state e un’economia basata sulle attività produttive, appoggiando un capitalismo finanziario privo di controlli. Così questi poveracci sono rivolti in massa a un bancarottiere e frequentatore di attricette porno, miliardario e disprezzatore delle loro categorie, ma che sembrava parlare la loro stessa lingua. Il loro ragionamento è semplice e antico: sarà un figlio di buona donna, ma è il NOSTRO figlio di buona donna.

C’erano anche altri fattori all’opera, naturalmente, a cominciare dallo strapotere dei mezzi d’informazione, che hanno avvelenato tutta l’opinione pubblica. Non sono stati i quotidiani e i periodici stampati, che hanno comunque cercato di fare informazione. Oramai l’opinione si forma tramite i mass media più recenti: i canali televisivi privati, i social network, la messaggistica attraverso la telefonia mobile e il web. Hanno tutti operato per disinformare e plasmare l’opinione degli elettori. Alla fine i conservatori, i neri, gli ispanici, le persone con convinzioni religiose e i meno abbienti hanno voltato tutti insieme le spalle a chi, in teoria, poteva difenderli, per rivolgersi a uno che “diceva le cose giuste”. Va bene la disinformazione, ma vi pare che siano stati intelligenti? Io direi proprio di no.

E questo è il vero punto centrale. Secondo me, sta emergendo un serio problema che i bene informati definiscono “analfabetismo funzionale”, ma che a me piace definire “il problema degli idioti in marcia”. Conoscete la metafora dei cinesi in marcia? Lasciate che ce la racconti lo scrittore C. M. Kornbluth con le sue parole:

(…) «Capisco. Come i cinesi in marcia!»

«Chi diavolo sono?»

«Era un… ah… un paradosso del mio tempo. Qualcuno aveva calcolato che se tutti i cinesi al mondo si fossero messi in fila… per quattro, mi pare… e avessero cominciato a marciare oltre un punto dato, non si sarebbero mai fermati, a causa dei bambini che sarebbero nati e cresciuti prima di superare quel punto». (…) [C. M. Kornbluth]

È un paradosso matematico, basato sull’idea che l’Imperatore della Cina decida un bel giorno di contare i suoi sudditi. Per censirli, ordina che sfilino allineati per quattro sotto le sue finestre, mentre i suoi funzionari li contano. Soltanto che la conta non può mai finire, perché ne nascono sempre dei nuovi. È un concetto della matematica sfruttato da vari altri autori, come Kafka ne Il messaggio dell’Imperatore e Buzzati ne I sette messaggeri, ma Kornbluth se ne serve in maniera spregiudicata e originale, collegandolo al tema della sovrappopolazione. Il suo occhio acuto scruta aspetti della vita umana il cui risultato finale non è colto dalla maggioranza delle persone. La valigetta nera (The little black bag, 1950), L’educazione di Tigress McCardle (The education of Tigress McCardle, 1957) e Nave-squalo (Shark ship, 1958) sono tre episodi di un più ampio ciclo che si conclude proprio con Gli idioti in marcia (The marching morons, 1951), con tutti i problemi maltusiani ambientati nello stesso universo futuro, devastato dalla sovrappopolazione. La morte prematura dell’autore ha presumibilmente impedito che i testi fossero assemblati e coordinati, diventando un falso romanzo che avrebbe certo avuto maggior impatto sul pubblico. Lo stesso Kornbluth nel 1958 (l’anno della sua prematura scomparsa) pubblicò un saggio in cui si lamentava del fallimento di ogni segnale ammonitore lanciato dalla fantascienza sociologica: The Failure of the Science Fiction Novel as Social Criticism. Lo si può trovare nel volume The Science Fiction Novel: Imagination and Social Criticism assieme a Pandora’s Box di Heinlein e altri saggi meno significativi. Forse era stato troppo pessimista, perché nonostante tutto molti lettori e scrittori se lo ricordano e ne sono stati a lungo influenzati, fino a tempi recenti. Ci ritorneremo su, abbiate ancora un po’ di pazienza.

Ma è poi così distopica questa realtà?
Ma è poi così distopica questa realtà?

