Premessa
Metà del XXI secolo. La curva dello sviluppo tecnologico ha subìto una cabrata. Nanotecnologie, bioingegneria, calcolo quantistico e intelligenza artificiale hanno concorso all’accelerazione.
È un cambio di paradigma che investe ogni campo della società. L’incalzante ricambio generazionale delle tecnologie stravolge la percezione della realtà. Dal mutamento emergono nuove prospettive: gli orizzonti dell’uomo si dilatano. I cambiamenti si succedono a distanza sempre più ravvicinata.
Questa è una storia raccolta dalle voci dei morti. In presa diretta dai Tempi Che Corrono.
Dopo la Singolarità.
1.
Sole in ombra
Quella mattina il sole era sorto eclissato. Eclissi anulare, la chiamavano gli astronomi, ma a Napoli non c’era stato verso di godersi il fenomeno. Per quel giorno, il Regista Celeste si era conservato un altro tipo di spettacolo. Forse, alla fine, il diluvio universale era davvero arrivato: dopo tante prove tecniche di distruzione – attraverso il fuoco del Vesuvio e dei Campi Flegrei, le detonazioni delle testate nucleari tattiche e delle bombe sporche, la piaga della cenere radioattiva viva che ne era seguita, l’allagamento delle zone costiere un po’ in ogni parte del mondo – sulle rive del Golfo la piaga definitiva aveva preso la forma di un nubifragio che proseguiva ininterrottamente da tre giorni e tre notti, quasi a voler lavare con l’acqua tutte le colpe che gli uomini avevano accumulato nel corso dei secoli.
– Era così pure nel ‘19. – Il vecchio barbone sbronzo agitò la bottiglia di distillato cinese da discount. Doveva averla prelevata direttamente dalla riserva d’annata di un drugstore notturno.
– E nel ‘25. – L’altro vagabondo di fronte a lui tossì, spargendo nell’aria un’invisibile nube etilica.
– Già. Prima che il vulcano saltasse per aria…
– Prima che il mondo intero saltasse per aria, vorrai dire!
Vincenzo Briganti passò oltre, lasciandosi le loro amenità alcoliche alle spalle.
Gocce di pioggia calda gli bagnavano i capelli e la fronte. Le insegne al neon si specchiavano nelle pozzanghere ai bordi della strada, un triste caleidoscopio di luci in quella liquida fine del mondo. Forse un effetto scenografico escogitato dagli studios dell’Altissimo a beneficio dell’ultimo spettacolo.
Senza rallentare il passo, Briganti si voltò verso la strada. Uno strombazzare di clacson aveva richiamato la sua attenzione. Dietro la muraglia dei veicoli parcheggiati in doppia e tripla fila, il traffico procedeva a passo di lumaca nell’ennesimo imbottigliamento. Come se il flagello delle soste abusive non fosse abbastanza, i semafori agli incroci erano saltati di nuovo, effetto di un altro disservizio elettrico o forse di un sabotaggio operato da qualche gang attiva sul fronte della guerriglia lo-tech. Nei quartieri della periferia storica, le vecchie reti di distribuzione in media e bassa tensione si sovrapponevano alla smart grid introdotta durante il Secondo Risanamento, esponendo le utenze connesse a tutta una serie di vulnerabilità che diventavano un bersaglio fin troppo facile per i malintenzionati. L’intermittenza della luce gialla aveva indotto negli automobilisti una rapida regressione a qualche stadio evolutivo primordiale, antecedente alla nascita della civiltà. Bypassati i sistemi di guida automatica delle automobili, le dispute sulla viabilità venivano affrontate e risolte nella maniera più diretta e immediata possibile, condendo la prepotenza con le minacce. Era un miracolo che l’asfalto non si fosse già macchiato di sangue, ma forse era stata la pioggia a lavare via le tracce delle colluttazioni più animate.
Accompagnato dagli schiamazzi della strada, Briganti giunse in vista del Dead Rabbit Hole. L’insegna era di un rosa elettrico, le lettere E ed L fulminate dall’ossidazione di qualche diodo. Sull’ingresso del locale il neon disegnava ora la scritta D-AD RABBIT HO-E, trasformando la Tana del Coniglio Morto in qualcosa che poteva essere la Casa di Papà Coniglio.
Briganti s’infilò nello stretto ingresso foderato di velluto blu e scambiò uno sguardo col buttafuori, un colosso dal cranio lucente che aveva già incrociato altre volte.
– Brutta notte per andarsene in giro – commentò il gorilla. Una vistosa cicatrice gli scendeva dalla tempia per tutta la lunghezza della faccia: incisa a fuoco nella carne, era il ricordo di uno dei tanti teatri di guerra a bassa intensità dell’Africa Subsahariana. Alle sue spalle, sul vetro smerigliato della porta, una pellicola di luminex – strato di batteri programmati geneticamente per produrre fluorescenza in risposta all’esposizione a un campo elettromagnetico – presentava il programma della serata: un revival fin de XX siècle che sarebbe culminato alle ore 23:00 con l’esibizione di Mr Pillow and the Dreamers.
– Non sai quanto… – Briganti si passò un fazzoletto di stoffa sulla fronte per asciugarsi dalla pioggia e si scrollò dall’impermeabile il grosso delle gocce.
Il marciapiede davanti al club era quasi deserto, a differenza degli altri locali notturni di Bagnoli. Dopo averci pensato sopra, Briganti si decise a chiedere allo Sfregiato se il Barone era in casa.
Domanda superflua.
Il nero lo aveva riconosciuto: annuì con una smorfia eloquente e con un braccio sollevò la coltre di velluto, aprendogli il passaggio senza aggiungere una parola. Quando tornò a fissare la strada e il pantano di lamiere e parabrezza bersagliati dal temporale, il suo sguardo era vuoto, indifferente al caos e alla cacofonia della città.
2 commenti
Aggiungi un commentoMa è sezione piquadro, questo romanzo?
Confermo. Ma riscritto per i due terzi e con un'aggiunta extra in appendice.
Ciao!
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