L’America è nel caos. Flotte di elicotteri pattugliano i cieli ed esplosioni scuotono le principali città mentre le forze secessioniste occidentali di Texas e California, avanzano verso il presidente americano, una sorta di dittatore, in carica da tre mandati, che ha sciolto l'FBI e lanciato attacchi aerei sui connazionali americani.
È questa la premessa di Civil War, il nuovo film di Alex Garland, regista britannico 53enne, già autore di film molto intriganti come Ex Machina (2015), Annientamento (2018) e Men (2022), ma sceneggiatore anche di film cult quali Dredd – Il giudice dell'apocalisse (Dredd, 2012) di Pete Travis, 28 giorni dopo (28 Days Later, 2001) e Sunshine (2007), entrambi diretti da Danny Boyle, e Non lasciarmi (Never Let Me Go, 2020) di Mark Romanek.
Protagonisti della pellicola sono la fotografa di guerra Lee Smith (Kirsten Dunst); un'aspirante fotoreporter, Jessie Cullen (Cailee Spaeny); così come i giornalisti interpretati da Wagner Moura e Stephen McKinley Henderson.
La storia inizia in una New York, di un futuro non troppo lontano dal nostro, a corto di acqua e dove la guerra è arrivata in forma di terrorismo, con attentati kamikaze, il giornalista Joel e la fotografa Lee hanno deciso che è rimasta una sola storia da raccontare: intervistare il Presidente degli Stati Uniti, da tempo trinceratosi a Washington mentre dilaga una feroce Guerra Civile. Partono così per un viaggio verso la capitale, cui si aggregano l'anziano e claudicante giornalista Sammy e la giovane fotografa Jessie, che vede in Lee un modello da seguire. Contro quel che resta del governo si muovono le truppe congiunte Occidentali di Texas e California, ma la regione che i giornalisti attraverseranno nel loro viaggio non è fatta di battaglie campali tra schieramenti ed è invece preda di un caos di microconflitti e atrocità.
In un’intervista al The New York Times, Garland racconta una scena emblematica del suo film: “I quattro giornalisti si ritrovano bloccati è una battaglia tra due cecchini. E sono vicini a uno dei cecchini e l'altro cecchino è da qualche parte invisibile, ma presumibilmente in una grande casa che si trova sopra un campo e una collina. È uno scambio surrealista ed è circondato da alcune immagini molto surrealiste, ovvero, in pieno giorno, in pieno sole, non c'è alcuna indicazione che siamo vicini all'inverno nelle riprese. In effetti, puoi dire che è estate. Ma sono circondati da decorazioni natalizie. E in un certo senso, le decorazioni natalizie parlano di un Paese in rovina, per quanto sciocco possa sembrare. Se non hai riposto le decorazioni natalizie, è chiaro che qualcosa non sta andando per il verso giusto”.
Per il regista britannico, uno dei temi portanti del film è la polarizzazione della politica, la divisione e l’ostracismo che possono essere messi in campo da cittadini contro altri cittadini. Per Garland è la stampa l’antidoto a questo genere di situazioni.
“Civil War mette in guardia contro i pericoli di un’estrema partigianeria”, ha detto Garland. “Gli orrori che possono accadere quando i cittadini americani, o qualsiasi altro gruppo di persone, si rivoltano contro se stessi”.
Non è un caso che il regista e sceneggiatore abbia voluto proprio dei giornalisti come prtagonisti del suo film, come osservatori della realtà.
“Nel complesso”, ha continuato Garland “direi che questo film parla di controlli ed equilibri: polarizzazione, divisione, il modo in cui la politica populista porta verso l'estremismo, dove finirà l'estremismo stesso e dove si trova la stampa in tutto questo. Una delle cose che mi preoccupava davvero quattro anni fa era che fosse assolutamente ovvio che c’erano giornalisti davvero bravi che facevano un buon lavoro. Ma la cosa che mi interessava, e questo accade da un po’, è quanto poca forza avessero. Se è un film sui controlli e sugli equilibri, uno dei più grandi controlli ed equilibri che hai sul governo è la stampa. Ma perché ciò funzioni è necessario fidarsi della stampa. Sono stati indeboliti e demonizzati in parte da forze esterne e interne”.
Il film descrive anche alcuni degli effetti negativi dei reportage di guerra sugli stessi giornalisti.
“Il film presenta”, spiega ancora il regista, “reporter vecchio stile, in contrapposizione a giornalisti estremamente parziali che essenzialmente producono propaganda. Sono reporter vecchio stile e il film cerca di funzionare come quei reporter. Uno dei giornalisti è molto giovane, ma usa una fotocamera da 35 millimetri, che è il mezzo del fotogiornalismo di un'epoca in cui la funzione sociale dei media era più pienamente compresa”.
Una delle cose più controverse del film è l’alleanza tra il Texas e la California, due Stati che sono uno l’opposto dell’altro, ma il regista a tal proposito ha sottolineato che: “Volevo porre una domanda provocatoria: perché stanno insieme? È perché sono britannico e sono così stupido da non rendermi conto che sono in due spazi politicamente diversi? Mi rendo conto delle loro differenze. Ma quale potrebbe essere una minaccia così importante da far sì che la politica polarizzata tra Texas e California venga improvvisamente vista come meno importante della minaccia? Non appena è stato pubblicato il trailer”, ha continuato Garland, “la gente ha detto che non ci sono termini in base ai quali questi due stati potrebbero unirsi. Il che di per sé è una rappresentazione molto chiara della follia della politica polarizzata. Ci sono molte cose su cui Texas e California sono d’accordo. Potrei tracciare delle linee tra tutti questi punti, ma non lo faccio. Il film tenta di comportarsi come reporter vecchio stile, per non essere di parte. Se riferisci di un assassinio, ti rifiuti di esprimere un giudizio sull'assassinio? No, stai solo segnalando. Perché nel film – ha affermato ancora il regista – hai deliberatamente omesso così tanti dettagli sulla guerra civile, sulla politica delle due parti, e perché non si tratta esplicitamente di un conflitto tra liberali e conservatori? Allora sarebbe una questione che riguarderebbe solo questo Paese, ma non lo è. Lo potete vedere proprio adesso in atto in Israele. Puoi vederlo accadere in Asia, in Sud America, in Europa; puoi vederlo nel mio paese”.
Partito come film indipendente, costato solo 75 milioni di dollari, Civil War si appresta a diventare un piccolo evento, un film che farà discutere, e che a sorpresa, sta suscitando anche l’interesse del pubblico americano e internazionale e che, in una situazione internazionale tesa per i vari conflitti che sono in atto nel mondo, sembra un film arrivato nel momento giusto e che ci invita tutti a riflettere.
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