Nel 1980, Isaac Asimov pubblicò un’intervista/saggio su Newsweek, in cui parlava degli analfabeti funzionali e del pericolo che questo poteva significare per la democrazia e ancor di più per il progresso scientifico. Eccone un estratto:

-       UN CULTO DELL’IGNORANZA, tratto da Newsweek, 21 gennaio 1980:

-       (…) C’è un culto dell’ignoranza negli Stati Uniti e c’è sempre stato. Una vena di anti-intellettualismo si è insinuata nei gangli vitali della nostra politica e cultura, alimentata dalla falsa nozione che democrazia significhi “la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza”.  I politici si sono costantemente impegnati a parlare la lingua di Shakespeare e Milton nel modo più sgrammaticato possibile per evitare di offendere il loro pubblico, dando l’impressione di essere andati a scuola. (…)   

-       Il “diritto dell’America di sapere” si riferisce a qualcosa che potremmo parafrasare con la domanda “cosa sta succedendo?”. L’America ha il diritto di sapere “cosa sta succedendo” nei tribunali, nel Congresso, nella Casa Bianca, nei consigli industriali, nelle agenzie di regolamentazione, nei sindacati, nelle sedi del potere in generale. Molto bene, sono con voi per questo. Ma come pensate di far conoscere alla gente tutte queste cose? Concedeteci una stampa libera e una truppa di giornalisti investigativi indipendenti e senza paura, s’alza il grido del popolo: ora possiamo esser certi che la gente saprà. Sì, ma a condizione che riescano a leggere! Certamente, l’americano medio sa firmarsi in modo più o meno intelligibile e recepisce i titoli degli articoli sportivi, ma quanti americani non-elitistici possono, senza indebita difficoltà, leggere mille parole consecutive stampate in piccolo, alcune delle quali potrebbero essere trisillabe? (…)

-       I giornali più decenti credono di fare straordinariamente bene quando riescono a vendere mezzo milione di copie. Sembra che solo l’uno per cento – o meno – degli Americani provi davvero a esercitare il suo diritto di sapere. (…)

[n. b.: quando Asimov scriveva questo, gli Americani erano già più di 200 milioni]

Ora facciamo un passo più avanti nella modernità e poi torniamo alla fantascienza. Vi propongo un estratto di questa intervista di Giampiero Petrucci, rivolta a Giorgio Sandrini (studioso di neuroscienze) e Walter Minella (filosofo di matrice cattolica), tratta dalla rivista di Roma “Segni Nuovi”, n. 1 del 2025. L'intervista presenta un interessante saggio di autori vari: Comunicare il vero e il falso. La comunicazione oggi tra mondo digitale, etica e neuroscienze, Mimesis, Milano 2024.

 

D: Perché la scienza, la statistica e persino la memoria oggi vengono messe in discussione, denigrate, per finalità comunicative / propagandistiche /ideologiche? Come mai hanno perso "autorità"?

R: Potremmo rispondere, con una battuta: perché sono difficili. Perché è più semplice sostituire degli slogan, delle semplificazioni infantili a dei ragionamenti complessi. Questa dell'ipersemplificazione è la domanda sociale prevalente.

D: Come funzionano le fake news nella manipolazione emotiva dell'opinione pubblica? Pare che, anche quando la notizia viene clamorosamente sbugiardata, sortisce comunque l'effetto sperato.

R: Dato che la menzogna è vecchia quanto l'uomo potremmo essere portati a considerare che le fake news non rappresentino un fenomeno nuovo.  […] Tutti noi abbiamo letto sui giornali come hacker di alcune nazioni abbiano operato su larga scala sui social e media di altre nazioni per influenzare i risultati delle elezioni [non solo nei regimi dittatoriali]. Gli studi scientifici indicano che la ripetizione di una notizia, anche falsa, finisce per renderla credibile e porta ad accettarla. Questo spiega la ripetitività talora ossessiva di certa pubblicità, così come una campagna elettorale basata su slogan e frasi denigratorie verso l'avversario brevi e ripetute in continuazione. […] Il cosiddetto “analfabetismo funzionale” secondo il quale il 30-40% della popolazione pur sapendo leggere e scrivere non comprende frasi complesse e troppo lunghe, naturalmente favorisce certi approcci e scelte non etiche. Lo si è visto negli USA, negli Stati rurali a più basso livello di scolarizzazione rispetto alle grandi metropoli. La logica, poi, che guida da una parte la comunicazione, dall'altra la scelta, sia essa di un prodotto come di un candidato, è spesso purtroppo opportunistica.

D: Qual è il ruolo dei social media e dell'intelligenza artificiale nella produzione di contenuti e notizie che non hanno la verità come faro?

R: Oggi si parla di post-umanesimo e di era digitale a indicare che i media e l'intelligenza artificiale svolgono un ruolo fondamentale sul piano esistenziale, sociale, economico e politico. Ci si è resi conto dell'effetto devastante che questo può produrre a medio e lungo termine e che è necessario cercare di normare al più presto. Ma in molti casi non vi è rispetto per alcun principio etico. Si ricorderà che Trump venne escluso da tweeter perché oltre il 50 per cento dei suoi messaggi conteneva informazioni palesemente false. Poi il problema venne risolto da Elon Musk con un'operazione (acquisto di Twitter e il lancio della nuova piattaforma X) giudicata tra le più improduttive della storia (perse quasi l’80% del suo valore); questo a una prima valutazione, perché a lungo termine sia lui che Trump hanno notevolmente incrementato il loro patrimonio (nel caso di Trump è raddoppiato). […] Il tempo della “verità irrilevante” è il tempo della “religione del capitale”, per usare la definizione di Walter Benjamin. Si tratta del passaggio dall’imprenditoria privata come strumento utile per il raggiungimento di un maggior benessere individuale e collettivo, dunque come uno dei diversi regolatori sociali, alla pretesa del capitalismo postmoderno di esercitare una dominazione globale, di carattere fascinoso, seduttivo, sulla totalità della personalità: si potrebbe parlare di una colonizzazione dell'anima.

Ecco qua. I due professori che discutono non sanno che Asimov ne parlava già 45 anni fa e Kornbluth aveva visto il problema formarsi addirittura 74 anni fa. Nel suo romanzo breve Gli Idioti in Marcia riunisce il tema di una sovrappopolazione senza controlli e di un progressivo calo del livello di istruzione e intelligenza della popolazione: una tragicomica Terra del futuro abitata da deficienti, frutto di una sorta di selezione naturale al contrario. La maggior parte della popolazione della terra è stupida e tiene in schiavitù una minoranza di intelligenti, che mandano avanti gli apparati dello stato e le funzioni sociali. La popolazione terrestre è composta dai discendenti degli strati meno colti di popolazione, perché solo questi hanno continuato a moltiplicarsi esponenzialmente (come i cinesi in marcia, per l’appunto). Il pianeta va avanti solo grazie al lavoro dei pochi discendenti di un ristretto gruppo di genetisti che aveva capito la situazione e il destino verso cui l’umanità stava precipitando. Uno di questi scienziati trova per caso un uomo in stato di animazione congelata proveniente dal XX secolo che, dopo esser stato istruito circa la situazione in cui versa la Terra, per risolvere il Problema dei Problemi propone il modo di eliminare del tutto gli idioti. È un’idea a suo modo geniale, mutuata dal suicidio di massa dei lemmings: bisogna ucciderli facendo credere loro di andare su Venere… (come poi succede anche ne I mercanti dello Spazio, che affronta gli stessi temi ma da un’altra angolazione, grazie all’apporto di Frederik Pohl) (1).

Poteva Hollywood non sfruttare una idea del genere? Ovviamente no, ma senza riconoscere il debito verso lo scrittore che l’ha avuta (tanto è morto da tempo). Succede spesso e il record del più saccheggiato rimane al momento assegnato a Philip K. Dick, ma anche C.M. Kornbluth è stato copiato almeno un paio di volte. Il film “Red Dawn” di John Milius, sembra proprio preso da Non sarà per agosto (Not this August, 1955) di Kornbluth. È parimenti una sua idea che ha ispirato il film Idiocracy (giunto nei cinema italiani il 3 agosto 2007). Qui un soldato, selezionato come cavia per sperimentare un progetto di ibernazione (tipo Capitan America), si risveglia nell'anno 2515, in una società i cui abitanti ormai sono dei veri e propri idioti. È così che un ragazzo d’oggi un po’ tonto si risveglia 500 anni dopo, per scoprire di essere ora l’uomo più intelligente al mondo. Ma non è lui a essere diventato più intelligente: è il resto del mondo a essere diventato più stupido. In questa commedia fantascientifica viene dipinto uno scenario distopico dove, a causa della maggiore prolificità delle persone stupide, il livello di intelligenza medio raggiunge livelli talmente bassi da mettere a rischio la sopravvivenza del genere umano. La scena iniziale del film mostra infatti due coppie, una di persone molto intelligenti e l'altra di idioti. I primi hanno continuato a rinviare il concepimento ponendosi numerosi scrupoli, anche per motivi etici, finché lui non è morto di infarto durante l'estrazione del seme per l'inseminazione artificiale. L’altra coppia si è ritrovata a sfornare molti figli, non solo tra loro due ma anche con i rispettivi amanti, continuando con i figli e i figli dei figli, secondo le regole della progressione geometrica.

Ovviamente un paradosso del genere, al di là dei toni da commedia (è un film prodotto dalla Disney, non scordiamolo) è estremamente divisivo e può risultare irritante per varie categorie di persone. Ne abbiamo una prova in Il problema degli idioti in marcia, un articolo divulgativo realizzato in forma di dibattito tra Isaac Asimov e Larry Niven. Entrambi erano ben noti per aver trattato nelle loro opere il problema maltusiano: Asimov in Abissi d’acciaio (Caves of Steel, 1953) e Diradamento selettivo (The winnowing, 1976), Niven in Un dono dalla Terra (A gift from Earth, 1968), La terza mano (The Organleggers, 1969) e Mondo senza tempo (A world out of time, 1976). Dei due, Asimov era quello dalle idee più progressiste e “liberal”, dichiarandosi convinto che fosse possibile migliorare le cose alzando il livello dell’istruzione pubblica di base e migliorando il tenore di vita medio e l’assistenza sanitaria e sociale; mentre Niven, notoriamente più conservatore, sosteneva che il problema degli idioti in marcia non fosse più arrestabile, all’atto pratico.

Troverete il dibattito nel n. 1 della Rivista di Asimov edizione SIAD /Armenia (1981). Immagino che a molti progressisti considerazioni del genere possano dare fastidio. Sinceramente non piacciono neanche a me. Per nulla. Perciò, dopo la lettura, decidete pure in libertà da che parte stare: basta che non vi scordiate del problema. La marcia degli idioti si sta avvicinando.

Nota finale

 

(1)   In molti hanno osservato che I mercanti dello spazio si basava sul saggio di Vance Packard I persuasori occulti e che era incentrato sullo strapotere della pubblicità e dei mass media per orientare l’opinione pubblica. È vero, ma nel romanzo ci sono molte altre previsioni, ormai quasi tutte realizzate o sul punto di esserlo, che lette di seguito fanno impressione:

·         nel libro non si parla ancora di ambientalismo – che sarebbe nato solo nel decennio successivo – ma già si descrivono i danni prodotti dall’intervento massiccio dell’uomo sull’ambiente;

·         per esempio c’è il cupolone di Piccola America in Antartide, divenuta luogo di villeggiatura;

·         molto attuale l’idea delle piantagioni che hanno devastato il Costa Rica, per coltivare l’alga «chlorella» – una sostanza con cui viene prodotto il pollo (sintetico) Chicken, alimento base delle classi più umili;

·         il cibo, per lo più sintetico e senza sapore, è reso più accettabile dall’aggiunta di sostanze alcaloidi che danno assuefazione;

·         l’acqua dolce è diventata un lusso,

·         c’è l’esaurimento delle risorse petrolifere;

·         i taxi a pedali sostituiscono i veicoli a motore, perché la benzina scarseggia ma la manodopera è a buon mercato;

·         i gradini delle chiese e degli edifici pubblici sono affittati ai senzatetto per dormirci la notte, a causa dell’eccesso di popolazione e della mancanza di edilizia popolare;

·         il tatuaggio col numero di matricola – oggi si preferirebbe un codice a barre, ma il senso è lo stesso (Pohl e Kornbluth erano di origine ebreo – tedesca e avevano combattuto in Italia, per cui avevano ben presenti i campi di concentramento);

·          i continui attentati accettati come normali fatti quotidiani (attribuiti ai terroristi ma in realtà compiuti dalle agenzie governative);

·         i conflitti industriali si risolvono con tanto di dichiarazioni di guerra tra aziende e autentiche battaglie sulle scalinate dei palazzi pubblici;

·          la pubblicità subliminale è legale e di uso comune (addirittura è proiettata direttamente sulla retina);

·         l’uso massiccio della biometria, la disciplina che studia le dinamiche demografiche dal punto di vista della statistica e della matematica, viene autorizzato per stimolare determinati comportamenti e reazioni nei destinatari (e ancora non c’erano i cookies, gli algoritmi di profilazione e il data mining su internet);

·          gli inconsapevoli cittadini in maggioranza sono ben felici di non dover più pensare con la propria testa ma di ricevere idee e slogan già confezionati;

·         Personalmente infine ho la convinzione che lo scenario futuro descritto da Ridley Scott in Blade Runner, non avendo nulla a che fare con l’originario romanzo di Dick, sia stato ispirato proprio da quest’opera di Pohl & Kornbluth.

·         Ed eravamo nel 1952! John Brunner avrebbe scritto cose simili in Stand on Zanzibar, ma solo dieci anni più tardi.